Sentenze

La Cassazione sulla droga: «non fa uscire dal carcere»

di Giovanni Negri, da Il Sole-24Ore

Le Sezioni unite escludono l'applicazione «retroattiva» dei nuovi termini massimi di custodia cautelare per i reati in materia di droga. L'informazione provvisoria del 17 luglio scorso esclude conseguenze «ora per allora» della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 con la quale è stata dichiarata l'illegittimità di alcune disposizioni del Testo unico contro le droghe, facendo rivivere, nei fatti prima e per legge poi, la distinzione tra sostanze leggere e pesanti.
Le motivazioni saranno note tra qualche tempo, ma intanto è già possibile svolgere alcune considerazioni, sottolineando come le Sezioni unite abbiano scelto, in questo caso (ma anche nell'altra pronuncia più significativa della settimana scorsa, quella sulla portata della rescissione del giudicato), la strada meno dirompente, escludendo che le novità possano avere efficacia anche nelle vicende in corso.
La cosiddetta scarcerazione «ora per allora», prevede che debba essere rimesso in libertà nella fase successiva, per decorrenza dei termini di fase della custodia cautelare, l'imputato per il quale non sia stato possibile intervenire tempestivamente. A patto che, avevano già affermato in passato le Sezioni unite, la scadenza dei termini riguardi tutte le imputazioni oggetto della misura di detenzione cautelare e non solo alcune.
Il precedente muoveva dalla considerazione della rilevanza, all'interno della Costituzione, della libertà personale come diritto fondamentale della persona. In questo contesto, ogni questione che riguarda l'interpretazione delle norme che pongono dei limiti a questo diritto va risolta tenendo presente il rapporto di eccezione a regola che a questi limiti deve essere assegnato. Sempre in passato era stato considerato doveroso un provvedimento di scarcerazione «ora per allora» in presenza di una sospensione dei termini di custodia cautelare assunti in modo illegittimo in assenza dell'indispensabile contraddittorio.
In altri casi, invece, la rideterminazione retroattiva dei termini di durata massima della custodia cautelare per le fasi già concluse, è stata negata dalla Cassazione. Quando, in generale, l'incidenza sui termini di durata è stata ritenuta una conseguenza del cambiamento fisiologico del processo penale (vedi il caso della conferma in appello della condanna per il reato meno grave con il contestuale proscioglimento per quello più pesante il relazione al quale erano stati conteggiati i termini di fase).
Ora, le Sezioni unite hanno dovuto incasellare una diversa situazione come quella determinata dalle conseguenze della dichiarazione di incostituzionalità per cercare di verificare se si può identificare «una preclusione processuale tale da determinare il consolidamento e l'immodificabilità di una situazione giuridica ormai esaurita e, correlativamente, da paralizzare, nel senso di rendere in concreto non più operanti, gli effetti retroattivi della sentenza dichiarativa della illegittimità costituzionale». L'ordinanza di rinvio comunque sottolineava come non debba valere la distinzione tra norma penale sostanziale (ed è il caso affrontato) e procedurale.
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