Dal governo

Pronto un Patto per la salute da 327 miliardi

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

«Di qui non esce uno spillo». Beatrice Lorenzin e le Regioni stringono un patto di ferro col «Patto per la salute», aspettando il lasciapassare dell'Economia: qualsiasi risparmio nella sanità pubblica nei prossimi tre anni dovrà restare in casa. Nel Servizio sanitario nazionale. E lo scrivono a chiare lettere nelle rispettive versioni del testo: «I risparmi derivanti dall'applicazione delle misure rimangono nelle disponibilità delle regioni per finalità sanitarie».

La grande scommessa del «Patto» è ormai arrivata alle battute finali. Oggi, con le ultime mine da disinnescare del capitolo farmaci che potrebbe portare a risparmi per 600 mln e l'applicazione della spending review "formato Cottarelli", potrebbe esserci il primo show down. Poi giovedì una ripulitura dell'intero testo in attesa del via libera dei governatori. Sempreché nel frattempo arrivi il timbro della Ragioneria, che lavora con la massima attenzione sulle ricadute finanziarie di un accordo che in tre anni, dal riparto di quest'anno a quello del 2016, vale 327,5 mld di fondi pubblici.

Le novità non mancano, anche se finora sono state tenute nel massimo riserbo da tutti. Per ticket e Lea sarà confermata la revisione (ticket per reddito legata al nucleo familiare con meno sconti per le cronicità, risparmi dai Lea per 900 mln in tre anni), ma ci sarà da attendere la seconda parte dell'anno per le modalità e il prossimo per la prima applicazione. Per gli ospedali arrivano standard e contenimento dei posti letto che ridurranno in qualche modo gli ospedaletti – con meno tagli del previsto per i privati accreditati – ma lasciando spazio alle scelte locali.

Sui farmaci si punta alla revisione del «Prontuario», fin qui non applicata, che con altre misure dovrebbe valere intorno ai 600 mln. Anche le Asl andranno incontro, laddove non è già avvenuto, a un dimagrimento, con tanto di interventi regionali sulla gestione e la contemporanea revisione dei sistemi organizzativi.

Va da sé che la centralizzazione massima degli acquisti dovrà diventare regola dappertutto, come del resto la revisione delle sovrapposizioni e delle duplicazioni dei centri di spesa e di quelli organizzativi in genere.

Risparmiare, per reinvestire, è la speranza. Anche se poi è rimasta in discussione fino all'ultimo la questione dei metodi di riparto dei fondi, soprattutto davanti al pressing del Sud, con la Campania in prima fila a reclamare aspetti di deprivazione socio-economici. Ma tant'è. Le regole potrebbero restare quelle che sono, più o meno, sebbene il Lazio abbia incassato proprio l'altro ieri il riconoscimento (vale almeno 400 mln) dall'Istat di oltre 300mila abitanti in più.

E in sospeso resterà fino all'ultimo anche la cancellazione della possibilità per i governatori delle regioni in deficit di essere contemporaneamente anche commissari ad acta. C'è poi il capitolo delicato del personale che potrebbe riservare sorprese. Come quella di prevedere l'ingresso in servizio di medici non specializzati: si formeranno in ospedale, ma non avranno un contratto da dirigenti. Non a tutti piacerà.