Dal governo

Lea/ I tariffari specialistica d'ambulatorio e protesica verso lo sblocco. Pendono oltre 3mila "voci" e 400 milioni. L'ipotesi forzatura in Cdm in caso di flop alla Stato-Regioni

di B. Gob.

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24 Esclusivo per Sanità24

I Livelli essenziali di assistenza potrebbero mettere finalmente le ali. Purché il 19 aprile la Conferenza Stato-Regioni raggiunga l'Intesa che i pazienti attendono da 5 anni sui tariffari per la specialistica ambulatoriale e la protesica (in tutto oltre 3mila prestazioni) su cui i due livelli di governo sono impantanati essenzialmente a causa del nodo risorse. Ma questa volte c'è da ben sperare: da gennaio il ministro Schillaci ha ripreso in mano il dossier Tariffe e la rinnovata sinergia tra i due livelli di governo sanitario per centrare l'obiettivo fissato quando nel 2017 era ancora ministra Beatrice Lorenzin, trascinato negli anni e ulteriormente zavorrato dalla pandemia, si è sostanziata in questi mesi in un ultimo decreto la cui novità essenziale rispetto alla precedente versione sono le date, certe anche se procrastinate nel tempo, di entrata in vigore delle nuove prestazioni. Per la specialistica ambulatoriale, gennaio prossimo e per la protesica aprile 2024, un anno tondo.
In qualche modo ci si arriverà, e molto presto: dopo l'ultimo "niet" (solo pochi giorni fa) degli assessori regionali preoccupati per le risorse - in tutto il decreto stima prestazioni per poco più di 400 milioni - e per bilanci regionali che rischierebbero il default complici lo tsunami pandemico e la congiuntura internazionale che ha portato costi e inflazione alle stelle, il ministero della Salute e il Mef hanno inviato il testo con l'avallo di una "nota di diramazione" dell'Ufficio Affari regionali della Presidenza del Consiglio. Va inserito nell'Ordine del giorno della Conferenza Stato-Regioni con l'intento di una fumata bianca, questa volta. Ad aiutare, la spinta a colmare quello che ormai è un vero e proprio vuoto costituzionale arrivata proprio dalla Consulta, con la presidente Sciarra che nella Relazione annuale di attività del 13 aprile lanciava il monito sui Livelli essenziali di assistenza. "Gli organi politici sono sollecitati ad aggiornare i Lea – tuona la Suprema Corte nella Relazione - al fine di evitare l’obsolescenza delle cure e garantire l’eguaglianza nell’accesso alle migliori prestazioni sul territorio nazionale". Un monito che dà voce autorevole e sonora alle tante società scientifiche, associazioni di pazienti, forze parlamentari che negli anni si sono fatte portatrici delle istanze di tutti i cittadini. Ma che ha anche una valenza in più: se una volta inserito nell'Odg quel decreto dovesse essere ufficialmente "bocciato", il Governo tramite il ministro Schillaci avrebbe titolo per procedere da solo, così come ha fatto per il Dm 77/22 di riorganizzazione dell'assistenza territoriale.
Una opzione che probabilmente nessuno auspica: né il ministro né il presidente delle Regioni Fedriga né le amministrazioni che tutt'ora nicchiano sul via libera ai tariffari. Presentarsi ancora come "guastatori" sul fronte Lea non giova a nessuno. La partita dei bilanci scoperti però scotta: ad aiutare, appunto, potrebbero essere lo starter effettivo spostato al dopo-manovra (chissà che non arrivi qualche risorsa in più) e la posta di quei 200 milioni l'anno messi da Speranza per l'aggiornamento dei Lea, una volta che il decreto-madre avrà ricevuto finalmente l'imprimatur.


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