Il Governo ignora i veri problemi della non autosufficienza

di Ettore Jorio (Professore di Diritto sanitario all'Università della Calabria)

Che tristezza leggere le più recenti soluzioni del Governo per fare cassa.

La prima amara constatazione è che nessuno dei tecnici dimostra la conoscenza della realtà. Meglio, della vita difficile che affligge le famiglie italiane. Specie quelle meno abbienti.

Nessuno di loro sa come si vive (si fa per dire!) con 1.000 euro al mese, per non dire meno, salvo poi dispensare commozioni in diretta televisiva e vantare sensibilità teoriche. Ciò forse perché abituati a coabitare con i "parenti" più prossimi dei Lusi e dei Fiorito, ricchi di quattrini non guadagnati.

Nessuno di loro sa cosa vuol dire avere un invalido a casa e/o un anziano non autosufficiente.

Insomma, il Governo in carica dimostra di avere tanti dei vizi della vecchia politica. Quando non li reitera, ne protegge gli effetti, a prescindere, per evitare che la politica determini la fine del loro essere protagonisti.
Va giù pesante su lavoratori e pensionati, sostenendo persino battaglie ideologiche fini a se stesse.

Tanti mesi persi con il famigerato art. 18 senza concludere nulla, se non sconfiggere un nemico che non c'era. Per fare propria una bandiera delle lotte dei lavoratori, che hanno visto protagonisti i grandi sindacalisti di ieri (da Di Vittorio a Lama).

Il tutto a discapito dei deboli.

In una siffatta logica, gli esodati hanno rappresentato il massimo. Sembrano essere divenuti i naufraghi della difficile traversata della riforma delle pensioni, ove la Fornero ha assunto nei loro riguardi la stessa responsabilità di Schettino all'isola del Giglio.

L'ultima. Nella legge di stabilità sarà verosimilmente deciso l'assoggettamento a tassazione ordinaria progressiva, tra l'altro, delle pensioni d'invalidità e degli assegni di accompagnamento.

Questi ultimi equivalenti a circa 408 euro al mese. Un importo misero in rapporto alle esigenze delle famiglie che debbono fare i conti per garantire assistenza domestica ai loro cari non in grado di soddisfare autonomamente i loro bisogni minimali di vita quotidiana.

Un'imposizione fiscale, quella prevista, che graverà su coloro i quali godono (si fa per dire!) di un reddito aggiuntivo di almeno 15 mila euro all'anno, che equivale, più o meno, ad una disponibilità netta spendibile di 1.000 euro al mese.

Ma dico io, nessuno del Governo e dei tecnici che lo collaborano sa come e quando costa assistere dignitosamente in casa un non autosufficiente ovvero un ammalato terminale?

Tale opzione dell'Esecutivo sembra dimostrare non solo l'astrattezza delle sue decisioni, ma la mancata conoscenza del problema che affligge centinaia di migliaia di famiglie italiane.

Nonostante ciò decide, nel senso di peggiorare le cose.

Dove è finita l'equità (ove mai vi sia stata), cui si è fatto (impropriamente) riferimento all'inizio della governatura tecnica?

E' sotto gli occhi di tutti un Paese che invecchia. Formato da tanti disoccupati e inoccupati, che sarà sempre di più affollato dagli esodati senza ritorno e da chi perderà il lavoro. Dunque, un bisogno estremo di welfare. Soprattutto di quello assistenziale. Occorre, quindi, una migliore assistenza sanitaria e più tutela sociale. Il tutto ovviamente a carico di economie esistenti e/o da rinvenire, dentro e "fuori" il bilancio pubblico.

Magari ricorrendo anche a sensibili prestazioni economiche compartecipate dal ceto abbiente. Da quello vero, però. Da quel segmento sociale da "tassare", da individuare con saggezza. Ovverosia nel perimetro e nei parametri del principio dell'equità. Di quella reale, da realizzare e non da promettere per migliorare gli "ascolti", così come è d'uso fare.

A tutto questo si perviene, rivedendo radicalmente il sistema della salute in senso lato.

Eventualmente (ri)attribuendo alle Regioni le competenze che dovranno (re)imparare a svolgere.

Tra queste quella di gestire bene le risorse per la sanità e per il sociale.

Queste ultime in stretta collaborazione con i Comuni che ne sono titolari.

Dunque, non tassare chi non ha. Bensì assicurare loro e ai loro anziani non autosufficienti le prestazioni assistenziali necessarie. Magari erogando prestazioni assistenziali in loro favore ovvero ad integrazione dell'attuale assegno di accompagnamento, peraltro sotto soglia della utilità.

Sarebbe il modo, questo, per rendere beneficiari reali di tali benefit previdenziali non contributivi anche chi è oggi solo destinatario con il compiacimento dei nipotini (quando va bene) che solitamente ne godono indebitamente.

Ettore Jorio
Professore di Diritto sanitario all'Università della Calabria