Aziende e regioni

Comincia (finalmente) un reale confronto tra pubblico e privato in sanità

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Due elementi di grande importanza coinvolgeranno a breve il sistema sanitario nel suo confronto fra pubblico e privato. Un primo elemento, di chiarezza, è rappresentato dalla determinazione legislativa che ha obbligato il servizio sanitario a procedere a una più corretta trasparenza all’accreditamento e al convenzionamento delle strutture private, introducendo una vera e propria "gara" pubblica , basata sul confronto della qualità e dei risultati delle strutture proponenti. L’altro aspetto è rappresentato dall'opportunità offerta dalle risorse stanziate dal Pnrr per la Missione 6 per cui è richiesta un’indispensabile programmazione sanitaria di più ampio respiro, nella quale le Regioni, ma anche le strutture sanitarie private, saranno chiamate a svolgere un ruolo concreto, soprattutto attento ai bisogni reali delle persone. Sarà fondamentale impiegare in maniera ottimale gli oltre 20 miliardi del Pnrr, ma per farlo serve una riorganizzazione dell'offerta sanitaria, che sia in grado di realizzare un sistema che permetta a cittadini di avere una risposta puntuale ai loro bisogni di prevenzione e assistenza e che si prenda cura del malato nella fase acuta, nella cronicità e nella residenzialità sociosanitaria.
Ma allo stato attuale il rapporto pubblico/privato viene visto (e spesso si manifesta) con un privato che seleziona le prestazioni, legittimamente peraltro, in assenza di una governance da parte delle Istituzioni. Siamo, quindi, a uno snodo di chiarezza del nostro Ssn e bisogna avere il coraggio delle riforme. Una strada per rendere più forte il Servizio sanitario è quella rappresentata dalla possibile collaborazione pubblico/privato, essenziale per la sinergia positiva che ne deriva.
Investimenti pubblici e investimenti privati sono le possibili modalità per rendere più forte il sistema Paese. Il privato accreditato attualmente eroga, in modo ormai consolidato, circa il 70 % delle prestazioni di lungodegenza e riabilitazione (le cosiddette prestazioni post-acute ), il 65 % di quelle ambulatoriali, il 25 % di quelle per acuti con alcune Regioni al 50 % (Lazio), altre al 40 % (Lombardia) e altre ancora tra il 30 e il 40 % (Campania e Puglia). Gestisce l’84 % delle strutture Rsa.
Dunque è necessario prendere atto che i due sistemi, erogando entrambi legittimamente prestazioni pubbliche, devono trovare un’integrazione governata dalle istituzioni, nazionale e regionali, in applicazione delle relative normative.
In breve la strada da percorrere, nell’interesse prioritario dei cittadini, è quella di una costante e leale collaborazione istituzionale tra i due settori.
In questo agire legittimo si viene a realizzare quella auspicabile sinergia, ma che deve necessariamente trovare un perimetro nel quale concretizzarsi e consolidarsi, in assenza della quale non rimane che una deriva incontrollata, quale è avvenuta finora, fortemente nociva per il Ssn. Ad esempio i privati potrebbero candidarsi alla gestione di un intero setting organizzativo: gli Ospedali di comunità. Questo livello di coinvolgimento potrebbe rivelarsi un’ opportunità soprattutto dove il privato ha una presenza maggioritaria nella rete ambulatoriale, rilevante in quella ospedaliera e sono presenti operatori privati di grandi dimensioni.
L’Accreditamento istituzionale costituisce, quindi, il presupposto per l’esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale. L’Accreditamento istituzionale garantisce che le prestazioni sanitarie, eseguite in nome e per conto del Ssn dalle strutture pubbliche e private, siano garantite sotto il profilo della qualità; dell’appropriatezza; della sicurezza; della remunerazione; della dotazione quantitativa e qualitativa del personale impiegato; della Gestione delle risorse umane.
Necessaria appare l’ istituzione dell’Agenda digitale per le prestazioni di elezione di ricovero e ambulatoriali che agevolerebbe non solo le funzioni di programmazione e controllo da parte delle Asl, ma andrebbe soprattutto a determinare una migliore distribuzione delle liste di attesa a tutto vantaggio dei cittadini. Sulle prestazioni bisognerà, comunque, affinare la funzione di committenza e lavorare per delle linee guida centrali, che al momento mancano, sulla gestione dei contratti di fornitura con le strutture private che rendano molto più robusta la capacità di orientare e controllare la loro produzione.
Per quanto attiene nel merito, le risorse umane impegnate nel settore privato, esse non rappresentano , come è stato sfortunatamente sino ad oggi considerato, una partita puramente sindacale.
Ma rappresentano un aspetto fondamentale che, se non affrontato, porterà a sempre maggiori criticità sia alla sanità pubblica che a quella privata e in definitiva al Ssn, che proprio nella recente pandemia ha dimostrato tutta la sua importanza. La stessa recente vertenza San Raffaele, al centro del dibattito politico regionale, sostenuta in particolare dall’Anaao Assomed e da anche altri sindacati medici, e che ha evidenti connotati sindacali, la si deve inquadrare nell’ambito del rapporto tuttora irrisolto (e non affrontato) pubblico-privato. Sotto questo profilo va tutelata la dignità degli operatori sanitari del privato accreditato, dignità che non può essere assoggettata ad un arbitrio signorile di parte datoriale in relazione all’applicazione di contratti diversi per analoghe mansioni, ma al contrario deve coniugarsi con il principio di commisurazione del trattamento, di ordine generale e non soltanto retributivo al contenuto della prestazione sancito dall’art.3 della Costituzione .
È il personale, infatti, il vero patrimonio ai fini della qualità ed efficacia del servizio erogato, come affermato nel Libro bianco sui principi fondamentali del Ssn, che effettuando prestazioni per il Ssn deve obbligatoriamente avere i medesimi requisiti: specializzazione, dotazioni organiche, sicurezza e livelli retributivi. Da individuarsi in particolare, questi ultimi nella specifica contrattazione nazionale ed aziendale, pubblica e privata, nel rispetto di una omogeneità riguardo alle voci retributive fondamentali o di base, lasciando le voci accessorie alla trattativa decentrata. Sempre nel rispetto della libertà del datore di lavoro, ma impedendo gli attuali fenomeni di "dumping salariale" insensato vista la carenza di professionisti specializzati.


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