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I ginecologi non obiettori a Zingaretti: «Garantisca applicazione della 194. Subito un tavolo con le donne»

«In alcuni ospedali c'è solo un medico non obiettore di coscienza e se si ammala o va in pensione tutto si blocca. Ma intanto le donne continuano ad avere esigenze, hanno un termine entro cui poter agire» spiega allarmata Silvana Agatone, presidente di Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l'applicazione della legge 194/78), «l'ultimo caso è quello del Policlinico di Roma, dove il fatto che da 15 giorni non si eseguano più interruzioni volontarie di gravidanza è ancora più grave se si pensa che quella è anche la struttura dove si formano i nuovi medici. La mia domanda è: se non gli si insegna anche ad applicare la legge 194, saranno poi in grado di farlo nel loro lavoro?».
Il rischio è infatti che con percentuali che toccano anche il 91,3 per cento di medici obiettori, ovvero che rifiutano di praticare aborti, ma anche di prescrivere gli anticoncezionali, si perda progressivamente la capacità di intervenire, anche volendo. L'articolo 9 della Legge 194 stabilisce chiaramente che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti ad assicurare il servizio di interruzione di gravidanza entro i 90 giorni, o nel secondo trimestre per motivi di salute, ma nonostante questo si arriva al paradosso dell'«obiezione di struttura», ovvero che non c'è nessun medico che faccia l'Ivg.
Nel Lazio in tre province su cinque (Rieti, Viterbo e Frosinone) è già da diversi anni che non si eseguono più queste operazioni e le donne residenti in quelle aree sono costrette a migrare a Roma o in altre città, se non a volte all'estero. «Ma nessuno interviene, e noi assistiamo inermi a reparti che uno dopo l'atro chiudono senza che nessuna istituzione se ne faccia carico: la responsabilità di questi disservizi non ricade su di nessuno, e alla fine siamo noi pochi medici non obiettori che aiutiamo materialmente queste donne a trovare in tempo una struttura» spiega amareggiata Elisabetta Canitano, membro del comitato scientifico di Laiga. «Per questo abbiamo indirizzato un appello al governatore Zingaretti perché prenda provvedimenti per sanare questa situazione». Laiga ha anche presentato «Pro choice», un gruppo a sostegno del diritto «di poter decidere sul proprio corpo» un comitato formato da cittadine e cittadini, sottolinea Canitano, «apolitico, apartitico, asindacale e aprofessionale» .

La lettera della Laiga al governatore del Lazio, Nicola Zingaretti:
«Egregio Presidente, portiamo alla sua attenzione la situazione di difficoltà in cui versa l'applicazione della Legge 194/78 nel Lazio, come in molte altre Regioni del Paese. Ci sono ospedali che non applicano affatto la Legge 194/78, e la somministrazione in Day Hospital dell'Ru486 è partita solo in due ospedali. Molti ginecologi che applicano la Legge 194/78 sono prossimi al pensionamento e non c'è una presa di posizione della Regione Lazio per la loro sostituzione. Noi abbiamo apprezzato l'obbligo di applicare la legge nei Consultori, ma in tutto il Lazio i ginecologi consultoriali obiettori di coscienza sono tre, mentre negli Ospedali la percentuale raggiunge il 90%. Le donne del sud del Lazio sono costrette a spostamenti in Campania e a Roma, le altre aspettano anche due settimane per ricevere un appuntamento in Consultorio. E anche nei Consultori Familiari non si sa come sostituire il personale che va in pensione, nonostante nel suo decreto si stabilisca il personale obbligatorio per ogni Consultorio.
Non c'è certezza inoltre del diritto per l'interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni. Per l'interruzione terapeutica di gravidanza, ovvero quella oltre i 90 giorni per motivi di salute, non ci sono percorsi protetti. Le donne del Lazio sono costrette a ricorrere a strutture private con costi altissimi e risultati incerti anche per la diagnosi prenatale, e non vengono accolte, nè da un punto di vista sanitario nè da quello psicologico, e costrette a cercare aiuto da sole. La preghiamo di aprire un tavolo con le donne di questa Regione che potranno raccontarle tutto quello che succede, e chiedere, ma anche proporre, soluzioni efficaci».