Lavoro e professione

Previdenza complementare, iceberg tassazione in vista

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

La sanità e la previdenza integrativa godono di un trattamento fiscale di particolare favore in ragione delle finalità di welfare che perseguono. In relazione ai fondi sanitari, in conformità a disposizioni di contratto o di accordi aziendali, i contributi a carico del datore di lavoro o del lavoratore non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente e quindi beneficiano del regime di esenzione fiscale per un importo complessivamente non superiore a euro 3.615,20. Gli Enti, Casse o Società di mutuo soccorso, aventi esclusivamente fine assistenziale possono erogare anche prestazioni sostitutive di quelle erogate dal Ssn ma almeno il 20% delle risorse complessive della cassa assistenziale deve essere destinato a prestazioni di assistenza odontoiatrica o socio-sanitaria in favore di soggetti non autosufficienti o finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio. Se tale condizione di maggior favore non sembra possa essere intoccata dalle disposizioni future, previste dalla riforma fiscale in discussione, tale sicurezza non è possibile averla per la previdenza integrativa. Ricordiamo che nel merito del trattamento fiscale al risparmio previdenziale va evidenziato lo schema delineato dal nostro legislatore che è del tipo ETT: Esenzione in fase di contribuzione – Tassazione dei rendimenti – Tassazione delle prestazioni. I contributi versati a un fondo pensione/pip sono infatti deducibili dal reddito complessivo tassato con l’Irpef ordinaria fino a un importo massimo di 5.164,57 euro l’anno. I rendimenti delle forme previdenziali sono soggetti ad un’imposizione annuale di tipo sostitutivo delle imposte sui redditi mediante l’applicazione di un’aliquota del 20% (e non del 26% come per gli altri redditi di natura finanziaria). Per quel che riguarda le prestazioni ( 100 % capitale o max 50 % capitale e 50 % rendita), dal 2007 sono soggette ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta con aliquota del 15 %, aliquota ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari per i quali l’aderente non abbia esercitato il diritto di riscatto totale della posizione individuale, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali ( aliquota minima del 9% ).
Per i fondi pensione non si profilano futuri favorevoli. Infatti nel documento di indirizzo politico sulla riforma fiscale, elaborato dalle Commissioni parlamentari, è stata inserita una affermazione pericolosa con cui si rimanda l’attuale condizione fiscale a una verifica delle compatibilità finanziarie e, soprattutto, si auspica che la tassazione attuale, per la fase di erogazione delle prestazioni, sia uniformata alle attuali aliquote Irpef : aliquote che vanno dal 23 al 41 per cento e oltre! In pratica si tratterebbe di distruggere la previdenza complementare come si era già proposto nel passato, con la Riforma Visco, con l’introduzione della tassazione ordinaria per fortuna annullata dalla aliquota sostitutiva del 15 > 9 per cento. Peraltro qualora passasse questa castratoria modifica si realizzerebbe, ai fini del reddito complessivo del pensionato una sommatoria del trattamento pensionistico ordinario con quello dato dalla previdenza complementare, con incremento della base reddituale e marcato innalzamento delle stesse aliquote Irpef. Ci si sarebbe aspettato che le Commissioni si fossero interessate della tassazione sui rendimenti e sull’aumento del contributo massimo che si può ridurre dal reddito fermo dal 2005. Così come avviene per le Casse privatizzate (leggi per i medici l’ Enpam), la cui tassazione per i redimenti è stata portata all’apice del 26 per cento, anche per la previdenza complementare sembra di comprendere che permanga nella politica una confusione tra risparmio previdenziale e risparmio finanziario/speculativo con un accanimento come anche dimostrato dalla tassazione zero dei Pir, i piani di risparmio individuale.


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