In parlamento

Che fine ha fatto il Sunshine Act?

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Nei giorni scorsi la stampa ha riportato la notizia di cinque condanne e due assoluzioni nel processo nato da un'inchiesta per corruzione nella fornitura di dispositivi medici a ospedali toscani operata dalla Procura della Repubblica di Firenze. Il pubblico ministero nella sua requisitoria aveva chiesto l'assoluzione per tutti gli imputati ma i giudici hanno inflitto una pena di 3 anni a un medico per corruzione e altre di entità minore. Premesso che si tratta di una sentenza di 1° grado non definitiva, l’episodio non fa che rendere sempre attuale la problematica dei rapporti dei medici con i produttori e fornitori di farmaci e dispositivi medici. È inutile nascondere che il fenomeno esiste e costituisce un disvalore sociale particolarmente odioso per l’opinione pubblica. La recente mappatura effettuata da Transparency International Italia sul numero di casi di corruzione riportati dalle principali testate giornalistiche nazionali nel 2020, mostra come "il settore della sanità si posizioni al secondo posto con 117 casi riscontrati, il 17,33% del totale". E, in proposito, ci si chiede che fine abbia fatto il disegno di legge che viene comunemente chiamato "Sunshine Act" che fu approvato dalla Camera più di tre anni fa e di cui si sono perse le tracce.
Si sta parlando dell’Atto Camera 491, primo firmatario Massimo Enrico Barone, concernente “Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie”. La proposta di legge ordinaria fu presentata il 10 aprile 2018 e, dopo un lungo dibattito, venne approvata all’unanimità (ma con sessanta astenuti) nell’Aula di Montecitorio il 4 aprile 2019. Il testo venne trasmesso quattro giorni dopo al Senato dove ha assunto gli estremi di Atto Senato 1201. A palazzo Madama, il testo viene assegnato alla 12^ Commissione permanente (Igiene e sanità) in sede redigente il 17 aprile 2019. Dopo due anni di completo silenzio, durante i quali peraltro è cambiato tre volte il Relatore del DDL e la Commissione ha lavorato su vari emendamenti, tutto è fermo e sembra proprio che l’inspiegabile lentezza delle nove competenti Commissioni del Senato non tenga affatto conto di quello che succede quotidianamente.
Entrando nel merito dei contenuti, si segnala che il disegno di legge originario, passato ad aprile 2019 alla Camera senza voti contrari, introduce obblighi di trasparenza dei dati di interesse collettivo nei rapporti tra le imprese produttrici di farmaci e dispositivi medici e gli operatori sanitari, intesi come soggetti appartenenti all’area sanitaria o amministrativa che operano, a qualsiasi titolo, nell’ambito di un’organizzazione sanitaria. Il testo si compone di sette articoli e introduce il principio di trasparenza totale. Le aziende farmaceutiche saranno obbligate a pubblicare tutti i finanziamenti, diretti e indiretti, verso gli operatori sanitari, altrimenti pagheranno multe di 20 volte il valore dell’omessa dichiarazione. Per la rilevazione degli illeciti la legge prevede anche il ricorso ad uno strumento di whistleblowing. Si ha motivo di credere che il testo definitivo – se mai riuscirà ad essere approvato – sarà molto diverso da quello iniziale.


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