Lavoro e Professione

Burocrazia e scarsa autonomia affliggono la medicina del lavoro. Il bilancio della prima Giornata nazionale

Medicina del lavoro in cerca d'autore e di rilancio, stremata da leggi e norme punitive e ridondanti, svilita dalla burocrazia e confusa da un quadro di nuove malattie e nuovi bisogni ancora inesplorati dalla ricerca. Eppure, oggi più che mai, la «buona occupazione» in cui i valori costituzionali di lavoro e salute vadano di concerto e non l'uno contro l'altro appare come un obiettivo chiave.

A tirare le somme di un settore in evoluzione sono stati gli esperti riuniti per la prima Giornata nazionale della medicina del lavoro, promossa quest'anno dalla Società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale (Simlii), che si appresta a celebrare il suo congresso nazionale, e inaugurata lo scorso 1° ottobre presso la sala capitolare del Convento di Santa Maria sopra Minerva del Senato da una folta rappresentanza di medici, politici, esponenti delle società scientifiche e delle parti sociali.

«Il lavoro più pericoloso è il non lavoro», ha detto il presidente Simlii, Pietro Apostoli, che ha introdotto i lavori e coordinato l'evento. Ma anche chi il lavoro ce l'ha spesso non lo svolge nelle condizioni ideali. «La forte contrazione del settore primario e dell'industria, la diffusione delle forme di appalto e prestazione d'opera, forme contrattuali precarie e a tempo determinato, l'irrompere nel mondo del lavoro dell'immigrazione e l'avanzare dell'età dei lavoratori cambiano in profondità rischi e le malattie correlate». La medicina del lavoro dovrebbe quindi focalizzarsi su questi mutamenti epocali per cogliere i segnali dei nuovi malesseri da lavoro e fare vera prevenzione.

Le malattie non sono più le stesse. A confermarlo i dati presentati da Antonio Napolitano dell'Inail: nel 2012 gli infortuni tradizionali sono calati del 9% a quota 657mila, i decessi dell'8% (824), le patologie professionali sono state mille in meno rispetto al 2011 ma +53% rispetto al quinquennio precedente. I costi sociali del "lavoro malato" sono stimati in 30 miliardi di euro tra costi sanitari e mancata produttività. In aumento i nuovi malesseri da lavoro moderno e destrutturato, come i disturbi da stress e le malattie muscolo-scheletriche, di cui conosciamo solo la punta dell'iceberg per via del fenomeno della mancata segnalazione.

Di «epidemia nascosta» ha parlato il presidente di Anmil Franco Bettoni, intervenendo alla Giornata, sottolineando l'importanza di una corretta prevenzione primaria rispetto al passato. Un'esigenza condivisa sia dai sindacati presenti all'incontro (Cisl e Cgil) sia da Confindustria, il cui vicedirettore generale Daniel Kraus ha voluto sottolineare come la cultura della prevenzione si sposa sempre di più in azienda con la cultura della legalità e con la Social corporate responsability.

Non aiuta la giungla normativa nostrana, a cominciare dal decreto legislativo 81/08 sulla sicurezza, che - ha evidenziato la Simlii - con i suoi 306 articoli è il più lungo, burocratico e ridondante d'Europa: la Francia si accontenta di 32 articoli, la Germania di 26, il Regno Unito di 30 e la Spagna di 54. Il problema principale risiede nel formalismo degli adempimenti della legge italiana che, nel tempo, ha trasformato il medico del lavoro in una figura afflitta dalla burocrazia a cui resta poco tempo per fare davvero prevenzione in ufficio e in fabbrica.

I senatori presenti, come Maurizio Sacconi, Pietro Ichino e Serenella Fuksia, segretario della commissione Igiene e Sanità, hanno concordato sulla necessità di un cambiamento di rotta: dalla logica della pura vigilanza e della conseguente sanzione a un'azione complessiva e coordinata dei vari attori in campo. Anche perché la burocratizzazione non ha giovato all'efficacia degli interventi preventivi.

Anche il ministero della Salute, rappresentato al convegno da Giancarlo Marano, è consapevole della difficoltà: «La vigilanza va ripensata in termini di controllo per aumentare l'efficacia della prevenzione». Un'esigenza condivisa da Fulvio D'Orsi, del Comitato Pisll delle Regioni, che suggerisce da un lato regole più chiare, controlli stringenti e sanzioni anche aspre per le autorizzazioni igienico-sanitarie di apertura di nuove attività, e dall'altro un lavoro comune fra medici del lavoro e medici dei servizi.

I limiti dell'attuale medicina del lavoro sono stati riconosciuti dall'ex ministro dell'Ambiente, Corrado Clini: «La speranza degli anni in cui persone come Casula e Foà hanno operato era di migliorare la salute dei lavoratori e dell'intera popolazione modificando gli stessi processi produttivi, come è avvenuto a Porto Marghera con la grande inchiesta sul cloruro di vinile monomero. Purtroppo progressivamente la medicina del lavoro è stata fagocitata dalla parte ispettiva, come se la sua attività si potesse ridurre solamente a compiti di polizia giudiziaria».

Per colmare almeno in parte le lacune del sistema formativo dei medici tutti e dei medici di famiglia in particolare, spesso non edotti sui rapporti di causa-effetto dei fattori di rischio presenti negli ambienti di lavoro - la Simlii ha messo a punto nuove linee guida diffuse attraverso un programma di formazione a distanza che, come ha ricordato Apostoli, ha già erogato 35mila crediti Ecm.

L'indipendenza del medico del lavoro, ancora troppo subordinato al datore di lavoro, è un valore da riscoprire. La Simlii ribadisce la naturale terzietà del "medico competente", la sua funzione pubblicistica e la figura di consulente globale che può svolgere in azienda e, anche, fuori dai luoghi di produzione, visto che la medicina del lavoro ha sviluppato le metodologie per intervenire anche nella valutazione del danno ambientale. «Il caso dell'Ilva di Taranto - afferma la società - è paradigmatico di questa situazione: tutta l'azione politica e legale si è concentrata sugli studi epidemiologici condotti sulla popolazione, di fatto ignorando la condizione dei lavoratori direttamente esposti agli agenti di rischio chimici invocati per il presunto danno alla salute dei residenti nei quartieri più vicini al sito industriale».