Lavoro e professione

Ddl di Bilancio/ Tra stabilizzazioni e contratti per il personale la coperta resta troppo corta

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Il Consiglio dei ministri ha approvato il 28 ottobre scorso il Ddl relativo alla legge di Bilancio per il 2022. Rispetto agli scorsi anni i contenuti e le finalità della manovra sono piuttosto diversi dal passato per le ragioni a tutti note. Si tratta di 185 articoli che andranno all’esame dei due rami del Parlamento e delle Commissioni. Da innumerevoli anni il testo del Ddl governativo veniva ridotto a un solo articolo con centinaia di commi perché il Governo, in prossimità della fine dell’anno, era costretto a porre il voto di fiducia. Chissà se gli scenari attuali e la strana e inconsueta maggioranza che sostiene questo Governo renderanno possibile superare la assurda tradizione del passato di avere una legge fatta di un solo articolo con infiniti commi, anche difficili da leggere essendo privi di rubrica e sistematicità (l’ultima volta sono stati 1.150 ma nel 2017 si arrivò addirittura a 1.181 commi).
Nell’ambito delle previsioni governative, come tradizione, un aspetto particolare riguarda la sanità e il lavoro pubblico. Ferma restando la possibilità di modifiche o integrazioni durante l’iter di approvazione, proviamo ad esaminare gli specifici interventi su queste due materie. Alla Sanità sono dedicati gli articoli da 79 a 97 ma per 14 di essi è presente solo il titolo. Con la prima norma titolata “Incremento Fondo sanitario nazionale” – formulazione abbandonata peraltro da anni - il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui concorre lo Stato viene portato a 124.061 mln per il 2022; ma in quell’importo sono ricompresi tutti gli interventi previsti da vari articoli – non ancora specificati nel testo – mentre risorse finanziarie dedicate riguardano: 1) l’acquisto dei farmaci innovativi (100 milioni); 2) contratti di formazione specialistica dei medici (194 mln); 3) le prime misure previste dal Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (200 ml di euro fino a un massimo di 350 mln). Molte perplessità derivano dalla onnicomprensività dell’importo di 124 mld, cioè se sono ivi ricompresi gli oneri per i rinnovi contrattuali e quelli extracontrattuali - di cui si dirà oltre – per la revisione dell’ordinamento professionale. Ogni anno si ripropone tale dilemma e se davvero con 124 miliardi si dovrà finanziare tutto allora la previsione già da ora appare del tutto insufficiente.
Poi c’è la questione della stabilizzazione dei precari assunti per l’emergenza Covid-19. Gli artt. 85 e 86 propongono soltanto il titolo – peraltro identico – di “Proroga dei rapporti di lavoro flessibile e stabilizzazione del personale del ruolo sanitario” con l’annotazione “in verifica Salute/Mef” e la citazione del Mef non fa presagire nulla di lineare o semplice. Si tratta verosimilmente della proposta avanzata dalla Fiaso (vedi in proposito l’articolo del 20 ottobre su questo Sito) relativa a circa 53.000 lavoratori da stabilizzare, definendone i requisiti. Una possibile criticità dell’operazione riguarderà probabilmente tutti i contratti di lavoro instaurati al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che è l’unica tipologia che può rientrare nel concetto di lavoro flessibile.
Nella prima stesura dell’articolato della legge di Bilancio per il 2022 una norma specifica è dedicata alle “Misure in materia di applicazione dei rinnovi contrattuali” (art. 153). Speriamo che non si verifichi di nuovo l’equivoco della scorsa tornata contrattuale: lo stanziamento a regime per i rinnovi 2022-2024 pari ad 500 mln riguarda esclusivamente le amministrazioni centrali, in pratica i dipendenti centralizzati appartenenti ai comparti A e C nonché il personale statale in regime di diritto pubblico. Per gli altri dipendenti pubblici dei comparti B e D, cioè servizio sanitario e autonomie locali – circa un milione di addetti – gli oneri contrattuali sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell'articolo 48, comma 2, del decreto 165/2001. La quantificazione è operata dai rispettivi Comitati di Settore sulla base delle medesime modalità di calcolo attuate per le amministrazioni centrali. Questa è la regola legislativa ed è sempre avvenuto così. È singolare rilevare che si comincia a parlare del rinnovo per il triennio 2022-2024 quando la situazione del triennio precedente è tutt’altro che chiusa. Infatti, se le trattative per il comparto sono in stallo – e con l’Atto di Indirizzo del Comitato di Settore del 7 luglio da riscrivere completamente - di quelle per le aree dirigenziali non si hanno addirittura notizie.
Per fortuna sembra in qualche modo sbloccata la questione del congelamento al valore 2016 degli incrementi dei fondi per il trattamento accessorio. L’art. 151 rende concreto l’intervento previsto dall’art. 3 della legge 113/2021 e, quindi, le risorse destinate ai trattamenti accessori del personale possono essere incrementate, rispetto a quelle destinate a tali finalità nel 2021, con modalità e criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale. Questa formula contiene già qualche ambiguità e, in ogni caso, opererà “nei limiti di una spesa complessiva di 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2022”, naturalmente al lordo degli oneri sociali e fiscali che pesano per circa un 37%. Per la Sanità l’importo dovrebbe aggirarsi su 485 mln visto che, a fronte di 224.738 unità lavorative delle Funzione centrali, nel comparto del S.s.n. si contano 544.482 dipendenti. In proposito è solo il caso di ricordare che nel “Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, firmato il 10 marzo 2021, nell’ultimo capoverso del paragrafo 1 si parlava del “superamento dei limiti di cui all'art. 23, comma 2, del d.Lgs. 75/2017” e quanto stabilito non sembra proprio un “superamento” semmai una attenuazione. E, a proposito degli impegni assunti dal Governo a marzo, non c’è alcuna traccia di estendere “anche ai comparti del pubblico impiego le agevolazioni fiscali previste per i settori privati a tali fini” (paragrafo 6).
Infine, viene affrontata con l’art. 154 la questione dell’ordinamento professionale per la cui revisione – sempre riferita alle sole amministrazioni centrali - è previsto “un apposito fondo con una dotazione di 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022”. Anche in questo caso per le aziende ed enti del Ssn si tratterebbe di poco meno di 500 mln ma le questioni aperte sono ben più complesse di quelle degli altri comparti: dalla valorizzazione dei medici e degli infermieri – i quali, immortalati lo scorso 30 ottobre con i 20 “Grandi” della Terra, si aspettano qualche riconoscimento “concreto” – alle conseguenze dell’istituzione del nuovo ruolo socio-sanitario per finire con l’acquisizione dei collaboratori di ricerca nei cui confronti non esiste nel monte salari storicizzato alcuna risorsa. Tuttavia, come già sottolineato, se dovesse risultare che questo miliardo circa necessario per il “superamento” dell’art. 23, comma 2 e per la revisione dell’ordinamento è ricompreso nei 124 mld, allora non ci siamo proprio; senza contare i 600 milioni di euro stimati da Fiaso come costo per le stabilizzazioni.


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