Dal governo

Inflazione: le pensioni destinate a rimanere escluse dal taglio del cuneo fiscale

di Claudio Testuzza

S
24 Esclusivo per Sanità24

Sul taglio del cuneo fiscale tutte le forze politiche sono sostanzialmente d’accordo. Si tratta di rendere più pesanti le buste paga degli italiani e così cercare di attutire i morsi dell’inflazione che ha raggiunto, ormai, l’8% ed è probabile che possa raggiungere il 10% a fine d’anno. Martedì 12 luglio, il presidente del Consiglio e il ministro del Lavoro, Orlando, incontreranno i sindacati per vedere di alleviare la perdita di valore dei salari e degli stipendi. La proposta potrà essere il taglio del cuneo fiscale ovvero contributivo. Cioè ridurre l’incidenza del costo del lavoro sul fronte fiscale o dei contributi previdenziali, a seconda dei punti di vista dei sindacati o di Confindustria. Ma se questi interventi sono sacrosanti per combattere il carovita ed aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori, restano fuori da questa partita i redditi da pensione. Restano, come spesso accade, fuori dall’azione delle riforme proprio i redditi da pensione che per la caratteristica di immobilità dei loro importi continuano ad essere falcidiati dall’inflazione. Il modestissimo recupero con la così detta “perequazione”, legata all’inflazione calcolata a fine anno dall’Istat, per il suo meccanismo, pochissimo ristora questi trattamenti. Ricordiamo che le pensioni vigenti al 1° gennaio 2022 e liquidate dall’Inps, nel 2021 sono 17.749.278, di cui 13.766.604 ( 77,6 % ) di natura previdenziale ( vecchiaia, invalidità e superstiti ) e le restanti 3.982.674 ( 22,4 %) di natura assistenziale ( invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali ).

Nel 2021 la spesa complessiva annua per le pensioni è stata pari a 218,6 miliardi di euro, di cui 195,4 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali e 23,2 miliardi da quelle assistenziali. L’importo medio mensile delle pensioni di vecchiaia è di appena 1.285,44 euro e presenta un valore leggermente più elevato solo nel settentrione con 1.379,92 euro. Nell’ordinamento fiscale italiano il reddito di pensione è classificato nella categoria dei redditi da lavoro dipendente in base all’articolo 49, c.2, lettera a, del Tuir. In pratica è soggetto alla stessa tassazione degli stipendi e dei salari dei lavoratori. Pertanto, pur considerando sacrosanta la riduzione del cuneo per quest’ultimi, resta inevaso qualsiasi intervento per combattere il caro vita per il gran numero dei pensionati. Mentre in Europa 17 stati su 24 adotta il modello che applica l’esenzione sugli importi versati e accumulati, per tassare soltanto la prestazione, l’Italia, nel caso del sistema previdenziale pubblico, prevede un’esenzione fiscale per i contributi versati, una tassazione per il loro eventuale rendimento, ma soprattutto la tassazione della rendita o della pensione.

I pensionati italiani sono tra i più tassati in Europa: 30%in più degli altri Paesi. Su un assegno da 1.500 euro da noi si pagano 600 euro di tasse, in Germania 60. Nella generalità dei Paesi europei i redditi da pensione vengono colpiti con aliquote progressive e viene riconosciuta una detrazione d’imposta in cifra fissa o variabile. Si tenga però presente che in alcuni Paesi della Ue le pensioni non sono di fatto assoggettate ad alcun prelievo fiscale (Bulgaria, Lituania, Slovacchia). In altri, invece, molto elevata è la personal “allowance”, cioè la quota di reddito non imponibile. In Germania e Finlandia, ad esempio, non sono tassati i redditi pensionistici inferiori a 16.500 euro, mentre in Austria quelli inferiori a 15.000 euro. A Parigi, Berlino, Londra e Madrid sono esentati dalle imposte tutti quelli che ricevono meno di 9 mila euro l’anno, in Italia il tetto è posto, invece a soli 8.174 euro. A sostegno di ciò, basti rilevare che un reddito pensionistico di 20mila euro all’anno viene colpito con un’aliquota media del 20,5 per cento in Italia, del 19 per cento in Spagna, dell’8,7 per cento nel Regno Unito, dell’8,4 per cento in Olanda, dell’8,3 per cento in Germania e del 7,3 per cento in Francia. Un divario altrettanto ampio si riscontra anche con riferimento ai redditi pensionistici di importo più elevato.

Accanto alla riduzione del carico fiscale sul lavoro appare assolutamente necessario rivedere, quindi, l’attuale tassazione delle pensioni, prevedendo, per i pensionati, anche se in parte, l’abbandono del mito del sistema della progressività.

Una forma di sostegno ai pensionati potrebbe essere quella di introdurre quanto, ad esempio, già in vigore in Germania, che prevede il trattamento fiscale solamente sul 50% del suo importo. Si manterrebbe comunque, sul restante 50 % del trattamento, il criterio della progressività delle aliquote così come previsto nel nostro ordinamento ordinario. Verrebbe, così, realizzato un recupero del potere d’acquisto anche per i pensionati su cui l’intervento sul cuneo previdenziale non può essere esercitato non avendo, in atto, più forme di contribuzione né individuali né datoriali.

Se non si vuole far crollare nella miseria una gran massa di pensionati, il Governo ma anche, soprattutto i Sindacati che ne hanno la rappresentanza ( metà dei loro iscritti sono pensionati ! ) dovranno, da subito, pensare di intervenire su questo gracile settore che difficilmente può andare a protestare in piazza. Ma non è escluso che la loro esasperazione diventi motivo di proteste che possono solo accentuare la grave situazione dell’immediato futuro del Paese.


© RIPRODUZIONE RISERVATA