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Giornata prevenzione alcolica/ I gastroenterologi: stimati in Italia circa 500.000 soggetti con cirrosi epatica

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In occasione della Giornata della Prevenzione alcolica, la Società italiana di Gastroenterologia e Endoscopia digestiva (Sige) si unisce alle iniziative globali per aumentare la consapevolezza sui rischi legati al consumo di alcol, compreso il vino, specie fra i giovani, per evidenziare le conseguenze anche di un consumo moderato sulla salute del fegato e quindi sullo sviluppo di epatopatie, sia acute che croniche.
L’alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute a livello globale e la sua influenza sulla funzione epatica è di particolare rilievo. «Anche quantità moderate di alcol possono danneggiare il fegato o accelerare la progressione di malattie epatiche già presenti come la steatosi epatica non alcolica fino alla cirrosi e al cancro del fegato», afferma Carmelina Loguercio, docente presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli. «Riguardo all’alcol, l’unico strumento per i pazienti è l’astinenza dall’alcol – conferma Domenico Alvaro, ordinario di Gastroenterologia e preside della Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’Università di Roma La Sapienza - obiettivo che purtroppo è difficile da raggiungere». Grosse novità sono state illustrate al convegno della Fismad dove la Società italiana di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva (Siged) è stata protagonista pochi giorni fa, in merito alla gestione delle malattie epatiche avanzate da alcol, «perché se fino a pochi anni fa, per i pazienti con consumo attivo il trapianto era un tabù, oggi si sta cambiando atteggiamento, anche se purtroppo in vari centri trapianti il paziente non completamente astinente non viene trapiantato. I dati attuali ci dicono che i famosi sei mesi di astinenza da alcol non sempre sono obbligatori per poter mettere un paziente con malattia avanzata di fegato in lista trapianto. Si è visto che in caso di malattia acuta subcronica da alcol, il trapianto può essere comunque consigliato perché i dati a lungo termine ci dicono che comunque si riduce in maniera significativa la mortalità».
In Italia, il consumo di vino è spesso percepito come una parte integrante dello stile di vita, ma è essenziale riconoscere che nessun livello di consumo alcolico può essere considerato completamente sicuro per la salute. Studi recenti indicano che anche piccole quantità di alcol possono avere effetti deleteri a lungo termine, soprattutto se il consumo inizia in giovane età. I dati pubblicati da Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di Sanità (Ona-Iss) confermano questa preoccupazione: nel 2022 circa 8 milioni di italiani di età superiore a 11 anni (pari al 21,2% degli uomini e al 9,1% delle donne) hanno bevuto una quantità di alcol tale da mettere la propria salute a rischio. Inoltre, sono 3milioni e 700 mila le persone che hanno bevuto per ubriacarsi e per 770mila italiani il consumo di alcol è stato così alto da provocare un danno a livello fisico o mentale.
Da un punto di vista epidemiologico, in Italia il numero di pazienti affetti da cirrosi epatica non è noto con certezza; nel 2022 una prima stima del numero di pazienti con diagnosi nota di cirrosi epatica ne valuta circa 180.000 – dati Associazione Epac.it. «Se parliamo della fase avanzata, cioè di cirrosi epatica, si stima che in Italia esistano in realtà circa 500.000 soggetti, diagnostici e non, con cirrosi, come dato di prevalenza. Una grossa parte di questi probabilmente rappresenta la parte nascosta dell’iceberg ma attualmente possiamo dire che su 500.000 circa la metà sono di eziologia alcolica e l’altra metà sono legate alla sindrome metabolica, ovviamente escludendo le cause virali che sono in netta discesa», precisa il professor Domenico Alvaro.
Il rischio è particolarmente elevato tra i giovani, dove stili di vita scorretti possono promuovere comportamenti di consumo alcolico progressivamente dannoso per la salute globale. «È fondamentale pertanto intervenire precocemente sulle abitudini del consumo alcolico fra i giovani, promuovendo stili di vita salutari e informando sulle potenziali conseguenze negative», sottolinea la professoressa Loguercio.
«Ci sono due cause di malattia epatica che continuano a crearci grossi problemi. Il primo è l’alcol, l’altra è la sindrome metabolica, quest’ultima in progressivo aumento d’incidenza. Di fatto, non ci sono evidenze di una riduzione di consumo di alcol, soprattutto tra i giovani, cosa che rappresenta un problema sociale enormemente importante anche nelle fasce medie o alte di età, soprattutto nel Nord Italia – interviene ancora Alvaro. - L’alcol rappresenta ancora oggi una delle principali cause di malattie epatiche e la disassuefazione dall’alcol è un reale problema che richiede una gestione multidisciplinare del paziente».
La Sige reputa necessaria un’immediata azione preventiva attraverso la promozione di campagne informative e l’implementazione di politiche pubbliche che sostengano l’educazione al rischio alcolico, in particolare tra i giovani e durante gli eventi sociali e culturali. «La prevenzione è la nostra migliore alleata nella lotta contro le epatopatie, specie quelle legate all’alcol. Infatti, solo attraverso la consapevolezza e l’educazione possiamo sperare di ridurne l’incidenza», conclude la professoressa Loguercio.


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