Imprese e mercato

Assicurazione ospedali, duello tra Am Trust e Trust Risk Italia. I rischi per i consumatori

di Riccardo Sabbatini (http://insuranceinside.net)

AmTrust, il principale operatore in Italia per la copertura della malpractice medica negli ospedali è nella bufera. La società – un gruppo americano che colloca le sue polizze in Italia in libertà di stabilimento attraverso la sua filiale britannica Am Trust Europe Ltd – ha rotto i rapporti con Trust Risk Italia, broker che proprio lo scorso anno aveva assunto il ruolo di agente generale esclusivo della compagnia. AmTrust - si evince dall'ultimo bilancio pubblicato – ha raccolto nel 2013 in Italia premi per 281 milioni di dollari, quasi interamente concentrati nei rischi di malpractice, e nell'ultimo anno i suoi volumi sarebbero ulteriormente cresciuti a circa 500 milioni di dollari, secondo il sito web inglese "The Insurance Insider". Alla compagnia fa capo una quota di oltre il 50% delle coperture assicurative degli ospedali italiani per i rischi di malpractice medica.

Le due parti si scambiano reciprocamente accuse di scorrettezze ed hanno preannunciato iniziative legali. Il 4 novembre, illustrando agli analisti i dati del terzo trimestre, il presidente e Ceo di Amtrust financial services Barry Zyskind ha riferito che dal mese di settembre Trust Risk Italia non ha riversato alla compagnia americana i premi raccolti con le sue polizze, ciò che ha spinto quest'ultima a revocargli immediatamente il mandato. «Rimaniamo fiduciosi – ha detto in particolare Zyskind - di tornare entro breve termine in possesso delle somme dovute attraverso un procedimento legale».

Trust Risk Italia, in una nota ufficiale, parla invece di «inadempienza e violazione dell'accordo di esclusività in essere» e, per far valere i propri diritti, ha già avviato «un procedimento arbitrale in Italia». Quanto ai premi non riversati alla compagnia americana negli ambienti dello stesso intermediario italiano si fa presente che quest'ultimo, in risposta alle violazioni contrattuali, a settembre ha trattenuto il "preconto" (il flusso delle proprie spettanze commisisonali sull'intera vita dei contratti assicurativi). Ma le accuse non si fermano qui. Nella propria nota Trust Risk italia cita anche «recenti notizie pubblicate da autorevoli testate americane di analisi finanziaria sullo stato di salute finanziaria di AmTrust Financial Services» aggiungendo di aver «tempestivamente interpellato i regolatori inglesi FCA (Financial Conduct Authority); PRA (Prudential Regulatory Authority) e quello italiano IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) con lettera ufficiale spedita in data 30 ottobre c.a., per ottenere opportune rassicurazioni ed eventuali provvedimenti a tutela propria e dei propri clienti». Si tratta di affermazioni gravi perchè mettono in discussione la capacità dell'operatore statunitense di far fronte ai suoi impegni.

L'Ivass avrebbe già acceso un faro sull'intera vicenda ma la questione è intricata. A dispetto della rilevanza del suo ruolo in Italia nella copertura dei rischi di malpractice, Am Trust Europe Ltd agisce nella penisola in libertà di stabilimento, utilizzando un passaporto comunitario, ed è sottoposta alla vigilanza dell'autorità britannica (la FCA). Dovrebbe essere pertanto quest'ultima a prendere l'iniziativa, anche su sollecitazione del regulator italiano.

I potenziali pericoli di una simile ripartizione di responsabilità sono stati recentemente sottolineati nel dossier "La Malpractice medica, il grande caos", da me curato, promosso dall'Ania (associazione delle imprese assicuratrici). Il regime di libertà di prestazione o di stabilimento non impedirebbe all'Ivass, il regulator del settore, di attivare la collaborazione con le altre authority europee (nel caso specifico quella inglese) per ottenere a fini statistici informazioni puntuali sulla raccolta, il pagamento dei sinistri e il contenzioso delle compagnie straniere presenti nella penisola. Una richiesta che, peraltro, sarebbe pienamente giustificata dal ruolo che simili operatori hanno raggiunto nella copertura della malpractice in Italia. E dai potenziali pericoli per i consumatori. C'è inoltre un altro aspetto che imporrebbe un maggiore attivismo da parte dell'autorità. Le compagnie italiane gestiscono le loro riserve assicurative nel corso del tempo verificandone annualmente la congruenza rispetto alle maggiori informazioni acquisite sui sinistri che dovranno pagare. In più, come ulteriore criterio prudenziale, mettono a riserva il "costo ultimo" dei risarcimenti che in futuro saranno chiamati a pagare. Alcuni operatori stranieri invece – osserva un broker che preferisce rimanere anonimo – mantengono "al costo storico" le riserve costituite inizialmente salvo rettificarle in casi conclamati di perdite o al momento di effettuare i risarcimenti. Poiché l'iter di sinistri nella malasanità può durare molti anni è possibile che quelle compagnie sottostimino nei loro conti l'onere dei sinistri che saranno chiamati a pagare.