Dal governo

Riforma Pa, per le prime duemila partecipate addio in un anno

di Davide Colombo

Entro un anno dal suo varo il nuovo testo unico sulle partecipate pubbliche cancellerà almeno duemila società. Tante sono infatti quelle che, incrociando i dati di Istat e Corte dei conti, non supererebbero i requisiti introdotti dal riassetto e che spaziano dalle ridotte finalità cui possono dedicarsi queste imprese (non potranno più operare nella produzione di beni e servizi, per esempio) fino alla loro struttura legale (in futuro potranno esistere solo Spa o Srl). A sparire saranno le micro-società prive di dipendenti o con un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti. Via anche ai doppioni: partecipate che svolgono le stesse attività già garantite da altre società o enti strumentali e saranno cancellate anche quelle aziende che negli ultimi tre anni non abbiamo mai fatturato più di un milione di euro.

Le procedure di razionalizzazione
Il testo del decreto legislativo (atteso insieme ad altri 7 o 8 nel Consiglio dei ministri del 15 gennaio che darà il via all'attuazione della riforma Madia) prevede due canali per arrivare alla razionalizzazione. Il primo scatta una volta pubblicato il testo in Gazzetta Ufficiale: tutte le amministrazioni avranno sei mesi per effettuare una ricognizione e individuare quelle che devono essere eliminate entro un anno. Poi, ogni anno, con una sorta di regulatory review, tutte le amministrazioni dovranno effettuare un'analisi delle partecipazioni attive, predisporre un piano di riassetto e procedere ad accorpamenti, liquidazioni o cessazioni. È percorrendo questa «razionalizzazione periodica» prevista dall'articolo 20 del dlgs, che si arriverà in pochi anni all'obiettivo dichiarato dal premier: passare da un sistema di circa 8mila società a non più di mille. Con tutte le implicazioni sul personale dipendente, visto che ad essere coinvolti sarebbero non meno di 300mila addetti.

Un organo di vigilanza ad hoc
Il passaggio al nuovo sistema delle partecipate avverrà con la costituzione di un organo di vigilanza ad hoc, che potrebbe essere istituito o presso il ministero dell'Economia o, molto più probabilmente, presso la Presidenza del Consiglio (articolo 15 del testo). L'organo di vigilanza, da attivare a costo zero, non verificherà solo il rispetto dei tempi previsti e degli atti di chiusura delle partecipate non più idonee. Da questa struttura arriveranno le direttive per l'applicazione del nuovo testo unico, e le indicazioni delle migliori pratiche da adottare (trasparenza, separazione contabile, gestione degli organi amministrativi) per la conduzione delle partecipazioni pubbliche del dopo-riforma. All'organo di vigilanza dovranno essere inviati i bilanci e altri documenti obbligatori, ma potranno anche scattare ispezioni e controlli presso le società e, in caso vengano ravvisate gravi irregolarità o inefficienze di gestione, il governo disporrà l'avvio di una amministrazione straordinaria o, se del caso, la liquidazione delle società partecipate.

L'organo di vigilanza ha competenza non solo sulle situazioni di crisi delle società controllate (dovranno effettuare un programma di valutazione dei rischi) o sugli atti più rilevanti (per esempio le dismissioni) ma anche sulla gestione del personale. Per il triennio 2016-2018 le società a controllo pubblico non potranno effettuare nuove assunzioni, mentre dovranno gestire la mobilità del personale proveniente dalle realtà liquidate. Ma soprattutto, entro i primi sei mesi di vigenza delle nuove regole, dovranno definire i propri fabbisogni di personale (anche a tempo indeterminato) per il triennio a venire e inviare questa ricognizione all'organo di vigilanza; non farlo rappresenterebbe una «grave irregolarità».

L'efficientamento del sistema
La ratio attorno a cui gira il nuovo Testo unico è quello di rendere più efficiente la gestione di un sistema di società partecipate che (dato Istat 2013) su un valore aggiunto complessivo di 57 miliardi ha generato perdite per un miliardo e utili per due. Un sistema non necessariamente fatto di soli sprechi visto che, grazie alle dimensioni medie di queste imprese, la produttività del lavoro raggiunge gli 87mila euro per addetto (sempre Istat 2013) contro i 56mila del totale delle imprese.
Il riordino pone le basi per la costituzione di nuove società partecipate (Spa o Srl; niente più Sapa, cooperative o consorzi) nel pieno rispetto dei vincoli antitrust e della regulation Ue sul mercato interno e gli aiuti di Stato. Semplificate anche le strutture di governance: un amministratore unico se l'assemblea dei soci non sceglie di avere un Cda (con tre o cinque membri), tetto alle remunerazioni dei consulenti, che dovranno comunque essere ridotti e norme molto precise (definite in un successivo Dpcm) sulle remunerazioni degli amministratori.


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