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Previdenza: l'Inps recepisce l'aumento dell'8,1%, effetto positivo sulla rivalutazione degli stipendi

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Recepito dall'Inps l'aumento dell'8,1% sull'anno precedente. Quest'anno, grazie ad un aumento dell'inflazione dell'8,1%, il meccanismo della rivalutazione degli stipendi determina effetti particolarmente positivi. E’ quindi, pertanto, possibile calcolare con esattezza una pensione con decorrenza 2023.
L'Inps ha, infatti, aggiornato i coefficienti di rivalutazione degli stipendi, quei valori che consentono di determinare, la media delle retribuzioni pensionabili percepite ai fini del calcolo delle quota degli assegni che sono ancora soggette al sistema di calcolo retributivo per i lavoratori iscritti presso l'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e le gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) e le gestioni sostitutive della medesima (Ex-Inpdai, Telefonici, Elettrici eccetera).
La retribuzione pensionabile percepita dal lavoratore negli ultimi anni di lavoro deve essere opportunamente rivalutata affinché si possa determinare la retribuzione media su cui quindi applicare le aliquote di rendimento e, quindi, determinare il valore esatto di una prestazione pensionistica. In altri termini gli importi impiegati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati in busta paga dal lavoratore ma sono quelli rivalutati tenendo conto dell'inflazione, escludendo l'anno di decorrenza e quello immediatamente precedente.
I coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni, aliquote di rendimento, sono parametri utilizzati per determinare con esattezza il valore di una rendita pensionistica di soggetti che hanno una pensione (o almeno una parte) calcolata con il sistema retributivo. Il calcolo retributivo, infatti, pur essendo stato definitivamente soppresso dal 1° gennaio 2012 continua ad essere utilizzato per determinare le quote A e B dell'assegno riferite ai periodi precedenti cioè per quei lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
Le aliquote di rendimento sono parametri utilizzati per il calcolo delle quote A e B di pensione con il sistema retributivo che traducono la busta paga degli ultimi anni di lavoro in pensione. Per ogni anno di lavoro soggetto a contribuzione la regola generale riconosce il 2% della retribuzione pensionabile entro un tetto di 40 anni di contributi. Così, ad esempio, un lavoratore con 40 anni di contributi ha potuto ottenere, con il calcolo del sistema retributivo, una rendita pensionistica dell'80% della media delle ultime retribuzioni (40 x 2% = 80%), chi avesse lavorato per 30 anni, invece, una pensione pari al 60% delle ultime retribuzioni percepite (30 x 2%= 60%). Nello specifico, per i lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, il calcolo è basato sulla media degli ultimi 5 anni (260 settimane) delle retribuzioni utili percepite dall'interessato.
Per i lavoratori del pubblico impiego iscritti alla Cassa Stato (Ctps) le aliquote sono state in gran parte diverse e più generose rispetto a quelle vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria.
La riforma Amato del 1993, aveva stabilito che dal 1° gennaio 1993 la misura della pensione fosse costituita dalla somma di due distinte quote: la prima (A) corrispondente all’importo relativo all’anzianità contributiva maturata sino a tutto il 31 dicembre 1992; la seconda (B), corrispondente all’importo del trattamento relativo all’anzianità acquisita dopo il 1° gennaio 1993. Con l’introduzione del criterio di calcolo su due quote si è reso necessario l’utilizzo di due diversi tipi di coefficienti Istat di aggiornamento. Il primo (secondo le vecchie regole), legato alla variazione dell’indice Istat (variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai). Il secondo più favorevole (secondo le nuove regole), ancorato all’indice Istat aumentato di un punto percentuale per ogni anno solare preso in considerazione ai fini del computo delle retribuzioni pensionabili.
Ricordiamo, infine, che per le pensioni con decorrenza dal 2012, il calcolo della rendita deve tener conto anche di una ulteriore quota (C), riferita all’anzianità acquisita successivamente al 31 dicembre 2011e calcolata con il metodo contributivo.


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