Medicina e ricerca

Oblio oncologico: Perrone e Cinieri, bene tempi più brevi per determinate patologie

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«Siamo soddisfatti per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della tabella delle neoplasie in cui sono previsti termini più brevi per l’oblio oncologico rispetto al limite generale di 10 anni (o di 5 in caso di diagnosi prima dei 21 anni) dalla fine del trattamento. Gli oncologi hanno partecipato al tavolo tecnico del ministero della Salute per definizione di questi nuovi criteri, si tratta di un esempio virtuoso di collaborazione fra società scientifiche e istituzioni a vantaggio dei pazienti. Lo scorso dicembre è stata approvata dal Parlamento la legge sul diritto all’oblio oncologico, una battaglia di civiltà che ha segnato la fine di troppe discriminazioni subite dai cittadini guariti dal cancro. E queste tabelle, elaborate con gli epidemiologi e basate sui dati Airtum dei registri tumori italiani, si inseriscono nel percorso di attuazione concreta della norma». È quanto affermano l’Associazione italiana di Oncologia medica (Aiom) e Fondazione Aiom, in seguito alla definizione di nuovi termini per l’ottenimento dell’oblio oncologico in specifiche neoplasie. «Per alcuni tumori può bastare un solo anno dalla fine dei trattamenti, ad esempio nel cancro del colon retto in Stadio I, in quello della mammella in Stadio I-II, nel carcinoma del testicolo in Stadio I – spiegano Francesco Perrone presidente Aiom e Saverio Cinieri, presidente Fondazione Aiom -. Nel corpo dell’utero invece il termine è di 5 anni e, per le persone di età superiore a 21 anni, di 6 anni per il melanoma e di 7 anni per il cancro del colon-retto di stadio II-III. Per determinate patologie oncologiche sono stati, quindi, definiti tempi più brevi di quelli generali di 10 e 5 anni, perché l’eccesso di rischio di morte per cancro diventa trascurabile dopo pochi anni dalla fine dei trattamenti, raggiungendo un’aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale. Il fatto che una persona che ha avuto una patologia oncologica possa essere considerata guarita rappresenta un radicale cambiamento di paradigma: da ‘cancro male incurabile’ a ‘cancro patologia cronica da cui si può guarire’. Questa consapevolezza può diventare anche un elemento motivante per l’adesione agli screening, una volta che si sia compreso che la guarigione è tanto più probabile quanto più precoce è la diagnosi, e per l’adesione ai trattamenti che stanno modificando in maniera radicale la storia naturale di molti tumori».


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