«Dalle Regioni benchmark manca il Sud. Altro che federalismo fiscale: è induzione al fallimento dei diritti sociali»

di Ettore Jorio *

Altro che attuazione del federalismo fiscale. È induzione al fallimento dei diritti sociali. Nella specie, la tutela della salute. È quanto si evince dalle scelte che il ministero della Salute ha assunto in relazione alla delibera approvata dal Governo l'11 dicembre 2012 (G.U. n. 1356 dell'11 giugno 2013). Un provvedimento pubblicato con sei mesi di ritardo forse perché c'era qualcuno (allora) che remava contro il federalismo fiscale.

Il Dlgs 68/2011, quello che ha fissato, tra l'altro, le regole attuative del federalismo fiscale nella sanità, ha disciplinato i criteri per determinare i costi standard, riferibili ai tre macrolivelli assistenziali: la prevenzione, la territoriale e la ospedaliera (art. 27). Il tutto basato sulla determinazione di un benchmark di riferimento. A ciò si perviene scegliendo, a cura della Conferenza Stato-Regioni, tre Regioni tra le cinque individuate, per l'appunto, dal ministero della Salute.

L'anomalia procedurale. Sempre il Dlgs 68/2011 pone, in proposito, una prescrizione di garanzia, volta a dare una certezza economico-finanziaria. Di garantire l'uniformità dei Lea su tutto il territorio nazionale, così come preteso dall'art. 117, comma 2, lettera m, della Costituzione. Ha quindi prescritto che il ministero, nel determinare la rosa delle cinque Regioni da sottoporre all'anzidetta Conferenza (la quale è tenuta a confermare, comunque, la prima dell'elenco ministeriale), debba seguire una rigida regola, garante della più equa rappresentanza geografica. Una esigenza forte, dal momento che è sottesa ad assicurare, nel processo di determinazione della media utile, una corretta determinazione del costo standard, da essere garante ovunque dell'esigibilità dei Lea, in condizione di corretta gestione delle risorse. Proprio per questo motivo la prescrizione contenuta nel decreto delegato, e confermata nella deliberazione dell'Esecutivo di fine 2012, ha trovato unanime favorevole considerazione. Dunque, il legislatore ha sancito una scelta ministeriale che dovesse comprendere una Regione del Nord, una del Centro e una del Sud. Tra queste una di piccola dimensione. Una selezione da farsi tra le Regioni con i conti economici a posto e capaci di erogare alla loro collettività i Lea in condizioni di efficienza e di appropriatezza nonché facendo uso delle risorse ordinarie finalizzate ad hoc.

Il perché delle regioni rappresentative delle tre macroaree geografiche è facile a desumersi e a condividersi. Meno comprensibile è risultata a taluni quella della Regione piccola, ivi prevista per assicurare che nella determinazione del costo standard incidessero troppo le economie di scala prodotte dalla megaregioni italiane.

Anche questa, così come quella di obbligare la Conferenza a comprendere tra le tre Regioni di sua competenza anche la prima selezionata dal ministero, hanno fatto storcere il naso ai "perfezionisti" della rappresentatività concertativa. Come dire: delle tre Regioni da scegliere due sono fortemente condizionate. Un limite, questo, comprensibile e condivisibile anche perché garante del rispetto dei due criteri della migliore economia salutare prodotta e della rappresentatività geografica.

Fatte queste considerazioni, non si comprende la scelta ministeriale di Umbria (testa di serie), Veneto, Emilia-Romagna, Umbria e Marche.
Una opzione che favorisce i cittadini dei già Impero Austro-Ungarico e Stato Pontificio e mette da parte tutti quelli del già Regno delle due Sicilie. Ma quelli erano altri tempi!

* Università della Calabria