Medicina e ricerca

Il dolore cronico nel genere femminile

di Sofia Guidetti

Emicrania, dismenorrea, dolore cronico pelvico da endometriosi, sindrome del colon irritabile e fibromialgia sono solo alcune delle patologie di cui soffrono le donne, che non sono facilmente trattabili e troppo spesso sottodiagnosticate. Da un'indagine conoscitiva sulle donne italiane e il dolore fisico, condotta dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna, emergeva che una donna su tre prova dolore a causa di una patologia cronica e sei donne su dieci non sono soddisfatte di come il proprio dolore sia stato gestito. A questi dati si aggiunge poi quello del 57 per cento delle donne che ha avuto effetti collaterali dopo l'assunzione del farmaco.

È più difficile dunque curare il dolore nelle donne rispetto a quello degli uomini? Le differenze di genere nella percezione e risposta al dolore sono da ascriversi principalmente alla sola azione degli ormoni? «Il dolore - racconta Antonio Corcione, presidente della società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva nonché direttore Anestesia e Rianimazione all'ospedale Monaldi di Napoli, è un’esperienza complessa, che deriva dall'integrazione di componenti fisiche, psichiche e socio-culturali. Tra le prime sembrano essere rilevanti, per esempio, le dimensioni corporee e lo spessore della cute, mentre tra quelle psicologiche possono assumere un ruolo molto importante l'ansia e la depressione: tutti elementi che possono differire in modo sostanziale nell'uomo e nella donna. Tuttavia, anche fattori sociali e culturali hanno un impatto significativo, soprattutto sul modo di interpretare e comunicare il dolore. Oggigiorno sappiamo che gli stimoli nocicettivi vengono percepiti e integrati in modo molto diverso nei due sessi e che il dolore cronico affligge in percentuale significativamente più elevata il sesso femminile: eppure, risulta che le donne hanno ancora una probabilità più bassa di ricevere le terapie adeguate».

«Le differenze ormonali e anatomiche - spiega Rita Melotti, Direttore della Scuola di Specializzazione Anestesia Rianimazione e Terapia Intensiva del Dolore all'Università di Bologna, sono importanti per spiegare la maggior prevalenza di dolore cronico nel sesso femminile. Basti pensare – aggiunge - che la somministrazione di estrogeni sia nelle donne che negli uomini aumenta il rischio di dolore cronico mostrando un'azione iperalgesica. La dismenorrea è condizione comune soprattutto nelle adolescenti e nelle giovani adulte affliggendo il 40-90 percento delle donne e risultando estremamente dolorosa nel 15 per cento dei casi. Lo stesso dolore cronico pelvico non di natura mestruale è dovuto frequentemente a condizioni ginecologiche. Un’altra problematica che affligge il sesso femminile è la vulvodinia che colpisce sino al 18 per cento delle donne e che può essere riportata come una sensazione di bruciore che persiste nel tempo. Il dolore riferito alla schiena e al cingolo pelvico durante la gravidanza porta circa un quarto di tutte le gravide a richiedere una valutazione/trattamento medico. Tale problematica si protrae nel venticinque per cento dei casi nel postpartum risultando severa nel cinque per cento dei casi».

Il fatto che molte più donne siano sofferenti di dolore cronico rispetto agli uomini ha interessato sempre più i ricercatori e recenti studi dimostrano che le diverse percezioni del dolore possono essere in parte spiegate dal differente assetto anatomico e ormonale. «Un'ipotesi quest'ultima – sottolinea Antonio Corcione - supportata sia dal fatto che alcune di queste differenze sembrano attenuarsi alla fine della vita riproduttiva, sia dal riscontro che l'analgesia indotta da stress riconosce una modulazione da parte degli estrogeni e che alcune condizioni di dolore moderato, come quello mestruale, sono accompagnate da variazioni negli ormoni sessuali. La ricerca ha ormai indicato con certezza che, in genere, nelle condizioni dolorose croniche le donne presentano un numero maggiore di ricorrenze, ma anche un dolore più intenso e più persistente rispetto agli uomini. Più di recente – evidenzia il presidente Siaarti - sono stati studiati altri aspetti molto importanti quale, ad esempio, la differenza di genere nella risposta alla terapia permettendo la scoperta di differenze sostanziali nell'uso di molti farmaci. Per esempio, differenze di risposta alla terapia analgesica sono state documentate per due classi di analgesici molto importanti: gli antinfiammatori non steroidei e gli oppioidi. In un'altra serie di studi effettuati su dolore post- operatorio in pazienti con il sistema di somministrazione controllato direttamente dal paziente - prosegue Antonio Corcione - si è visto che i maschi consumavano circa 2,4 volte più oppioidi rispetto alle femmine. In effetti, è stato dimostrato che i maschi hanno bisogno di almeno il 60 per cento in più di morfina delle donne per ottenere lo stesso sollievo dal dolore. Questo significa che le donne sono più sensibili degli uomini alla morfina. In letteratura, tuttavia, sono presenti anche articoli in cui questa differenza non è presente”.


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