Aziende e regioni

Solo così il Ssn potrà affrontare le sfide del futuro

di Elio Borgonovi e Rosanna Tarriconi (Cergas Sda Bocconi - Il testo è la Prefazione al Rapporto Oasi 2017)

Nella loro introduzione a OASI 2017, Francesco Longo e Alberto Ricci sostengono che il SSN è in mezzo al guado. Utilizzando la terminologia della medicina, si può dire che questa è una classica situazione di evidence based che, purtroppo, dura da un decennio, ossia da quando è scoppiata la crisi del 2007-2008. Il guaio è che restare in mezzo al guado diventa sempre più insostenibile, poiché da un lato l'acqua sta crescendo e dall'altro la corrente sta aumentando di velocità.
L'aumento dell'acqua è il risultato del combinato disposto di progresso delle conoscenze, che consentono di agire su condizioni di salute in precedenza non affrontabili, di ampliamento del concetto di salute (si pensi per esempio all'evoluzione della concezione di disabilità dal modello biomedico a quello psicosociale), di incremento della domanda, dovuta anche agli effetti della comunicazione che passa dalla rete. Sono noti i fattori quali allungamento della vita, cronicizzazione di patologie che in passato portavano alla morte, effetto sulla salute di fattori quali l'inquinamento, lo stress da lavoro, condizioni di emarginazione, povertà, disoccupazione che hanno colpito il nostro Paese come molti altri. L'aumento della rapidità della corrente dipende dalla velocità con cui cambiano società ed economia, delle quali fa parte il sistema di tutela della salute.
È pericoloso restare in mezzo al guado per tanto tempo, perché si rischia l'effetto perverso dell'immobilismo, che è tale anche quando di fronte alle rapide correnti ci si muove in modo troppo lento e, soprattutto, senza avere chiari punti di riferimento. Immobilismo o movimenti lenti che sembrano essere causati da logiche e da forze che si contrappongono e per certi aspetti si annullano. In effetti, nel SSN anche in questi ultimi anni molte cose si sono mosse, ma spesso in modo non coordinato. Ciò ha determinato l'incapacità del sistema di individuare soluzioni in grado di portarlo almeno in acque meno accidentate. Innanzitutto la logica dei vincoli di un paese che si trova sotto il peso di un enorme debito pubblico (133% del PIL), con margini di azione limitati dalle regole europee da un lato e dai comportamenti dei mercati finanziari dall'altro.
Questo genera il blocco che può essere definito «da risanamento finanziario», o causato da politiche di austerity che hanno ostacolato la ripresa del tasso di sviluppo del Pil. Si devono riconoscere gli sforzi compiuti negli ultimi anni dal governo centrale per un aumento limitato del Fondo Sanitario Nazionale, comunque inferiore al 1% e molto più basso di altri paesi europei nei quali dal 2011-12 è ripreso un aumento dell'ordine del 3-4%. Si devono anche apprezzare le misure di finanziamento finalizzato a farmaci e tecnologie innovative e a sostegno di programmi di razionalizzazione.
Si deve valutare con una certa soddisfazione la revisione dei LEA dopo 15 anni, seppur con il grosso punto interrogativo della coerenza (per molti analisti mancanza strutturale di coerenza) tra nuovi LEA e finanziamenti. Si devono apprezzare le politiche di molte regioni di razionalizzazione delle reti di offerta anche in applicazione del Decreto 70/2015, a seguito dei vincoli previsti dai piani di rientro, e di altri provvedimenti promossi autonomamente per cercare un migliore equilibrio tra nuovi fabbisogni di salute e risorse disponibili tramite la fiscalità generale, quella regionale e le compartecipazioni alla spesa (ticket). Si deve infine vedere il «bicchiere mezzo pieno» di Asl che hanno trovato soluzioni innovative sul piano dell'efficienza organizzativa, gestionale ed economica. Ma tutto ciò non basta di fronte ai cambiamenti strutturali che si stanno prospettando nel sistema di tutela della salute: processi di prevenzione, diagnosi e terapie collegate alla genomica, proteomica, nutraceutica, rigenerazione dei tessuti, etc. (advanced theraphy o advanced health); salute personalizzata e di precisione; salute basata sul valore (value based health); interdipendenza tra salute umana, salute animale, salute vegetale (one health); interdipendenza tra fattori che influenzano la salute (ambiente fisico-inquinamento, organizzativo-malattie e stress lavoro correlato, sociale-diminuzione della capacità di auto aiuto tra comunità, economico-effetto di deprivazione).
In secondo luogo l'immobilismo, o cambiamenti marginali, è determinato dal fatto che il tema del SSN da tempo non è ai primi posti nell'agenda politica. Negli ultimi anni vi sono stati a livello nazionale alcuni provvedimenti significativi, tra i quali la già citata revisione dei LEA, politiche per i farmaci innovativi, il Decreto 70/2015 su standard e reti assistenziali, la legge sulla responsabilità professionale (11/2016), e a livello regionale la riorganizzazione istituzionale e organizzativa dei rispettivi sistemi socio-sanitari o di welfare. Tuttavia tali provvedimenti sono stati adottati senza un ampio dibattito politico che sembra essere rimasto all'interno di contesti tutto sommato ristretti degli addetti ai lavori, e a volte senza un ampio coinvolgimento neppure di questo mondo. Si può ipotizzare che questa forma di immobilismo sia in parte un «danno collaterale» dell'allontanamento della società dalla politica, che si è manifestato in varie forme, compreso l'elevato livello di astensione dalle elezioni. La criticità deriva dal fatto che il SSN, e più in generale il tema della salute, oltre a non essere al centro del dibattito politico non è nemmeno al centro del dibattito sociale, come era stato negli anni '80 dopo l'introduzione del SSN e negli anni '90 con i D.lgs. 502/92 e 517/93 che hanno introdotto il modello aziendale. Il tema della salute negli ultimi anni è entrato nel dibattito politico e nell'opinione pubblica solo marginalmente e prevalentemente in occasione di casi reali o presunti di mala sanità, o quando ha avuto un certo spazio tramite i media la cultura a-scientifica, o anti-scientifica, che caratterizza il nostro paese più di altri (es. casi stamina e il rifiuto delle vaccinazioni).

Ma non è questo il modo per affrontare l'acqua che cresce e la corrente che diventa sempre più rapida. Si può dire che l'incapacità del sistema di trovare indirizzi realmente innovativi dipende dal fatto che è stato prevalente il dibattito destruens (critico) rispetto al dibattito construens (propositivo), come era stato nei primi due decenni del Ssn.
Tra l'altro l'assenza dal dibattito politico e sociale sembra essere al tempo stesso la causa e l'effetto di una terza forma di immobilismo, definibile come «sindrome da diritti acquisiti» o da «confronto sui diritti astratti». Di fronte al dibattito sulla qualità del Ssn italiano, che secondo alcuni confronti internazionali viene comunque messo ai primissimi posti in termini di indicatori di salute (es. attesa di vita, mortalità infantile, etc.) e di rapporto indicatori di salute e spesa, mentre in altri risulta in posizioni meno favorevoli (quando si confrontano alcuni indicatori di efficienza), la popolazione sembra non percepire l'importanza delle garanzie date da un sistema universalistico e solidale e il rischio di arretramento. Nonostante siano evidenti le differenze tra le diverse regioni e anche tra i diversi gruppi sociali, nessuno può negare che il SSN italiano garantisca servizi essenziali anche alle fasce di popolazione più fragili (es. immigrati). In sostanza, si attribuisce scarso peso a ciò che si ha, a ciò che il sistema garantisce, perché in molti casi rispetto a ciò che «si vorrebbe» o che astrattamente è desiderabile, senza rendersi conto che il costo per la tutela della salute in altri paesi è assai più elevato rispetto all'Italia.

Inoltre, quando vengono citati esempi di servizi di alta qualità si dimentica che essi sono garantiti da assicurazioni private a elevato costo e sono riservate alla parte più ricca della popolazione, come accade negli USA. Se continuerà la tendenza alla riduzione della quota del prodotto interno lordo destinata alla tutela della salute, che negli ultimi anni è scesa dal 7-7.1% al 6.8% e in prospettiva al 6.7% (e forse anche meno), il rischio di insostenibilità della copertura universale diventa sempre più reale. Da alcuni anni vi sono sintomi in questa direzione messi in evidenza da indagini sulla rinuncia alle cure da parte di un numero crescente di italiani, alcune stime parlano di 8-10 milioni, anche se il dato deve essere considerato con una certa cautela in quanto desunto da indagini campionarie e su valutazioni soggettive. Ovviamente vi sono margini di recupero in termini di appropriatezza, riduzione di inefficienze e sprechi, lotta alla corruzione, ma se tutti gli altri paesi progrediti hanno livelli di spesa pubblica e di spesa totale destinata alla salute superiore all'Italia diventerà difficile per il nostro paese tenere il passo con l'innovazione delle conoscenze con una quota del Pil attribuita alla salute in continua diminuzione.
Un quarto aspetto di immobilismo può essere ricondotto a una specie di «sindrome da eccesso di analisi» che si manifesta quando vi è uno squilibrio tra qualità delleanalisi e fattibilità delle soluzioni. Sono utili le ricerche sulle differenze tra regioni, le proiezioni che mettono in evidenza le problematiche di sostenibilità del sistema nei prossimi decenni, la quantificazione dei possibili effetti positivi anche in termini economici derivanti dall'adozione di alcune innovazioni (es. l'informatizzazione del Ssn), ma troppo spesso a esse fanno seguito proposte basate su logiche di «ottimalità» che mal si conciliano con la logica di fattibilità e di gestione del cambiamento.Partendo dall'assunto che l'uscita dal guado dipende da moltissimi fattori e dal contributo di molti soggetti istituzionali, economici e sociali, il Rapporto OASI cerca di dare un contributo per rafforzare la capacità di chi opera nel sistema di galleggiare in acque più alte e di resistere alla corrente sempre più forte.
Un contributo che consiste nell'accumulo di conoscenze e nell'apertura di spazi di riflessione finalizzati a tenere alto il livello del dibattito e, se possibile, la motivazione di tutti coloro che ogni giorno sono sulla frontiera di un sistema che pone sfide sempre più complesse. Nel Rapporto 2017, oltre alla tradizionale prima parte in cui sono aggiornati i dati generali sul sistema (spesa, struttura di offerta, livelli di attività, esiti di salute) e viene continuato il confronto a livello internazionale, gli aspetti di continuità riguardano gli approfondimenti sui temi di: evoluzione dei modelli istituzionali e organizzativi (regione come capogruppo, rafforzamento dirigenza intermedia, percorsi professionali), consumi privati in sanità, politiche del farmaco, HTA applicato alle tecnologie, performance economiche e processi di accentramento degli acquisti.
Capire il passato, cogliere ciò che si muove pur all'interno di un sistema che sembra nel suo complesso troppo lento rispetto alle dinamiche dell'ambiente esterno, mettere in evidenza esempi di movimenti positivi, consente di passare dall'ambito delle semplici previsioni a quello della programmazione, a quello dell'individuazione delle condizioni necessarie all'implementazione, a quello della ricerca delle alleanze per riportare il dibattito sul SSN a livello alto, al top dell'agenda sociale, politica, economica.
Il Rapporto OASI 2017 evidenzia che, superando molte delle difficoltà sopra ricordate, nel SSN si sta passando da una focalizzazione sulle strutture fisiche (ospedali, ambulatori, etc.) a modelli basati su percorsi, continuità dell'assistenza (in questa prospettiva si segnala il capitolo sulle Case della Salute), a gruppi di patologie, il che apre al tema del futuro della salute personalizzata e di precisione.
Suggerisce inoltre che l'uscita dal guado o la possibilità di imparare a vivere nella corrente sempre più rapida dipende dal coraggio e dalla determinazione (anche sul piano politico) con cui si affronteranno i seguenti temi: superamento della contrapposizione pubblico-privato, sia nell'erogazione sia nel finanziamento del sistema, che consenta di valorizzare la collaborazione (es. revisione del ruolo della spesa privata e intermediata rispetto alla spesa out of pocket); modelli assistenziali e organizzativi flessibili in grado di adattarsi all'evoluzione dei bisogni; ripresa e potenziamento dei finanziamenti non solo di farmaci ma anche di tecnologie mediche, in considerazione del fatto che la catena della salute può diventare un significativo stimolo per lo sviluppo economico secondo modelli diversi dal passato; garanzie di accessibilità reale ai servizi; considerazione delle interdipendenze che influenzano la salute (es. lotta alla povertà e servizi socio-assistenziali); rafforzamento della comunicazione per contrastare effetti negativi di consumismo sanitario o di autodiagnosi e autocura stimolato dalla rete. Ciò consentirà di rompere due classici circoli viziosi che caratterizzano l'attuale situazione. Quello dall'alto in basso, secondo cui spesso non esiste una adeguata consapevolezza sula nuova sfida del sistema di salute, quando esiste la consapevolezza (a livello sociale e politico) si hanno tempi lunghi per la traduzione in coerenti politiche, quando esistono leggi e politiche adeguate si hanno resistenze, contraddizioni e tempi lunghi per l'implementazione, quando si ha una corretta attuazione delle politiche spesso non vengono comunicati i risultati positivi e quindi permangono nella società atteggiamenti critici.
Quello dal basso in alto, secondo cui a causa dei vincoli spesso si hanno operatori della salute demotivati o frustrati, quando si hanno persone motivate che riescono a trovare soluzioni positive queste spesso non si traducono in sistemi di gestione delle aziende sanitarie pubbliche in grado di accumulare e trasferire le conoscenze, quando si hanno sistemi di gestione di elevata qualità spesso rimangono limitati e non si diffondono nel sistema regionale, quando le soluzioni si diffondono a livello di qualche regione difficilmente vengono generalizzate. In altre parole l'apparente immobilismo del sistema di tutela della salute italiano è determinato dalle difficoltà di coordinare e allineare i flussi dall'alto in basso e dal basso in alto.
In conclusione il Rapporto OASI 2017 suggerisce che, per mettere il sistema in condizioni di affrontare le sfide le futuro occorre: partire da fenomeni reali per trovare adeguate soluzioni istituzionali e non viceversa, avere una visione ampia e di lungo periodo e, contemporaneamente, la capacità di adattare le soluzioni a specifici contesti, avere la consapevolezza che per cambiare realmente ognuno deve agire su fattori controllabili, rendere più veloci i flussi degli indirizzi dallo Stato alle Regioni e alle Aziende sanitarie e viceversa, fluidificare i rapporti tra ricerca, modifica dei modelli assistenziali e aggiornamento delle conoscenze degli operatori.


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