Medicina e ricerca

Autismo, il ruolo chiave (forse) della vitamina D

La vitamina D potrebbe entrare in gioco nella lotta all'autismo, inserendosi tra le tante molecole (in alcuni casi farmaci già in uso per altre malattie) in fase di sperimentazione nella ricerca mondiale sui disturbi autistici. La luce della speranza si è accesa perché somministrando vitamina D a un bimbo molto piccolo - 32 mesi - medici olandesi (atenei di Utrecht e Nijmegen) sono riusciti a far regredire i principali sintomi autistici del bambino. Riportato sulla rivista Pediatrics, il caso suggerisce due fatti importanti: innanzitutto l'autismo potrebbe, almeno in alcuni casi, essere direttamente collegato a una carenza di vitamina D, in secondo luogo potrebbe risultare utile analizzare i bambini con diagnosi di autismo alla ricerca di un'eventuale carenza di questa vitamina e, se presente, agire prontamente per correggerla.

Anche in Italia la ricerca sull'autismo è molto attiva.
Nuovi spiragli arrivano da uno studio firmato da Giuseppe Testa dell'Istituto europeo di oncologia e dell'università degli Studi di Milano, su Nature Genetics , in cui si è studiata una possibilità di cura per una malattia ereditaria, la sindrome di Williams, che per certi versi ha sintomi opposti all'autismo.
Tante le opzioni in gioco, quindi: tra queste la vitamina D, non a caso molto importante per lo sviluppo del cervello (carenze di vitamina D sono associate a anomalie cerebrali molto simili a quelle tipiche dell'autismo). Bisognerà ora estendere lo studio ad altri pazienti, capire se in altri casi di autismo è coinvolta la carenza vitaminica e se ripristinando un corretto apporto vitaminico i sintomi autistici rientrano almeno in parte.

Insomma si tratterebbe di una strada per la scoperta di farmaci in grado, nel futuro, di essere utilizzati contro l'autismo e, in generale, contro le malattie mentali del neurosviluppo. «Abbiamo scoperto a ha spiegato Testa - che il GTF2I non agisce da solo, ma in associazione con un importante enzima, LSD1, che è coinvolto anche in molti tipi di tumore e contro il quale si sono cominciati a sviluppare, anche qui in Ieo, molti nuovi farmaci. Ebbene, siamo riusciti a dimostrare che la somministrazione di farmaci contro LSD1 è in grado di ripristinare il corretto funzionamento di alcuni circuiti molecolari, anche in presenza di anomalo dosaggio di GTF2I, aprendo de facto la strada allo studio di come questi inibitori farmacologici possano essere un giorno impiegati anche nell'autismo e più in generale nelle malattie mentali del neurosviluppo. Difatti, proprio sui neuroni riprogrammati a partire dalla cute dei pazienti reclutati per il nostro studio, partirà ora lo screening farmacologico per nuovi composti».