Lavoro e professione

Riforma Pa e rottamazione dei primari, Troise (Anaao): «Si indebolisce il pubblico e si rendono i medici succubi della politica

«Provvedimenti che vanno - ancora una volta - contro la sanità pubblica perché hanno di mira solo il costo del lavoro». Parla chiaro Costantino Troise, segretario nazionale Anaao Assomed, tirando le somme per il sito de Il Sole-24 Ore Sanità dei capitoli che nel decreto legge 90/2014 di riforma della Pa in cui si parla di personale (VEDI ) se la prendono con i primari con più di 42 anni di contributi e con i distacchi sindacali.

«E' fuori dubbio - afferma Troise - che la norma è sbagliata. L'abbiamo criticata già quando è uscita nel 2010 (premier Tremonti, ministro Brunetta), perché affidarsi alla discrezionalità dei direttori generali per rimanere o meno in servizio significa rendersi succubi della politica, senza un criterio. Estendere la possibilità di rottamazione ai direttori di struttura complessa significa aumentare il livello di mercato del personale pubblico e il rischio di sudditanza della competenza professionale alle esigenze economicistiche».

Secondo Troise la norma è ancora di più sbagliata perché la possibilità di andare in pensione col massimo dei contributi molti l'hanno pagata di tasca loro riscattando anni pregressi. «L'hanno pagata - afferma - per avere la libertà di scegliere quando andare via e fino a quando rimanere. Se qualcuno cambia le regole senza restituire quello che si è pagato - spiega - in qualche modo espropria una libertà personale senza nemmeno indicare un criterio generale che possa fare da guida alle decisioni di direzioni generali e Regioni».

Ancora una volta secondo Troise si risponde solo all'obiettivo di ridurre il costo del lavoro: «La sanità italiana - afferma il segretario Anaao - si sta riducendo alla siringa e ai medici: il costo della famosa siringa diverso in tutta Italia e il costo dei medici da saldare al massimo ribasso, con meno unità, meno stipendi e meno valore anche economico per quanto riguarda il costo del singolo».

Per di più, secondo Troise, oltre al danno, la norma configura anche un comportamento «schizofrenico»: «Un provvedimento così che già c'è dal 2010 e ora viene allargato ai primari - non più di 2mila persone in realtà - aumenta la platea di quelli che "possono", non "devono" in maniera automatica, essere messi in quiescenza. E ben prima dell'età anagrafica: da una parte si dice che con la Fornero si arriva anche ... a 80 anni, dall'altra si mettono per la strada competenze professionali del servizio pubblico di persone al massimo sessantenni, con il risultato che poiché i medici non vanno certo ai giardinetti, andranno a lavorare nel privato e al pubblico faranno concorrenza».

«L'ossessione sui costi - commenta Troise - sta facendo perdere il lume della ragione senza rendersi conto che ogni unità medica che se ne va, sono competenze che se ne vanno con lei. Non sostituite né facilmente sostituibili. E' chiaro poi che se non c'è un automatismo tra il risparmio sui costi e l'investimento sui giovani il saldo sarà una diminuzione dei posti di lavoro di almeno la metà, cancellati, aggregati, accorpati dalle Regioni. La fantasia istituzionale non ha limiti e si andrà a una riduzione delle teste che lavorano con un aumento dei disagi per i cittadini».

Il problema riguarda, secondo il segretario Anaao, il sistema nel suo complesso. Un sistema che ha «molte attenzioni alla funzionalità degli uffici giudiziari - è l'esempio di Troise - ma non delle strutture sanitarie: una causa quindi ha più diritti di una malattia. Non si capisce perché in alcuni settori c'è un gradualismo e in altri no», afferma.

E poi, chiede Troise: come è possibile che rispetto al testo originario, dalle previsioni siano scomparsi gli universitari? «Avrebbero dovuto essere rottamati anche loro, ma a quanto pare quando c'è da pagare scompaiono sempre, mentre quando c'è da incassare sono sempre li».

Infine i permessi sindacali dimezzati: «Altra paranoia - afferma -. Il Consiglio dei ministri ha approvato il 5 maggio scorso un contratto sui permessi e distacchi e poi dopo un mese dice che ha cambiato idea e li taglia a metà. E' una questione di credibilità, anche dei contratti».