Lavoro e Professione

Inps/Indpad: nessun rimborso sul Tfs/Tfr

di Claudio Testuzza

Beffa per i dipendenti che hanno puntato alla restituzione della trattenuta del 2,50% a titolo di contribuzione sul Tfr prevista dal Dl 78/2010. Nonostante le numerose diffide pervenute, l'Inps - gestione dipendenti pubblici ex Inpdap - non vuole restituire nulla sia ai lavoratori in gestione Tfs che a quelli in regime Tfr, con buona pace della sentenza della Corte costituzionale 223/2012 che aveva stabilito l'incostituzionalità del prelievo forzoso sui trattamenti di fine rapporto e fine servizio.

L'Istituto di previdenza, con il messaggio n. 10065, risponde in questo senso ai dipendenti che, sollecitati soprattutto dalle organizzazioni sindacali, hanno chiesto il rimborso della trattenuta del 2,50% a loro effettuata a titolo di contribuzione Tfr.

Sulla questione è intervenuto dapprima il Dl 185/2012 e poi la legge 228/2012 (legge di stabilità 2013, articolo 1, commi 98-101), i quali hanno abrogato in toto l'articolo 12, comma 10, del Dl 78/2010, azzerandone tutti gli effetti e riportando, in pratica, sempre dal 1° gennaio 2011, i dipendenti pubblici interessati nel regime Tfs.

Contemporaneamente è stata anche disposta l'estinzione di diritto di tutti i ricorsi in essere, fatti salvi quelli già passati in giudicato.

Sulla base del nuovo quadro normativo, l'istituto di previdenza ha, giustamente, rispedito ai richiedenti le lettere di diffida ricevute per la restituzione delle trattenute a titolo di Tfr. Ma la questione che è stata, comunque, posta è un'altra: può una legge del 24 dicembre 2012 (appunto la 228/2012) disporre un reinquadramento del personale in regime Tfs con decorrenza 1° gennaio 2011? Come si concilia questa previsione con il principio della irretroattività delle norme sancito dall'articolo 11 delle disposizioni preliminari del Codice civile, derivazione dell'articolo 25 della Costituzione?

Ma se i dipendenti assunti a tempo indeterminato fino al 2000 potrebbero anche avere ragione di reclamare per le trattenute effettuate nel 2011 e nel 2012, di gran lunga maggiori rivendicazioni dovrebbero vantare i soggetti divenuti dipendenti pubblici dal 2001. Per loro si applica, sin dall'assunzione, il regime Tfr, così come previsto dal Codice civile.
Ma per garantire l'invarianza della retribuzione netta rispetto ai loro colleghi in Tfs, il datore di lavoro è stato obbligato a ridurre lo stipendio lordo di un importo pari al 2,50% della base imponibile. Cioè l'importo proprio della contribuzione a carico del dipendente in regime di Tfs.

È evidente una "molto particolare" salvaguardia della parità del risultato in busta paga dei dipendenti pubblici in regimi previdenziali diversi, ma è altrettanto evidente la disparità di trattamento fra lavoratori pubblici e quelli del settore privato, ai quali viene applicata la medesima normativa di stampo civilistico. È certo che i giudici costituzionali saranno nuovamente chiamati a esprimersi e potrebbero offrire una risposta ancora più ampia sulla questione.

La partita, però, non si gioca solo sul mero piano giuridico. In prospettiva ci sono, infatti, maggiori oneri per le casse dello Stato che potrebbero ammontare a qualche miliardo di euro.