Sentenze

La Giustizia amministrativa si esprime su obbligo vaccinale e green pass

di Paola Ferrari

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24 Esclusivo per Sanità24

Lo schieramento no vax, dopo le numerose sentenze dei giudizi ordinari del lavoro, approda innanzi alla giustizia amministrativa che si esprime sull’obbligo di green pass e sulla legittimità delle associazioni di proporre opposizione contro gli obblighi vaccinali .
Il “green pass” rientra in un ambito di misure, concordate e definite a livello europeo e dunque non eludibili, anche per ciò che attiene la loro decorrenza temporale, e che mirano a preservare la salute pubblica in ambito sovra nazionale per consentire la fruizione delle opportunità di spostamenti e viaggi in sicurezza riducendo i controlli.
Questa è la massima contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato, sezione terza, n. 3568 del 30 giugno scorso, che ha respinto il ricorso cautelare proposto da alcuni cittadini avverso il conforme parere del Tar Lazio. In particolare, contestavano il Dpcm 17 giugno n. 2921 (Disposizioni attuative dell'articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante «Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da Covid-19) che trovano copertura di fonte primaria nel D.L. n. 52/2021 il cui precetto normativo va applicato per come incorporato dalla legge di conversione n. 87/2021.
I giudici di Piazza Cavour hanno respinto l’affermazione dei ricorrenti secondo le quali "allo stato delle conoscenze scientifiche" non vi sarebbe piena immunizzazione e quindi si creerebbe un “lasciapassare falso di immunità” ritenendo che la stessa si pone in contrasto con ampi e approfonditi studi e ricerche su cui si sono basate le decisioni europee e nazionali volte a mitigare le restrizioni anti Covid a fronte di diffuse campagne vaccinali.
In una complementare prospettiva, si segnala l’opinione del Tar Lazio contenuta nella sentenza n. 6145 15/07/2021 in una causa promossa da un’associazione religiosa contro il piano strategico nazionale dei vaccini per la lotta al Covid-19.
Il Tar ha respinto la possibilità di un’associazione con obiettivi statutari diversi da quelli della protezione della salute di ricorrere a protezione di interessi collettivi in questa materia.
Ha affermato, inoltre, che dall’eventuale accoglimento del ricorso non solo i ricorrenti non ricaverebbero alcuna utilità specifica ma, anzi, un danno irreparabile si produrrebbe per quella (di sicuro non irrilevante) fetta della popolazione che invece – anche per “dovere civico” e senso del bene comune – intende ancora sottoporsi alla vaccinazione onde efficacemente combattere la pandemia in atto.
Non sussistendo un obbligo di vaccinazione, tranne in alcuni determinati ambiti, nessun pregiudizio concreto avrebbero corso gli associati in quanto risulta «sufficiente, onde evitare i paventati pericoli per la propria salute, non prenotarsi per la prima delle due previste dosi. Ciò nella assorbente considerazione per cui la somministrazione del vaccino è facoltativa e non obbligatoria nei riguardi dei ricorrenti medesimi i quali nessuna compromissione subirebbero, per la propria sfera giuridica (e personale), dalla persistente esecuzione del provvedimento generale qui impugnato (piano nazionale vaccini covid 19)».


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