Imprese e Mercato

Biotech settore trainante dell'industria italiana: i rapporti «Biotecnologie in Italia 2013» e «Biotecnologie del settore farmaceutico in Italia 2013»

Alla fine del 2012 sono 407 le imprese impegnate in R&S nel campo delle biotecnologie. Tra queste, più della metà (256) è costituita da aziende che hanno come core business attività legate esclusivamente alle biotecnologie e che rientrano, quindi, nella definizione di impresa pure biotech. L'industria biotecnologica italiana si posiziona al terzo posto in Europa, dopo Germania e Regno Unito, per numero di imprese pure biotech, a dimostrazione di una realtà estremamente competitiva e capace di superare la natura ciclica tipica di altri settori industriali.

Il fatturato totale dell'industria biotech italiana ammonta a 7.152 milioni (+6%), mentre gli investimenti in R&S aumentano fino a 1.832 milioni (+ 2,9%). Il numero degli addetti ad attività di R&S è di 6.739 unità, e si mantiene sostanzialmente in linea con quello del 2012.
Il 75% delle imprese è di dimensione micro o piccola (avendo, rispettivamente, meno di 10 e meno di 50 addetti).

Sono questi i dati di sintesi del Rapporto «Biotecnologie in Italia 2013», realizzato da Assobiotec ed Ernst & Young in collaborazione con Farmindustria e l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, che analizza i dati del settore nelle sue varie aree applicative e il suo andamento, e il Rapporto Ernst & Young - Farmindustria «Biotecnologie del settore farmaceutico in Italia 2013», realizzato in collaborazione con Assobiotec, che approfondisce i temi delle biotecnologie farmaceutiche, presentati oggi a Milano.

«Le biotecnologie rappresentano certamente un settore di fondamentale importanza per assicurare crescita economica, occupazione qualificata, qualità della vita e benessere per il nostro Paese. Essendo un settore anti-ciclico che interessa innumerevoli aree di applicazione, fornisce inoltre un modello industriale di sviluppo competitivo e sostenibile» ha commentato Alessandro Sidoli, Presidente di Assobiotec, l'Associazione Nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica. Che ha aggiunto: «Servono ora politiche centrali forti a sostegno delle biotecnologie italiane, che, unite a quelle locali, già attive da tempo sui diversi territori regionali, saranno in grado, se attivate, di potenziare ulteriormente un comparto che, a livello mondiale, come meta-settore industriale, vale tra lo 0,4% e lo 1,1% del PIL». Un dato estremamente positivo arriva dalla bioeconomia, un settore che vale oggi nella sola Europa più di 2.000 miliardi, e occupa circa 22 milioni di persone nei più diversi settori (agricoltura, alimentare, chimica e energia, ecc.), rappresentando il 9% del totale degli occupati.

«I risultati emersi dai Rapporti 2013 parlano chiaro: il biotech in Italia rappresenta una risorsa da preservare soprattutto nel difficile contesto macroeconomico generale per il netto contributo che riesce a garantire al Paese sia in termini di crescita economica (una crescita complessiva del fatturato di settore del 6,3%) che di investimenti in R&S (+3% nel solo segmento del farmaco biotech). La nascita di un numero sempre maggiore di Cluster Nazionali sulle Biotecnologie rappresenta solo una delle evidenze dell'importanza che giorno dopo giorno tale settore sta assumendo e che potrebbe essere valorizzata da una più forte aggregazione tra PMI e Istituzioni» ha commentato Antonio Irione, Advisory Life Science Leader di Ernst & Young.

«Competitivo, altamente tecnologico e innovativo è il settore del farmaco biotech nel Rapporto 2013. Valori importanti – afferma Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria – per una realtà radicata nel territorio con la Lombardia al primo posto per numero di imprese biotech (70), seguita da Lazio (23), Piemonte (18), Emilia Romagna (17), Toscana (14). I farmaci biotecnologici disponibili sono 109 e i prodotti in sviluppo 359, soprattutto nell'area oncologica (44% del totale). Un settore che può rappresentare quindi una forte leva di crescita per il Paese in un contesto che veda finalmente eliminati gli ostacoli che impediscono l'accesso rapido ai medicinali innovativi. Oggi un nuovo farmaco è disponibile per i pazienti italiani con quasi due anni di ritardo rispetto ai principali Paesi europei, con gravi ripercussioni anche per le imprese. È necessaria quindi una politica che offra un quadro normativo stabile, condizioni competitive rispetto ai big Ue e tempi più brevi per l'accesso e per il pagamento. E questo senza dimenticare la tutela della proprietà intellettuale. Il futuro è biotech. E l'Italia ha una grande chance».

I settori delle biotech illustrati nel rapporto sono tre.

Red biotech
Anche in Italia, quello della salute è il segmento trainante dell'intero comparto.
Delle 407 imprese censite, 235 (58%) sono attive nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti terapeutici e diagnostici.
Il fatturato ammonta a € 6.766 milioni (+5%) e la maggior parte dei ricavi è riconducibile alle imprese del farmaco che, pur costituendo il 25% delle imprese del campione, arrivano a generare lo 83% del fatturato totale.
L'investimento complessivo in R&S è di € 1.691 milioni (29% da pure biotech, 70% da imprese del farmaco)
L'incidenza degli investimenti sul fatturato è pari al 25%, (21% imprese del farmaco e 45% pure biotech.

Green biotech
Sebbene, a livello globale, il mercato degli alimenti funzionali e dei nutraceutici sia in rapida crescita, il settore green biotech, in Italia, non ha ancora espresso pienamente il suo potenziale.
Su un totale di 85 imprese, la maggioranza è rappresentata da aziende pure biotech di micro o piccola dimensione, attive all'interno di parchi scientifici o incubatori, e impegnate in progetti che spaziano dal miglioramento della produzione primaria, vegetale e animale, allo sviluppo di nuove tecnologie a tutela e garanzia della qualità e sicurezza della filiera alimentare, e della genuinità delle nostre produzioni tipiche.
Il fatturato del segmento green biotech ammonta a 110 milioni; il 41% dei ricavi origina da filiali italiane di multinazionali straniere (ancorché queste rappresentino, numericamente, solo il 4% del campione) e il 40% da imprese pure biotech. Gli investimenti in R&S ammontano a € 112 milioni; anche in questo caso, il 55% degli investimenti è coperto dalle multinazionali con sede in Italia , mentre le imprese pure biotech contribuiscono per il 36%.

White biotech
Alla crescita del settore white biotech si associa, la prospettiva di un modello di sviluppo industriale ecosostenibile, in grado di offrire al mercato una varietà di prodotti con caratteristiche superiori, anche in termine di bilancio energetico, rispetto a quelli ottenuti dai processi tradizionali.
Più di due terzi delle 62 imprese attive in Italia in ambito white biotech sono aziende pure biotech: start-up innovative, di micro o piccola dimensione, che generano nuove tecnologie per processi di trasformazione di biomasse e di altre materie prime, e nella produzione sostenibile di prodotti chimici, materiali e carburanti.
Il fatturato del segmento white biotech ammonta a 276 milioni ed è pressoché totalmente riconducibile a imprese pure biotech. Gli investimenti in R&S ammontano a 29 milioni e, anche in questo caso, il contributo delle imprese pure biotech è pari al 90%.