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Verso la manovra/ Fondazione Gimbe: «Nel Def buio pesto per la Sanità»

di Red. San.

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«Dopo quasi un decennio di tagli e definanziamenti destinati al risanamento della finanza pubblica, da un Governo che si definisce "del cambiamento" ci si aspettava che la sanità pubblica fosse messa al centro dell'agenda politica, tenendo conto del "Contratto". Invece, nonostante l'aumento del debito pubblico, tutela della salute, ricerca e sviluppo e innovazione non hanno diritto di cittadinanza nella manovra. Tenendo conto dell'indebitamento, dell'incertezza sulle coperture e della prima bocciatura da parte dell'Ue, è evidente che per la Sanità nella prima legge di Bilancio giallo-verde il triennio 2019-2021 è buio pesto». Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, "fa le pulci" al Def a partire dalla revisione delle stime finanziarie. «La Nadef - spiega Cartabellotta - azzarda una crescita del Pil del 3,1% nel 2019 che schizza al 3,5% nel 2020 per poi tornare al 3,1% nel 2021, ma contiene l'aumento percentuale della spesa sanitaria a 0,8% nel 2019, 1,9% nel 2020 e 2% nel 2021. Ciò certifica che la crescita della spesa sanitaria nel prossimo triennio rimane ben al di sotto di quella stimata per il Pil nominale. Senza contare che l'indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all'indice generale dei prezzi al consumo, il che rende la restrizione in termini di spesa reale ancora più marcata».

Dalla Fondazione Gimbe ricordano poi come nella Nota di aggiornamento il rapporto spesa sanitaria/Pil aumenti dello 0,1% (6,5 nel 2019 e 6,4% nel 2020 e 2021): una modifica che però «non conferma l'attesa inversione di tendenza annunciata dal premier Conte». Parallelamente aumentano le stime della spesa sanitaria rispetto al Def 2018: 117,239 miliardi di euro per il 2019 (+ 857 milioni), 119,452 miliardi per il 2020 (+ 880 milioni) e 121,803 miliardi per il 2021 (+ 909 milioni). «Rimane poco comprensibile - afferma Cartabellotta - il notevole incremento (+ 2,4%) della spesa sanitaria dal 2017 al 2018 stimato in ben 2,732 miliardi: dai 113,6 miliardi già certificati per il 2017 ai € 116,331 stimati per il 2018. Considerato che tutte le Regioni hanno raggiunto un sostanziale pareggio di bilancio, come interpretare gli oltre 2,9 miliardi di spesa sanitaria previsti nel 2018? È un via libera a spendere in libertà in questi ultimi due mesi? Concretizza una (inverosimile) “iniezione” straordinaria di liquidità di fine anno? Oppure si tratta di una sofisticata mossa contabile, se non di una clamorosa svista?».

L'incongruenza delle cifre si rifletterebbe sulle contraddizioni che emergono dalle cinque priorità elencate nella Nadef: personale, miglioramento della governance sanitaria, promozione di innovazione e ricerca, Livelli essenziali di assistenza (Lea) e investimenti in edilizia sanitaria e tecnologie. In particolare, sulle cifre per il personale - per cui Gimbe stima oltre 1,4 miliardi di costi tra assunzioni e borse di studio - il Def tace. E nessun cenno è fatto ai rinnovi contrattuali (costo stimato: 1 miliardo di euro). Sui Lea, «non si fa cenno - rilevano ancora dalla Fondazione Gimbe - allo sblocco dei nomenclatori tariffari per cui le Regioni stimano il doppio della cifra preventivata dal ministero (1,6 miliardi e non già 800 milioni di euro)». Mentre la revisione della compartecipazione è subordinata agli "equilibri economico-finanziari del Ssn" e di abolizione del superticket non si parla più. Sulla governance le «azioni sono limitate a farmaci e dispositivi», mentre «non sono stimati gli investimenti e le risorse recuperabili per la promozione dell'innovazione e della ricerca». Idem per il capitolo edilizia sanitaria: «Nessuna stima delle risorse, né alcun riferimento a quelle della Corte dei conti, che ha stimato in 32 miliardi il costo per ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico», avvisa Cartabellotta.


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