Dal governo

Anziani non autosufficienti: criteri più equi ma da testare

di Cristiano Gori e Franco Pesaresi (Network Non Autosufficienza)

La riforma vuole rendere l'Isee più aderente alle caratteristiche della società italiana, nella quale, benché la popolazione anziana rappresenti uno dei gruppi nelle migliori condizioni economiche, l'insorgere della non autosufficienza determina costi elevati e risulta - sempre più - fonte di impoverimento. La riforma valorizza il patrimonio in misura maggiore rispetto al vecchio Isee, che vi attribuiva un peso eccessivamente ridotto. Ciò significa che gli anziani - mediamente maggiori detentori di patrimoni rispetto alle altre fasce di età - vedranno aumentare il loro Isee in confronto al resto della popolazione. I giovani, che dispongono in minor misura di patrimonio, specularmente vedranno ridursi il proprio.
Il quadro si ribalta, invece, nel caso degli anziani non autosufficienti. Tutte le simulazioni compiute sinora indicano che essi sono stati beneficiati nel passaggio dalla vecchia alla nuova normativa, e che il vantaggio è maggiore laddove le condizioni economiche sono più fragili. È vero, infatti, che il nuovo Isee adotta una definizione di reddito più ampia della precedente includendo, a fianco di quelle ai fini Irpef, tutte le entrate tassate con regimi sostitutivi e i redditi esenti, compresi i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari (come pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento). È pure vero che rispetto alla precedente normativa è stato eliminato dalla scala di equivalenza il parametro aggiuntivo di 0,50, applicato per la presenza nel nucleo di una persona con invalidità superiore al 66%, che poteva costituire un fattore agevolante per l'ottenimento di alcuni benefìci. L'insieme degli elementi menzionati determina una maggiore considerazione delle disponibilità economiche degli anziani non autosufficienti, ma un impatto più rilevante hanno le novità di segno opposto. Si tratta del pacchetto di detrazioni e di franchigie: fino a 5.000 euro per spese sanitarie; tra 4.000 e 7.000 euro in base al livello di disabilità/non autosufficienza. Viene, inoltre, prevista una franchigia per la spesa sostenuta da anziani non autosufficienti per collaboratori domestici e addetti all'assistenza fino a copertura di quanto ricevono dai trattamenti pubblici assistenziali e previdenziali (al netto di un'ulteriore detrazione di 1.000 euro per redditi pensionistici). Franchigia che potrà incentivare l'assunzione delle assistenti familiari (badanti) in forma regolare.

Il nucleo familiare. La composizione del nucleo familiare degli anziani con disabilità che fruiscono di prestazioni socio-sanitarie (non residenziali) viene definita in modo differente da quella standard. Il nucleo è composto, infatti, oltre che dal beneficiario, dal coniuge, dai figli minori di 18 anni e da quelli maggiorenni a carico; se questi familiari non sono presenti nel nucleo, non vengono computati. La situazione delle persone ospitate nelle strutture residenziali, invece, viene ulteriormente differenziata poiché il nucleo di riferimento viene ampliato includendovi anche i figli non conviventi. Essi sono considerati una "componente aggiuntiva" e, in quanto tale, integrano l'Isee dell'anziano inserito in struttura. Si prende, però, in considerazione solo una quota minoritaria delle risorse economiche del figlio non convivente, che può arrivare al massimo al 20% delle sue disponibilità personali (escluse quindi quelle degli altri componenti il suo nucleo); tale ammontare viene successivamente ridotto di una cifra fissa di 9.000 euro, che può crescere in base alla dimensione del suo nucleo (coniuge e numero dei figli).
La strada scelta fa piazza pulita del contenzioso amministrativo legato alla diatriba fra quanti, interpretando il decreto d'introduzione dell'Isee (109/1998), sostenevano che il reddito di riferimento di chi vive in struttura dovesse essere quello del solo anziano e chi, invece, riteneva che dovesse allargarsi a tutto il nucleo di appartenenza. Anche grazie alla natura di Lea attribuita al nuovo Isee, ora esistono regole chiare e valide per tutto il Paese.
Il nuovo Isee affronta pure il nodo di come suddividere le responsabilità tra l'individuo, la sua famiglia e la collettività davanti ai costi economici della non autosufficienza. La logica adottata pare condivisibile. Da una parte, infatti, si riconosce il ruolo della solidarietà familiare nella società italiana, differenziando la condizione economica dell'anziano con figli che possono aiutarlo da quella di chi non ha alcun sostegno per fronteggiare le spese del ricovero. Dall'altra, si vuole evitare di "incatenare" economicamente i parenti alla non autosufficienza dell'anziano. Dunque tra i familiari non coabitanti si considerano esclusivamente i figli (e non anche i fratelli/le sorelle) e si computa una parte limitata delle loro disponibilità, pesata secondo i rispettivi carichi familiari e risorse economiche.
La traduzione operativa di questa logica solleva, invece, alcuni interrogativi. Le prime simulazioni, infatti, mostrano che le disponibilità economiche dei figli non conviventi sono considerate in misura assai contenuta e che, più in generale, la riforma riduce il complessivo grado di coinvolgimento finanziario dei familiari rispetto a quanto accade oggi per gli anziani ospiti di strutture residenziali in gran parte del Paese. Ciò significa incrementare gli oneri per il settore pubblico, segnatamente per i Comuni, nella copertura delle rette. Il ricorso a un maggior stanziamento pubblico è condivisibile per le famiglie poco abbienti ma non per quelle benestanti: in quest'ultimo caso il nuovo Isee produce una redistribuzione "al contrario", che privilegia chi ha di più anziché chi ha di meno. Infatti, laddove la minore contribuzione economica del nucleo familiare determina una retta inferiore, il risparmio ottenuto dai più abbienti viene finanziato dalla collettività, composta - però - perlopiù da persone con minori possibilità rispetto a loro. In ogni caso, c'è da chiedersi se a sostenere l'ulteriore spesa pubblica debbano essere proprio i Comuni, cioè il livello di governo meno finanziato (a confronto con Regioni e Stato) e che più ha subìto le politiche di austerità degli ultimi anni.

Le donazioni. Le donazioni del patrimonio immobiliare dell'assistito a favore di familiari, fatte nei 3 anni precedenti la richiesta di ricovero, continueranno a essere valorizzate nel patrimonio del donante. Si vogliono così evitare i comportamenti opportunistici da parte di anziani che cercano di alleggerire impropriamente le loro disponibilità economiche prima di essere chiamati a sostenere il costo delle rette, di fatto incrementando la spesa per l'ente pubblico. Misura utile, diffusa nell'Ue, che rientra nell'obiettivo di arginare le sottodichiarazioni.

La centralità dell'attuazione. Ora diventerà cruciale monitorare attentamente l'applicazione della normativa, al fine sia di accompagnare i territori nella transizione dalla vecchia alla nuova versione sia di portare il decisore ad aggiustare lo strumento laddove necessario.
In merito all'utilizzo dell'Isee pare opportuno, infine, richiamare la sua funzione nel sistema di welfare. L'Isee è lo strumento di misurazione delle condizioni economiche degli utenti: ciò detto, a determinare l'impatto sugli anziani non autosufficienti sarà principalmente l'utilizzo che ne verrà fatto nel determinare i criteri di accesso, le soglie di esenzione e i livelli di compartecipazione. Ciò dipenderà, come sempre, dalle scelte delle politiche di welfare.