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Frosinone è la città più inquinata d’Italia. Tutti i numeri dell’aria che respiriamo
di Riccardo Saporiti
Ogni anno uccide quasi 60mila italiani e costa alle casse dello Stato almeno 47 miliardi di euro. Legambiente, che ha appena pubblicato il rapporto “Mal’aria di città 2016”, quantifica così i due principali effetti dell'inquinamento dell'aria respirata dagli italiani. E del resto i numeri lasciano pochi spazi alle interpretazioni: nel 2015 ben 48 capoluoghi di provincia, più della metà del totale, ha visto le concentrazioni di Pm10 misurate dalle centraline di rilevamento superare il limite di legge, fissato in 50 microgrammi per metro cubo, per più di 35 giorni. Che rappresentano il numero massimo di superamenti consentiti dalla legge in un anno. Una quota che Frosinone, che si aggiudica il triste primato di città dall'aria più inquinata d'Italia, aveva esaurito già il 16 febbraio dello scorso anno. Detto altrimenti, nei primi 47 giorni del 2015 la centralina Frosinone Scalo aveva suonato la campanella d'allarme in 35 occasioni. A fine anno, si è raggiunta la poco invidiabile quota di 115 giornate con una concentrazione di Pm10 superiore al consentito.
Dove si annidano le particelle inquinanti
E poi ecco Pavia con 114, Vicenza con 110, quindi due capoluoghi di regione come Milano e Torino con, rispettivamente, 101 e 99 giornate di aria irrespirabile. Roma, con i suoi 65 giorni oltre la soglia d'attenzione, si posiziona al 25simo posto. Che significa comunque che per due mesi l'anno nella città eterna non si è respirato. E non è finita qui: tra gli inquinanti registrati dalle centraline gestite dalle agenzie regionali per l'ambiente non c'è solo il Pm10.
Gli apparecchi verificano anche la concentrazione di Pm2,5, ovvero il cosiddetto particolato fine, particelle le cui dimensioni non superano un quarto di centesimo di millimetro. E che, a differenza del Pm10 che ferma la sua “corsa” nei bronchioli, è in grado di penetrare nei polmoni. In questo caso i valori censiti da Legambiente fanno riferimento al 2014 e riguardano il valore medio annuo registrato dalle centraline. Per legge non dovrebbe superare i 25 microgrammi al metro cubo e, almeno da questo punto di vista, la situazione è migliore rispetto a quella vista per il Pm10. Solo Cremona con 27 e Milano e Monza con 26 hanno superato il limite annuale. E, specifica Legambiente nel comunicato che ha accompagnato la diffusione del rapporto, va meglio che in passato: nel 2012 furono 15 i capoluoghi di provincia a superare quota 25, scesi a 11 nel 2013. In questo caso, dunque, il trend è in calo.
Dati preoccupanti sull’ozono
Molto peggio invece per l'ozono, che in una città su tre ha superato il valore soglia. In questo caso, si considera la media dei giorni di superamento del valore medio di 120µg/m3 su un arco di otto ore. La richiesta è che non si vada oltre il limite per più di 25 giornate l’anno. E, sempre nel 2014, questo è accaduto in 28 capoluoghi di provincia, con Rimini e Genova a guidare la classifica con 64 giornate oltre soglia. Ultimo elemento preso in considerazione, il diossido di azoto: per questa sostanza il riferimento è la concentrazione media annuale, che non deve superare i 40 microgrammi al metro cubo. Come invece è avvenuto in dieci città italiane, guidate da Torino (52,3), Roma (49,1) e Milano (47,7).
Ma quali sono le cause dell'inquinamento? In termini assoluti e con dati riferiti al 2013, tra i sei parametri presi in considerazione (benzene, particolato, ossidi di azoto, anidride carbonica, ossidi di zolfo e Nmvoc, ovvero i composti organici volatili non metanici) il principale indiziato è il riscaldamento, responsabile dell'emissione di 1,93 milioni di tonnellate di inquinanti l'anno su un totale di 4,65. In particolare, le caldaie sono la prima causa delle emissioni di CO2, con 1,5 milioni di tonnellate l’anno, e di Pm10, con 115mila. Un valore oltre quattro volte superiore alle 23mila tonnellate di particolato emesse nell'atmosfera dalle auto. Come a dire che quando i sindaci bloccano la circolazione per ridurre l’inquinamento agiscono sulla causa “sbagliata”. O almeno non su quella principale.
Il rapporto di Legambiente si conclude con l'indicazione di alcune proposte per affrontare in maniera strutturale il problema: incrementare il trasporto su ferro, con particolare attenzione alle corse dei pendolari, costruire nuove piste ciclabili nelle aree urbane, limitare la circolazione dei veicoli alimentati a gasolio, estendere su tutto il territorio nazionale il modello dell’Area C di Milano. E stabilire per legge che tutti i proventi della sosta vengano investiti per rendere più efficiente il trasporto pubblico locale. Tutte misure che secondo l'associazione guidata da Rossella Muroni potranno contribuire ad affrontare in maniera sistematica il problema dell’inquinamento. Così che la situazione dell'aria nelle città italiane non sia più come quella illustrata nell'infografica.
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