Imprese e Mercato

«Manca la trasparenza»: il Mario Negri si scontra con Gsk e rinuncia a uno studio europeo

odi

Il British Medical Journal comunica la notizia in un editoriale: l'Irccs -Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha ritirato la propria adesione a un progetto Innovative Medicines Initiative (IMI) che, finanziato al 50% dall'Unione europea, intende sviluppare un farmaco di proprietà della GlaxoSmith&Kline (Gsk).

«Il Mario Negri si è ritirato – spiega una nota dell'Istituto di ricerca - perché Gsk pretende per sé il diritto di accordare o negare l'accesso ai dati dello studio e il controllo della loro pubblicazione. Gsk intende esercitare il suo controllo non solo nei confronti della comunità scientifica in genere, ma perfino degli stessi ricercatori partecipanti allo studio».

«Il segreto posto sui risultati degli studi clinici– commenta Silvio Garattini, direttore del Mario Negri – rappresenta un'indebita spoliazione dei diritti dei pazienti e dei medici che partecipano allo studio: i dati in definitiva sono loro».

Il Mario Negri non richiedeva per sé la proprietà dei dati. «Non lo facciamo mai – continua Garattini – perché sarebbe contrario ai nostri principi etici». L'Istituto Mario Negri, chiarisce la nota, non brevetta le scoperte dei suoi ricercatori, ma le rende subito pubbliche, a beneficio dei pazienti e della comunità scientifica.

«L'Innovative Medicines Initiative - precisa Vittorio Bertelé che ha partecipato alle trattative con Gsk - sostiene con fondi dell'Unione europea progetti di collaborazione tra industria e accademia con l'intento specifico di promuovere l'innovazione. L'industria ci mette il prodotto grezzo; ma sono i pazienti e i ricercatori clinici che lo sviluppano, per di più con fondi pubblici».

I ricercatori del Mario Negri chiedevano che chi partecipava allo studio potesse almeno accedere a tutti i dati che rappresentavano la base per la pubblicazione. Sembrava assurdo che si potesse essere autori senza poter aver analizzato i risultati di tutti i pazienti. «Invece - sottolinea Guido Bertolini, Coordinatore della rete di centri che avrebbe dovuto condurre lo studio -, ci siamo trovati a discutere con gli avvocati della casa madre di Gsk sui cavilli pretestuosi di una bozza di accordo che sostanzialmente concedeva all'azienda il pieno controllo dello studio, dei suoi risultati e della pubblicazione di questi». Fatto questo «inammissibile» sia per il ricercatore del Mario Negri, sia per la rete di centri di terapia intensiva, nota come GiViTI, che avrebbe dovuto partecipare allo studio.

Il mancato accordo con Gsk comporta l'impossibilità per il Mario Negri di accedere ai fondi messi a disposizione dall'IMI. «Si tratta di un notevole sacrificio economico in tempi già per sé difficilissimi - conclude Garattini –, ma non potevamo abdicare ai nostri principi né tradire la fiducia di chi sostiene la nostra ricerca».

«Il problema sollevato dal Mario Negri - conclude il comunicato dell'Istituto - si inquadra nel problema sempre più sentito a livello della comunità scientifica internazionale: evitare che i pur legittimi interessi dell'industria prevalgano sulla necessità di programmare, condurre e valutare i risultati della ricerca clinica in modo indipendente per tutelare ciò che più conta, cioè i diritti dei pazienti».

«Come azienda riteniamo che l'iniziativa sia caratterizzata da una trasparenza e da una possibilità di accesso e utilizzo dei dati senza precedenti anche se un'apertura totale non è stata ritenuta possibile per ragioni di carattere regolatorio», ha replicato l'ufficio stampa di Gsk Italia ha dato questa sera alla nota dell'Istituto Mario Negri.

Alle argomentazioni del Mario Negri la multinazionale risponde: «Mentre rispettiamo le scelte, le opinioni ed il lavoro di un Istituto di sicuro valore e prestigio come il Mario Negri siamo dispiaciuti per le affermazioni riportate e, in analogo spirito di trasparenza, sottolineiamo come nell'articolo del British Medical Journal del 4 settembre scorso, l'Istituto stesso sia segnalato come l'unico dei partner ad avere deciso di non aderire per mancanza di trasparenza».

«L'iniziativa di ricerca, riferisce ancora Gsk - vede la partecipazione di tre aziende farmaceutiche di grandi dimensioni, una di medie e soprattutto di 16 entità pubbliche di respiro internazionale, alcune delle quali hanno espressamente dichiarato nello stesso articolo di essere soddisfatte del livello di condivisione, trasparenza e collaborazione».