Aziende e regioni

Da I-Com e Salutequità una roadmap per l’assistenza territoriale

di Stefano Da Empoli * e Tonino Aceti **

S
24 Esclusivo per Sanità24

L’emergenza sanitaria ha evidenziato la necessità di intervenire velocemente per il rafforzamento della sanità territoriale, e mai come oggi siamo in grado di riconoscere l’importanza di un sistema di prevenzione, diagnosi e assistenza ben radicato sul territorio. Proprio le risorse stanziate per la missione “Salute” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che ammontano a circa 18 miliardi di euro, dovrebbero servire a rafforzare la nostra sanità negli ambiti in cui ha mostrato le maggiori criticità. Risorse forse ancora una volta scarse rispetto alle risposte che sono chiamate a dare, e la cui efficacia dipenderà in larga parte dalla loro allocazione.
Per questo l’Istituto per la Competitività (I-Com) e Salutequità hanno organizzato lo scorso 20 maggio il Webinar dal titolo “Una roadmap per l’assistenza territoriale. Accesso alle cure, contrasto alle disuguaglianze e sostenibilità del sistema” che ha visto i principali attori sul territorio, il Ministero della Salute, e il mondo dell’informazione, confrontarsi sui problemi da risolvere e sulle soluzioni da implementare.
Molti gli esempi emblematici delle difficoltà da affrontare che, già presenti prima del Covid-19, si sono acuite come sua conseguenza. Dai dati del Ministero della Salute è evidente come l’area distrettuale mostri già da tempo mancanze rilevanti, soprattutto per quanto riguarda la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) e l’assistenza domiciliare integrata (Adi). Riguardo a quest’ ultima è interessante notare che le ore erogate per i servizi di Adi pro-capite si sono ridotte dal 2010 al 2018, celandosi dietro ad un aumento del numero delle prestazioni. Dato, quest’ultimo, che conferma l’importanza del personale sanitario, la cui riduzione (-42.132 nel periodo), a fronte dell’aumento del numero delle prestazioni, ha invece contribuito a ridurre l’efficacia dell’assistenza. In sintesi, se l’aumento del numero di prestazioni è sintomo di un aumento della domanda dal lato di cittadini e pazienti, la riduzione delle ore è sintomo di un’incapacità di farvi fronte, dal lato dell’offerta. D’altro canto la presa in carico dei pazienti all’interno di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PdtaA) sconta enormi differenze tra regione e regione, e questo è anche legato alla diffusione ancora frammentaria del fascicolo sanitario elettronico sul territorio nazionale. Nonostante la spinta data all’implementazione di questo strumento dal cosiddetto “Decreto Rilancio” (legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione con modifiche del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34) nel primo trimestre del 2021 sono ancora molto pochi i cittadini che lo utilizzano, e in alcune regioni la percentuale è quasi pari a zero. E ancora differenze regionali emergono guardando ai numeri sulle case della salute e ospedali di comunità dichiarati attivi nel 2020, per non parlare dell’efficienza nel recepimento formale di atti approvati a livello nazionale. Basilicata, Sicilia e Friuli - Venezia Giulia hanno impiegato più di tre anni per recepire il Piano Nazionale delle Cronicità, approvato a settembre 2016.
Tutto questo ha un impatto diretto sulla salute e sulla qualità della vita dei pazienti e pure sulla spesa privata delle famiglie (14 miliardi di euro annui): i cittadini finiscono per pagare di tasca propria le inefficienze della governance sanitaria. Se nel PNRR sono stati stanziati 7 miliardi per l’assistenza territoriale, la scarsità delle risorse rispetto ai gap da colmare ne discende direttamente. Inoltre, dobbiamo ricordare che l’emergenza sanitaria ancora in corso ha provocato una forte riduzione nell’assistenza ai pazienti non-Covid, basti pensare che nel 2020 si sono svolti oltre 1,3 milioni i ricoveri in meno rispetto al 2019, una riduzione del 17%. Si tratta di 682.000 ricoveri con Drg medico e di circa 620.000 con DRG chirurgico per un valore economico di 3,7 miliardi. A saltare rispetto al 2019 oltre ai ricoveri programmati e cioè (747.011), purtroppo ci sono anche quelli urgenti che ne rappresentano il 42,6%, cioè 554.123. Per quanto riguarda l’ambito cardiovascolare si è assistito ad un calo di circa il 20% degli impianti di defibrillatori, pacemaker ed interventi cardiochirurgici maggiori. I ricoveri di chirurgia oncologica, nonostante non dovessero subire interruzioni, hanno visto invece una contrazione del 13%. I ricoveri per radioterapia e chemioterapia si sono ridotti rispettivamente del 15% e del 10%, del 30% i ricoveri per il tumore della mammella, del 20% per i tumori di polmone, pancreas e apparato gastro intestinale. È invece pari all’8% la riduzione dei trapianti d’organi. Infine, i ricoveri pediatrici hanno registrato una riduzione di circa il 50%. Per la specialistica ambulatoriale la contrazione rispetto al 2019 si attesta a 144,5 milioni di prestazioni in meno, che dal punto di vista economico equivalgono a 2,1 miliardi.
Si tratta del fenomeno della sanità sospesa, caratterizzata dalla forte contrazione nell’accesso a diagnosi e cure che avrà un impatto rilevante sulla salute della popolazione nel prossimo futuro. Alle criticità del sistema di assistenza sul territorio, già esistenti, si sono aggiunte e si aggiungeranno quelle nate come conseguenza dell’epidemia ancora in corso.
È allora necessario soffermarsi sui bisogni della popolazione per guardare al futuro, e creare un sistema circolare basato da un lato su strumenti predittivi per definire il fabbisogno di salute e stanziare di conseguenza le risorse necessarie, dall’altro sull’attento monitoraggio degli esiti e dei risultati. Le differenze regionali ad oggi esistenti, non saranno più giustificabili. Per creare un sistema di questo genere non sono comunque sufficienti né i dati, né gli strumenti, né gli algoritmi. È necessario definire e implementare gli standard organizzativi, tecnologici, strutturali e di personale dell’assistenza socio-sanitaria territoriale, sviluppandone al contempo un sistema robusto di valutazione degli esiti. Bisogna investire nel patrimonio intangibile del nostro Ssn, i professionisti sanitari tutti, nella loro formazione e nelle loro competenze. Bisogna fare rete, dividendo ruoli, compiti e contributi che ogni attore del sistema può fornire, e creare modelli remunerativi adeguati a ciascun servizio. Bisogna far funzionare la rete, e creare team multidisciplinari che, anche grazie alla diffusione delle nuove tecnologie siano in grado di prendere in carico un paziente veramente secondo prossimità. E bisogna investire nella prevenzione, grande assente invece nel Pnrr, che permetterà di frenare ex-ante l’incidenza delle malattie croniche e il loro impatto sulla qualità della vita dei pazienti, sulla loro produttività e sull’intero sistema.

* presidente I-Com
** presidente Salutequità


© RIPRODUZIONE RISERVATA