Dal Governo

Berlusconi condannato, rebus Governo. Domani il Cavaliere incontra Letta a Palazzo Chigi. La ministra Lorenzin: «Sentenza incomprensibile»

di Manuela Perrone

La condanna di Silvio Berlusconi a sette anni di carcere e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, decisa oggi dal tribunale di Milano chiamato a pronunciarsi sul caso Ruby, mette una pesante ipoteca sul futuro del Governo Letta. Che proprio oggi ha già perso una ministra: Josefa Idem si è dimessa dopo le rivelazioni sulle presunte irregolarità amministrative legate alla sua casa-palestra di Ravenna.

Domani a Palazzo Chigi ci sarà l'incontro già fissato tra il premier e Berlusconi, che non ha alcuna intenzione di mollare. Anzi. Il suo primo commento è stato chiaro: «Una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese. Io, ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione perché sono assolutamente innocente e non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell'Italia un Paese davvero libero e giusto». Nel vertice di domani l'intenzione del leader del Pdl sembra essere quella di tirare ancora di più la corda: Letta deve capire - avrebbe detto ai suoi - che se non fa quanto concordato sui provvedimenti economici ci saranno delle conseguenze.

Berlusconi è difeso a spada tratta dal Pdl che attacca i giudici parlando di «sentenza politicizzata», «atto eversivo», «furore ideologico», «disegno criminale». Tra le prime a sostenerlo proprio la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin: «La sentenza di Milano è obiettivamente incomprensibile. Mi sento di esprimere vicinanza e affetto sincero al presidente Berlusconi per le prove durissime che sta affrontando in questi giorni. Vicino a lui milioni di italiani che continuano a mostrargli fiducia».

Se la ministra della Giustizia, Annamaria Cancellieri, si è affrettata a precisare che per l'Esecutivo non cambia nulla, la realtà è però più complessa. Mentre Mediaset crolla in Borsa, i bookmaker scommettono sulla fine del Governo Letta e l'"esercito di Silvio" chiede le dimissioni di tutti i ministri e sottosegretari del Pdl.

Ma altri segnali mostrano la volontà di tenere in piedi la compagine governativa. Mario Monti, leader di Scelta Civica, ha incontrato Letta subito dopo la sentenza. «Non ne abbiamo parlato - ha detto Monti - ma confidiamo che, nel suo senso di responsabilità già mostrato in altre occasioni, Berlusconi sappia distinguere tra vicende pur dure ma personali e le vicende istituzionali». Anche Enrico Rossi, presidente Pd della Regione Toscana, ha auspicato che «la sentenza non abbia conseguenze politiche». Criptico il Pd, che in una nota si limita a esprimere «rispetto per le decisioni, di qualunque segno siano, che la magistratura prende nella propria autonomia». Non a caso il senatore democratico Corradino Mineo twitta: «Josefa idem si dimette per sospette irregolarità fiscali. Ma in coro si chiede a Berlusconi, già condannato a 13 anni, di restare. Perché?».

Insomma: la strategia va ancora disegnata. E la temperatura in ebollizione non aiuterà certo ad affrontare sereni le partite che incombono: l'Iva, l'Imu, la decontribuzione dei contratti per i giovani, il vertice del Consiglio europeo di fine settimana. Il problema concreto è la mancanza di alternative. Il M5S ha stravinto a Ragusa con il neosindaco Federico Piccitto ma perde altri "pezzi" in Parlamento: oggi ha lasciato Adriano Zaccagnini, denunciando un clima «irrespirabile» tra i grillini.

A Enrico Letta l'arduo compito di tenere il timone della nave in acque sempre più agitate. Con la consapevolezza che la sentenza odierna, le cui motivazioni saranno note tra novanta giorni, non chiude la pagina giudiziaria, tutt'altro: ci saranno gli altri gradi di giudizio e insieme altri filoni di indagine. Non si spiega altrimenti il fatto che il collegio abbia deciso di trasmettere alla procura per sua «valutazione» anche i verbali di 32 persone che si sono alternate sul banco dei testimoni in difesa di Berlusconi. Dalle "olgettine" alla funzionaria della Questura Giorgia Iafrate, dal giornalista Carlo Rossella al viceministro degli Esteri, Bruno Archi, dal musicista Mariano Apicella alla europarlamentare Licia Ronzulli: tutte rischiano un maxi-processo per falsa testimonianza. E poiché l'ex premier versava ogni mese 2.500 euro a una quarantina di ragazze testimoni Berlusconi potrebbe persino rischiare un altro procedimento a suo carico con l'accusa di corruzione in atti giudiziari o reati simili.