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Servono 3.600 unità di personale ma in servizio ce ne sono soltanto 2.500, di cui molti precari. Nei presidi Spdc (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) sono attivi la metà dei posti letto previsti: 286 su 529. E in questo contesto gli psichiatri devono farsi carico anche dei pazienti in uscita dagli ospedali psichiatrici giudiziari e della medicina penitenziaria.

E' un quadro regionale a tinte fosche quello tracciato dalla Commissione Salute mentale dell'Omceo di Roma, insieme alla Società italiana di psichiatria. Nel Lazio, lamentano i professionisti in un comunicato, come in altre Regioni commissariate l'aumentata richiesta di cure non ha corrisposto a un incremento del personale, «ostacolando - si legge nel testo - la possibilità di dare risposte tempestive e adeguate a tutti».

Allarme anche per le cure mentali all'infanzia: nella neuropsichiatria infantile sono evidenti, lamentano ancora gli psichiatri, un sovraccarico di richieste e «risposte insufficienti non solo sulla presa in carico ma anche nella tempestività e nell'appropriatezza». In tutto il Lazio esistono solo due centri diurni e nessuna comunità terapeutica, non sono stati mai realizzati gli 8 posti letto per cuti e i team multidisciplinari previsti per adolescenti con profilo psicopatologico lieve.

In generale e in sintesi, la Commissione dell'Ordine capitolino rileva che i centri di salute mentale si sono depauperati di personale, sia per pensionamenti sia per la ridistribuzione su altri servizi. La crescente carenza di organico ha lasciato sguarniti in particolare i fronti della prevenzione e delle psicoterapie, con effetti negativi in segmenti delicati come i disturbi correlati all'invecchiamento della popolazione, l'aiuto alle donne durante i cicli della loro vita e nelle psicosi post-partum, le problematiche sociali e l'aumento del rischio di suicidi, la doppia diagnosi su malattie mentali e tossicodipendenze, i disturbi del comportamento alimentare. Secondo la coordinatrice della Commissione, Rosa Maria Scalise, «Rischiamo di tornare indietro e di trasformarci in dispensatori solo di farmaci, invece di poter curare con tutti gli strumenti che abbiamo e con personale adeguato. Così non è possibile erogare prevenzione e salute».