Medicina e ricerca

Costruire accessibilità vuol dire costruire autonomia, e quindi benessere

di Daniela De Sanctis *

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24 Esclusivo per Sanità24

Camminare fa bene. È l’uovo di Colombo. I benefici sono indubbi, per corpo e mente, e su questo la consapevolezza è sempre più diffusa. Dopo la pandemia molti hanno scoperto quanto sia bello il semplice camminare all’aperto, per lungo tempo soppiantato da sport al chiuso. Proprio per questo è importante che tutti possano farlo, con i mezzi e nei modi in cui possono farlo. Fare un cammino, infatti, non va inteso esclusivamente come un movimento con le gambe ma come immersione lenta in un paesaggio, che si compie con i mezzi a propria disposizione: piedi e scarponi, certo, ma anche biciclette o, per le persone con disabilità motoria, sedie a rotelle. In tutti i casi, sia il movimento sia il trovarsi in un ambiente non circoscritto provoca un circuito di benessere, migliora il ritmo respiratorio e la postura, tiene in attività le articolazioni senza provocare stress. Questo circuito di benessere diventa ancora più esteso quando l’attività viene fatta in gruppo, con il valore aggiunto della condivisione, del ritrovare la capacità di relazionarsi - dalla pacca sulla spalla all’incoraggiamento verbale - e di sostenersi. Ci si sente meglio individualmente e ci si sente parte di un tutto. E questo accade in modo ancora più accentuato quando l’esperienza si prolunga qualche giorno, in forma itinerante, sviluppando la capacità di adattamento e il misurarsi con qualcosa di nuovo e stimolante. Un plus ulteriore è camminare in una comunità eterogenea. Non a caso il turismo sensoriale, nato inizialmente soprattutto per le persone ipovedenti, sta trovando sempre maggior interesse da parte di persone che non hanno disabilità ma vogliono sperimentare esperienze che diano loro una maggiore consapevolezza della propria capacità percettiva.
Anche promuovere l’accessibilità è un atto che promuove il benessere. Questo il senso più profondo dell’iniziativa “Sui passi di Francesco. In cammino per l’accessibilità e per la pace”, che vede 10 viaggiatori - tra cui 6 in sedia a rotelle, 2 ipovedenti in tandem e 2 persone in bicicletta - attraversare un pezzo d’Italia, da Ancona a Roma, per mostrare che, nelle condizioni adeguate, anche una traversata di oltre 400 chilometri in 11 giorni è possibile. E che la vita riserva esperienze ed emozioni anche se le gambe non possono muoversi. Organizzato dalle associazioni di volontariato Free Wheels e NoisyVision, questo viaggio vuole destare l’attenzione su ciò che si può fare per aprire il più possibile strade, strutture ricettive e servizi alle esigenze di ogni tipo, da quelle di mobilità a quelle alimentari.
Le persone con disabilità, come tutti, hanno bisogno prima di tutto di sapere che possono vivere qualcosa di bello. Se questo bisogno è soddisfatto, il fisico sta automaticamente meglio. Se ne è accorto Marco Mazzato che, rielaborando un modello americano, ha inventato un tandem a guida posteriore, per condividere con il figlio, non in grado di muoversi in autonomia, la passione per la bici. In pochi anni questo ragazzo con autismo, oggi diciottenne, ha ottenuto pedalando un miglioramento eccezionale su metabolismo, sviluppo e fiducia in sé stesso; questo tandem infatti, utilizzato anche nel viaggio da Ancona a Roma da persone ipovedenti, dà a chi è davanti la sensazione di poter guidare, stimolando autostima e autonomia.
Ed è proprio questa la parola chiave: autonomia. Tutti hanno bisogno del sostegno del compagno di viaggio, ma raggiungere l’autonomia deriva dal costruire accessibilità. Costruire accessibilità è, quindi, costruire benessere.

* portavoce Free Wheels odv


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