Aziende e regioni

Rapporto Crea: restano gli squilibri Nord-Sud ma il federalismo non ha fallito. Ultimi in Europa per la spesa sanitaria

Una spesa sanitaria privata esplosa a quota 36 mld. Differenze abissali tra Nord e Sud. Il 5% delle famiglie che incalzate dalla povertà rinviano o abbandonano le cure. Col Sud e Sicilia e Sardegna sempre tristemente in coda. Quasi 317mila nuclei familiari che si sono impoveriti proprio per le spese sanitarie pagate di tasca propria e altre 800mila sotto la scure di spese catastrofiche per la salute che creano ancora impoverimento e deprivazione. La spesa per la prevenzione che è una sconosciuta. Tutto questo mentre l'Italia spende per la salute il 32,5% in meno rispetto all'Europa occidentale. No, non chiamatela equità. E tanto meno universalismo. La foto di gruppo del Servizio sanitario nazionale, delle cure sempre meno sotto l'ombrello dello Stato, ci consegna un sistema che rischia di lacerarsi. Con sperequazioni sempre più evidenti e pericolose.
A lanciare l'allarme, l'ennesimo sulla sanità pubblica, è Rapporto del Crea Sanità di Tor Vergata, presentato oggi a Roma. Una foto di gruppo che deve far riflettere. Senza trascurare aspetti poco qualificanti, anzi, come le infinite liste d'attesa, i ticket che crescono, ancora una volta tra sistemi assai differenti tra una regione e l'altra. Con l'ottovolante delle addizionali, in aggiunta.

Spesa in coda alla Ue
La spesa sanitaria italiana è complessivamente inferiore del 32,5% rispetto a quella dell'Europa Occidentale. In rapporto al Pil l'Italia è al 9,4%, contro il 10,4% dell'Europa Occidentale. Negli ultimi 10 anni la spesa sanitaria pubblica italiana è cresciuta dell'1% medio annuo contro il 3,8% degli altri Paesi dell'Europa Occidentale: un quarto, peraltro come il Pil; questo porta la spesa sanitaria pubblica italiana ad essere inferiore del 36% a quella degli altri Paesi considerati. La crescita della spesa privata (2,1% medio annuo) è stata invece leggermente inferiore a quella europea (2,3%), ma pari a oltre il doppio rispetto a quella pubblica.

I gap regionali
A livello regionale le differenze di spesa sono allarmanti, anche standardizzando il dato per le diverse demografie e per la mobilità dei pazienti: nel 2015, fra la Regione in cui si spende di più (Provincia Autonoma di Bolzano) e quella dove si spende meno (Calabria), il divario pro-capite ha superato il 50,0% (quasi il 40% per quanto concerne la spesa pubblica).
L'incidenza della spesa privata pro-capite su quella totale è pari al 30,5% in Valle d'Aosta e del 16,0% in Sardegna. Le differenze di spesa sono andate progressivamente riducendosi fino al 2009, ma hanno poi ricominciato ad allargarsi nel periodo successivo, in corrispondenza dell'azione dei Piani di Rientro e dei commissariamenti, tesi al risanamento dei deficit.

Esplode la spesa privata
Nel 2014 la nuova indagine Istat sulla ‘Spesa delle famiglie' ha fatto emergere circa € 4,5 mld di spesa sanitaria Out of Pocket (Oop - spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie), presumibilmente sfuggiti alla precedente modalità di rilevazione. La spesa sanitaria privata ha quindi raggiunto € 36,0 mld., di cui l'89,9% out of pocket, e solo il 10,1% intermediata dai fondi sanitari integrativi e complementari, nonché dalle Compagnie di assicurazione. Quest'ultima pur in crescita rimane marginale.
La spesa privata sanitaria rappresenta mediamente il 26,9% della spesa nel Centro-Nord (valore massimo del 30,5% in Valle d'Aosta seguita dal Veneto con il 29,5%) e solamente il 18,9% nel Sud (valore minimo del 16,0% in Sardegna).

Il mito dell’equità
Nel 2014 il 77,0% delle famiglie ha effettuato spese sanitarie Oop (58,0% nel 2013); la maggiore frequenza del ricorso a spese private, è però “compensata” dalla riduzione della spesa effettiva procapite. Il 5,0% delle famiglie residenti in Italia, soprattutto quelle del Centro e del Sud, nonché quelle dei quintili di consumo medio-bassi, ha dichiarato di aver ridotto, tanto da averle annullate, le spese sanitarie private: configurando così “nuove” rinunce alle spese sanitarie. Si spende prevalentemente per farmaci, visite ed esami diagnostici (80-90% delle spese socio-sanitarie Oop). Sardegna e Sicilia risultano essere le Regioni con la maggior incidenza di disagio economico per spese sanitarie (11,0% e il 9,6% delle famiglie); all'estremo opposto troviamo l'Emilia Romagna e il Trentino Alto Adige, dove solo il 2,6% ed il 2,1% sono in condizioni di disagio economico.
Sono 316.402 (1,2%) i nuclei familiari impoveritisi per spese sanitarie Oop; si tratta soprattutto di famiglie residenti nel Mezzogiorno (2,7%). Calabria, Sicilia e Abruzzo sono le Regioni più colpite (3,5%, 3,4% e 3,7%), mentre Trentino Alto Adige, Piemonte ed Emilia Romagna sono le meno esposte (0,2% le prime due e 0,3% la terza). Quasi 800.000 (781.108) sono invece le famiglie soggette a spese sanitarie catastrofiche (3,1% delle
residenti).
Il Mezzogiorno continua ad essere la ripartizione maggiormente esposta al fenomeno (5,5% delle famiglie ivi residenti). I fenomeni dell'impoverimento per spese sanitarie out of pocket e della catastroficità non sembrano quindi essersi modificati sostanzialmente, senza però sottovalutare che ci sono quasi 280.000 famiglie (l'1,4% di quelli che sostengono spese sanitarie OOP) ad alto rischio di impoverimento. Di conseguenza in prospettiva c'è il rischio che il fenomeno del disagio raddoppi la sua portata.

Spesa privata e sanità integrativa
La spesa sanitaria privata intermediata rappresenta solo il 10,1 % della spesa privata: una quota inferiore alle medie europee, che implica forti sperequazioni nelle possibilità di accesso. Per il 4,0% si tratta di spesa per polizze individuali e il restante 6,1% per polizze collettive (Fondi sanitari integrativi e complementari, Società di Mutuo Soccorso, etc.).
Cresce la diffusione delle polizze collettive, inserite ormai nella maggior parte dei rinnovi contrattuali aziendali: sebbene ciò determini una maggiore equità, in assenza di una vision nazionale sul tema della Sanità integrativa e complementare, il minore sviluppo di tale componente nelle Regioni del Mezzogiorno rischia di esasperare ulteriormente le differenze già esistenti. Infatti, mentre la componente intermediata rappresenta il 13,4% della spesa privata nel Nord (17,3% nel Nord Ovest e 8,0% nel Nord Est), e il 10,7% nel Centro, nel Sud e Isole è appena il 3,3% (ovvero circa un quarto di quella delle altre ripartizioni). Il Meridione, in assenza di politiche di sensibilizzazione e incentivazione, rischia quindi di rimanere escluso dallo sviluppo del secondo pilastro di Welfare sanitario, rendendo sempre meno sostenibile l'assistenza.

Federalismo, bene per il risanamento finanziario
Il disavanzo sanitario, dopo l'intervento dei Piani di Rientro regionali, si è ridotto di circa il 78,0%, realizzando di fatto il risanamento finanziario che era il primo obiettivo delle riforme in senso federalista dello Stato. Essendo anche in miglioramento gli indici di adempimento regionale sui Lea, il giudizio sugli effetti del Federalismo in Sanità è tendenzialmente positivo.

Farmaceutica, i conti non tornano più
Con il 2015 si è rotto l'equilibrio che ha permesso anni di sostanziale costanza della spesa farmaceutica: equilibrio finora garantito dalla compensazione degli incrementi della spesa ospedaliera, con la riduzione di quella territoriale. La spesa pro-capite per farmaci in Italia, nel 2015, è risultata pari a € 475,8 (ovvero all'1,9% del Pil), con un incremento di € 37,6 (+8,6%) rispetto al 2014. Sul fronte ospedaliero, dove si concentra ormai l'impatto economico dell'accesso dei farmaci innovativi, la spesa è aumentata del 9,3%.
Rispettano il tetto di spesa solamente le due Province Autonome di Trento e Bolzano, la Valle d'Aosta e il Veneto; lo sforano maggiormente, Sardegna di € 104,6 pro-capite, e Puglia di € 71,6 procapite. Il rispetto dei tetti, però, è reso possibile dalla crescente quota di farmaci rimborsabili che le famiglie decidono di pagare di tasca propria: qualora considerassimo tale spesa, anche il Veneto sforerebbe il tetto, la Provincia Autonoma di Bolzano andrebbe a pareggio e quella di Trento si manterrebbe comunque al di sotto. Liguria, Lazio e Friuli Venezia Giulia sono le Regioni che vedrebbero aumentare maggiormente il proprio sforamento. Serve quindi, afferma il rapporto Crea, una nuova governance per il settore, ed è auspicabile un superamento degli attuali tetti (al di là delle proposte di rimodulazione in discussione), che appaiono ormai non più sostenibili. Come in parte è avvenuto con la manovra 2017.

Farmaci, boom di spesa privata
La spesa farmaceutica a carico dei cittadini ha registrato un incremento del 2,8% rispetto al 2014. Crescono tutte le voci della farmaceutica privata: spesa per i medicinali di automedicazione +4,7%, medicinali di fascia A acquistati direttamente +3,1%, medicinali di classe C con ricetta +2,0%, e compartecipazione da parte del cittadino +1,4%.
Si evidenzia quindi una crescente complementazione a carico delle famiglie della spesa farmaceutica, non più riferibile tanto all'inasprimento dei ticket, quanto al ricorso a farmaci non inclusi nei Lea o alla decisione di non avvalersi del rimborso da parte del Ssn.
La prevenzione che non c'è. Il dato sulla spesa per programmi di prevenzione pubblica in Italia fornito dall'Ocse cambia ancora una volta: secondo le ultime stime, per l'anno 2014 siamo al 4,9% della spesa pubblica corrente, un valore molto prossimo al 5%, quota attribuita al Lea dell'assistenza collettiva. Sebbene il dato sia da considerarsi con le dovute cautele (per problemi di confrontabilità fra i Paesi e anche per discontinuità nella serie storica), l'Italia sembrerebbe investire in prevenzione una quota maggiore rispetto agli altri Paesi dell'Europa Occidentale: ma in termini pro-capite, la spesa (€ 88,9) resta inferiore a quella di altri Paesi quali Regno Unito, Germania, Lussemburgo, Danimarca, Olanda e Svezia. Quanto alla spesa per vaccini, secondo OsMed, in Italia nel 2015 sono stati spesi € 317,9 mln., pari a € 5,2 pro-capite: in leggero aumento rispetto al 2014 (€ 4,8). Per confronto a livello internazionale (osservando i dati, provenienti da varie fonti, con le dovute cautele), si va da € 19 procapite della Svezia (dato 2013) a € 2,3 dell'Ungheria.


© RIPRODUZIONE RISERVATA