Sentenze

Consiglio di Stato: nuovi centri (privati) senza ostacoli

Il diritto del privato che vuole fornire prestazioni sanitarie non è condizionato a monte da «un apposito strumento pianificatore generale» della Regione, ma soltanto «da una valutazione dell'idoneità della nuova struttura a soddisfare il fabbisogno complessivo di assistenza». Non è dunque legittimo il rifiuto della semplice autorizzazione a un centro se persino il Comune ha dato parere favorevole.

La terza sezione del Consiglio di Stato (decisione n. 4788/2013 del 26 settembre) ha dilatato ancora la portata di quanto affermato con la sentenza n. 4574/2013 (si veda Il Sole-24 Sanità n. 34/2013). Se là i supremi giudici amministrativi avevano stabilito la necessità di non svantaggiare i nuovi accreditati, bocciando l'alt ai contratti deciso dalla Lombardia, stavolta hanno accolto l'appello di una società contro il diniego opposto nel 2000 dalla Sardegna all'apertura di un centro di fisioterapia e radiologia in un Comune del cagliaritano.

La Regione aveva motivato il "no" sostenendo di aver acquisito dall'Asl 8 di Cagliari i dati sul numero di prestazioni erogate nel 1999 e nel 2000, che risultavano superiori al parametro di 12 per abitante indicato in una delibera della Giunta come obiettivo tendenziale per il contenimento delle prestazioni convenzionate. Ininfluente, per l'amministrazione, il parere favorevole del Comune interessato, basato sull'assenza nel territorio di strutture simili: la vicinanza con il capoluogo vanificava, secondo la Regione, la necessità di una nuova struttura.

Il Tar Sardegna aveva considerato adeguata la motivazione, ma adesso - con ben 13 anni di ritardo - il Consiglio di Stato capovolge il verdetto. E chiarisce la corretta interpretazione della norma di riferimento: l'articolo 8 ter del Dlgs 502/1992, come modificato dal Dlgs 229/1999. È vero - scrivono i giudici - che la realizzazione di nuove strutture è condizionata alla verifica di compatibilità da parte della Regione, da effettuarsi in base al fabbisogno complessivo e alla localizzazione dei centri presenti in ambito regionale. Ma questa regola di principio non può risolversi, alla luce degli articoli 32 e 41 della Costituzione, «in uno strumento oblatorio delle prerogative dei soggetti che intendano offrire, in regime privatistico (vale a dire senza rimborsi o sovvenzioni a carico della spesa pubblica, e con corrispettivi a carico unicamente degli utenti), mezzi e strumenti di diagnosi, di cura e di assistenza sul territorio».

Il Consiglio di Stato ribadisce quanto già espresso nella decisione di pochi giorni prima: «Una politica di contenimento dell'offerta sanitaria non può tradursi in una posizione di privilegio degli operatori del settore già presenti nel mercato, che possono incrementare la loro offerta a discapito dei nuovi entranti». Né si può far riferimento ai criteri di contenimento della spesa, trattandosi di soggetti non accreditati.