Lavoro e Professione

«Dati e conclusioni parziali. E nessuna ricerca delle cause»: i ginecologi prendono posizione sui dati resi noti dal ministero

«Lungi da noi l'idea di difendere o giustificare in alcun modo eventuali comportamenti scorretti. Tuttavia, non possiamo astenerci dal rilevare che senza un'analisi delle cause profonde del fenomeno, difficilmente si potranno ottenere dei risultati. Non si può ignorare la crescita dei contenziosi medico-legali, ai quali si associa la piaga della "medicina difensiva", e il fatto che tutte le condanne comminate ai ginecologi, per danno fetale, portino la motivazione: «per non aver eseguito il taglio cesareo» o in alternativa, «per non aver eseguito prima il taglio cesareo».


In un comunicato congiunto la segreteria nazionale della Fesmed, la Federazione sindacale medici dirigenti cui aderiscono i ginecologi iscritti alle sigle Acoi, Aogoi, Sedi e Sumi prende posizione contro i primi dati presentati dal ministero il 18 gennaio scorso, sui "problemi di validità delle informazioni contenute nelle Sdo con procedura di parto cesareo". «Sorprendentemente - spiega il comunicato Fesmed - i risultati presentati hanno riguardato solo 1.117 cartelle (il 34% del campione da esaminare). In compenso, nel comunicato del ministero è stato dato ampio risalto alla discordanza tra quanto scritto in cartella e il codice riportato sulla Scheda di dimissione ospedaliera. Il comunicato del Ministero si conclude con un'analisi dei costi, che stima in 1.139,08 euro la spesa non necessaria per ogni parto cesareo condotto in assenza di indicazione clinica. Neanche una parola - puntano il dito i ginecologi - sulle possibili cause del fenomeno e solo una generica raccomandazione alle Regioni, affinché attivino il controllo di tutte le cartelle cliniche».

Secondo i professionisti non si può considerare ininfluente, ai fini della discordanza fra diagnosi clinica e Sdo, il fatto che non esista una codifica per "taglio cesareo su richiesta materna", diagnosi contemplata anche dalle linee guida del ministero della salute, fatto che costringe a utilizzare delle codifiche alternative sulla Sdo.

I ginecologi si dicono infine «perplessi di fronte alla scelta del ministero della Salute di aver voluto enfatizzare dei dati parziali, che nulla aggiungono a quanto fosse già noto, in piena campagna elettorale e in concomitanza con la proclamazione dello stato di agitazione dei medici che operano nei punti nascita, nei consultori familiari e negli ambulatori ostetrici del territorio». Forte e reiterata è la richiesta al Governo: inserire nei loro programmi di Governo il problema del contenzioso medico-legale e avanzare proposte per il suo superamento, da adottare immediatamente dopo la formazione del nuovo Governo.