Lavoro e professione

Tra medici gettonisti e carenza di infermieri, tre proposte per una sanità più efficiente

di Marcello Crivellini *

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24 Esclusivo per Sanità24

I medici "gettonisti" costituiscono il sintomo più appariscente di una generale carenza organizzativa e decisionale del Servizio sanitario nazionale (Ssn) in ambito ospedaliero.
Sono medici estranei al sistema pubblico che coprono a chiamata anche più turni consecutivi e risolvono le carenze di personale medico nel Pronto Soccorso, ma non solo.
Per le loro prestazioni, con pochi controlli di qualità, ricevono un compenso che in pochi giorni eguaglia quello mensile di un normale medico ospedaliero. Dunque in tal modo quasi tutti sono contenti: i Direttori generali e sanitari che trovano qualcuno disponibile ad accollarsi continuità e responsabilità del servizio, i medici "gettonisti" che guadagnano molto di più dei loro colleghi e forse anche alcuni di questi ultimi che vedono coperti turni più ostici (notturni, festivi..).
Giuseppe Milanese, Presidente di Confcooperative Sanità, pochi giorni fa meritoriamente a proposito del fenomeno dei "gettonisti", lo ha definito "un modello speculativo che non aiuta e non fa crescere il Ssn, ma distrae risorse importanti fuori da ogni programmazione". Non si sarebbe potuto dire meglio.
In tale situazione ci sono due soli sconfitti: gli utenti che senza saperlo ricevono un servizio qualitativamente discutibile, e la spesa sanitaria (in definitiva anche questa a carico dei cittadini). Questa situazione non è isolata ma da anni (decenni) presente con continuità anche nel settore infermieristico, dove l’utilizzo di personale proveniente da cooperative è diffuso e a volte copre la gestione di interi reparti.
Tutti concordano che la qualità del personale è condizione necessaria per una buona sanità e per tutelare la salute dei cittadini, tuttavia nessuno si pone il problema di analizzare l‘origine di tali evidenti criticità e i più si limitano a invocare genericamente maggiori stanziamenti.
Partiamo dagli ultimi dati dell’Ocse: il numero di medici è in Italia di 4 per mille abitanti, in linea con la media europea e quella dei principali paesi comparabili. Il numero di infermieri è invece molto più basso (6,3 contro la media di 8,3 e valori circa metà di Francia e Germania e di un terzo rispetto alla Svizzera).
La conclusione è che la vera emergenza sta nella drammatica carenza di infermieri (andrebbero quasi raddoppiati); certo, come si è visto, esistono problemi anche per il personale medico, ma si tratta soprattutto di distribuzione in alcuni settori: medici di medicina generale, emergenza (Pronto soccorso), altri settori specifici del settore pubblico.
Si tratta cioè di una storica carenza di programmazione, su cui i decisori regionali e centrale si sono adagiati, preferendo limitarsi alla gestione delle emergenze che loro stessi hanno contribuito a creare.
Quali soluzioni concrete e ragionevoli si possono indicare?
La prima è approvare un programma pluriennale per gli infermieri che ne preveda l’assunzione di circa 100mila nell’arco di 5 anni nel settore pubblico.
I benefici non si limiterebbero al settore ospedaliero ma impatterebbero anche sulle varie forme di assistenza domiciliare, servizio essenzialmente rivolto alla cronicità, non autosufficienza e popolazione anziana: attualmente in questo settore il confronto dell’Italia con gli altri paesi comparabili è impietoso sia per la percentuale di popolazione assistita che per il numero di ore annuali fornite, pur essendo il paese con la maggior percentuale di popolazione anziana. Per gli infermieri è anche opportuno un adeguamento salariale che renda economicamente più attraente questa professione.
La seconda è adottare nuove regole per la gestione, la distribuzione e l’assunzione mirata per specialità di personale medico.
Andrebbero certamente cambiati i vincoli di spesa per il personale, introdotti circa quindici anni fa con lo scopo di contenere il deficit sanitario complessivo (allora di circa 6 miliardi l’anno); da allora il deficit si è ridotto sino a circa 1 miliardo, concentrato peraltro per lo più nelle regioni a statuto speciale (Sardegna e Province Autonome). Se il vincolo per il personale ha avuto in passato una giustificazione ora non l’ha più, almeno per la gran parte delle regioni per le quali è ormai solo un freno alla giusta organizzazione dei servizi.
Anche la formazione del personale andrebbe velocizzata e incentivata soprattutto per le specialità carenti.
In particolare, per aumentare ruolo e servizi dei Mmg potrebbe adottarsi una soluzione semplice ed economica: finanziare a ciascuno studio un servizio di segreteria che consenta ai medici di dedicare tutto il loro tempo alle visite, liberandoli da ogni incombenza burocratica, e che fornisca ai cittadini un servizio di prenotazione immediata delle prescrizioni del caso, liberandoli dall’attuale percorso ad ostacoli.
Nei fatti al costo di una segretaria (scelta e gestita da ogni medico) si ricava tempo medico ulteriore e rispetto degli utenti. Proposta semplice, di costo contenuto e che potrebbe essere implementata da subito, anche da singole regioni.
La terza proposta riguarda i Pronto soccorso che, soprattutto nelle grandi città, soffrono per due cause: l’attuale inadeguatezza degli altri canali di accesso al sistema (Mmg e medicina territoriale) e la cattiva di interazione tra Ps e reparti della struttura in cui operano.
La prima causa può essere ridotta rafforzando, come sopra proposto, ruolo e tempi dei Mmg. Per la seconda vanno prese adeguate misure organizzative e dato più potere decisionale ai responsabili del PS all’interno della struttura con figure dedicate e strumentazione informatica adeguata.
In questa sede non è possibile entrare nei dettagli, ma tutte queste proposte portano all’esigenza che i decisori nazionali e regionali assumano politiche sanitarie e di salute chiare, trasparenti e pluriennali.
Per questo l’Associazione Coscioni, purtroppo quasi da sola, insiste affinché il Ministero della Salute finalmente predisponga, presenti e faccia approvare in Parlamento il Piano sanitario nazionale, uscendo dal una illegalità che si protrae da 14 anni.
È nel Piano che tutte le misure necessarie per la migliore organizzazione del Ssn vanno elencate, quantificate e scadenzate negli anni.
Senza una visione complessiva fornita a tutti gli attori del sistema (pubblico, privato, regioni, operatori, cittadini) le richieste di un generico aumento dello stanziamento, ove riversato nell’attuale sistema senza vincolarlo ad obiettivi precisi, paradossalmente potrebbe contribuire a procrastinare tutte le attuali criticità.
Disporre di più soldi per la sanità va certamente bene, ma rispettare le regole che già ci sono e introdurre modifiche mirate al superamento delle attuali criticità del sistema, è anche meglio.

* Docente di analisi e organizzazione di sistemi sanitari presso il Politecnico di Milano e Consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni


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