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Coronavirus/ Studio in Val Gardena: lontana l'immunità di gregge

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Tra il 26 maggio e l'8 giugno 2020 in Val Gardena è stato condotto uno studio su larga scala per rilevare la diffusione del nuovo coronavirus che ha coinvolto 3mila persone. Secondo l'Azienda sanitaria dell'Alto Adige i primi risultati indicano che "solo un quarto circa delle persone sottoposte al test (28,7%) sono entrate in contatto con il nuovo coronavirus sviluppando gli anticorpi". "Siamo ancora lontani dall'immunità di gregge anche in Val Gardena" afferma Michael Mian, responsabile dello Studio nonché del Day Hospital onco-ematologico dell'Ospedale di Bolzano secondo cui "sono venute a contatto con il virus molte meno persone del previsto". La sieroprevalenza è del 24% tra le donne, contro il 28,7% degli uomini. Differenze anche tra i comuni: la sieroprevalenza è stata del 23,2%a Ortisei, del 27,7% a Santa Cristina e del 31,1% a Selva. Tra le professioni contagio più alto nel turismo (31,59%) e nel settore sanitario (27,26%).

"Il tasso di infestazione è stato quindi più elevato nella zona alla fine della valle. C'è stato anche un tasso di infezione più elevato tra gli occupati nel settore del turismo. Questo potrebbe indicare che l'ondata di infezioni si sia propagata attraverso questo canale e che sia partita dalla fine della vallata", ha proseguito Mian.

Un altro risultato particolarmente interessante è che tutti i tamponi rinofaringei erano negativi, tranne uno che ha dato un risultato dubbio. Nessuno dei circa 2.200 partecipanti è quindi gravemente malato di Covid-19. Attualmente il virus non circola nei comuni gardenesi, o quasi per nulla. Per l'Assessore alla Salute Thomas Widmann si tratta di un risultato estremamente positivo: "Possiamo giustamente affermare che le misure di isolamento hanno avuto effetto. Al momento il virus è quasi totalmente assente nella valle. Ciononostante, dobbiamo continuare a stare attenti, a mantenere le distanze, a lavarci le mani regolarmente e anche a continuare a portare la mascherina dove previsto".
Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra le diverse fasce d'età, il livello di istruzione e il numero dei membri di una famiglia.

Negli ultimi mesi il sintomo più comune della malattia tra le persone con un test sierologico positivo è stato il dolore agli arti (41,45 per cento), immediatamente seguito da perdita del senso del gusto e dell'olfatto (37,24 per cento), mal di testa (34,54 per cento), tosse (33,34 per cento), stanchezza (32,05 per cento), mal di gola e - o - sintomi di rinite (30,75 per cento), una temperatura corporea elevata di oltre 37,5 gradi Celsius per almeno tre giorni consecutivi (29,1 per cento), disturbi gastrointestinali (21,14 per cento), dolore toracico (11,28 per cento), difficoltà respiratorie (11,25 per cento), congiuntivite (7,91 per cento) e aumento dei battiti del polso (3,7 per cento).

Rispetto ai soggetti con test sierologici negativi, tutti questi sintomi si sono verificati molto più frequentemente. La durata media dei diversi sintomi è stata di sette giorni. Più della metà delle persone sottoposte al test (54,3%) ha dichiarato di aver avuto i sintomi clinici nella prima metà di marzo 2020.

Tra le persone che sono risultate positive agli anticorpi e che hanno notato i sintomi, il 62,1% non ha contattato, e quindi nemmeno informato, l'Azienda sanitaria, nonostante le varie opzioni che sarebbero state disponibili (Medico di Medicina Generale, Centro di emergenza provinciale, numero verde e Pronto Soccorso degli ospedali). Solo il 17,29 per cento delle persone con un test sierologico positivo non ha mostrato alcun sintomo.


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