Aziende e regioni

Salute mentale sottofinanziata e nel Pnrr tutto tace: serve un intervento straordinario e organico basato sulle priorità

di Fabrizio Starace *

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24 Esclusivo per Sanità24

In Italia la spesa per la salute mentale (Sm) si è attestata negli anni dal 2015 al 2018 su valori intorno al 3,5% - 3,6% del Fondo sanitario nazionale (Fsn). I dati del 2019 già evidenziavano una preoccupante discesa al di sotto del 3% (2,98%), con una forte contrazione anche nelle Regioni e Province autonome che negli anni precedenti avevano garantito un impegno maggiore. Infatti, nell’anno che precedeva lo scoppio della pandemia, i dati ufficiali del ministero Salute segnalavano un calo di ben 639.862.000 euro per la Sm, nonostante l’incremento di oltre 1 miliardo del Fondo sanitario nazionale.
Nel 2020, primo anno della pandemia e ultimo disponibile, la spesa registra un lieve aumento (70 milioni) ma continua ad attestarsi al di sotto del 3% del Fsn. Se invece della quota indistinta del Fsn trasferita alle Regioni si considera la spesa riportata a consuntivo dal Mef (123.474 mln), la proporzione destinata alla Sm risulta ancora inferiore (2,75%). In altri termini, le misure straordinarie adottate dal Governo per fronteggiare il Covid e le sue conseguenze non hanno modificato il cronico sottofinanziamento del settore salute mentale, anzi la situazione è ulteriormente peggiorata.
Le disuguaglianze inter-regionali
Né è migliorata la variabilità inter-regionale che abbiamo più volte denunciato . Anzi, se nel 2019 la % di spesa per la Sm sul Fsn oscillava tra il 2,1% della Campania e il 3,8% della Pa di Trento, nel 2020 la differenza si accentua, con un range tra il 2,1% della Campania e il 4,6% della Sardegna (che andrebbe peraltro interpretato con attenzione, considerato il posizionamento che la stessa Regione aveva negli anni precedenti).
La distribuzione è riportata in grafico. Per molte aree del Paese si nota un addensamento intorno al valore medio nazionale, mentre gli scostamenti positivi riguardano la Pa di Trento e le Regioni Puglia, Sicilia, Liguria ed Emilia-Romagna (tutte > 3,5%). Le Regioni fanalino di coda sono la Campania, il Veneto, la Basilicata e la Calabria (tutte < 2,5%).
Vale la pena notare che tra le Regioni che riportano una % di spesa media per la Sm inferiore alla media nazionale si trovano anche Veneto (2,3%) e Lombardia (2,8%), che non hanno mai presentato deficit di bilancio e vengono pertanto considerate Regioni "virtuose".
Il confronto internazionale
Al netto dei problemi metodologici nella raccolta e nel confronto dei dati di spesa, non è possibile sottrarsi a un benchmarching internazionale. In questo contesto vale quanto autorevolmente raccomandato dalla Lancet Commission sulla Salute mentale globale e lo Sviluppo sostenibile in occasione del primo Summit interministeriale mondiale tenutosi a Londra nel 2018: "I bilanci sanitari devono avere un maggiore stanziamento di fondi per l’assistenza in salute mentale… In generale, i Paesi a basso-medio reddito dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 5% e i Paesi ad alto reddito ad almeno il 10% del bilancio sanitario totale".
L’Italia si colloca tra i Paesi ad alto reddito ma per la Sm non raggiunge nemmeno i livelli di finanziamento previsti per i Paesi a basso-medio reddito. Gioverà ricordare che l’impegno a “destinare almeno il 5% dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della Salute Mentale” era stato unanimemente approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni nel lontano 2001 .
Nel documento conclusivo del Summit mondiale sulla Sm del 2018 si ribadiva che "Il costo dei mancati investimenti in Sm è significativo per il benessere degli individui, delle famiglie, della comunità". Insomma, il "risparmio" è solo apparente, e si riflette in maggiori spese sia dirette (es.: farmaci, cure, ricoveri) che indirette (es.: mancato accesso al mercato del lavoro, assenze per malattia). Senza quantificare l’impatto sulla qualità di vita dei diretti interessati e dei loro familiari, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), riporta che questi costi corrispondevano per l’Italia al 3,3% del Pil , cioè circa 55 mld. Nello stesso periodo di rilevazione, la spesa per la Sm in Italia era pari allo 0,2% del Pil.
Molti Paesi ad alto reddito come Regno Unito, Canada, Germania, Norvegia, Francia hanno già adottato politiche di bilancio coerenti con le raccomandazioni della Lancet Commission sulla Salute mentale globale e lo Sviluppo sostenibile, con una spesa per la Sm superiore al 10% della spesa sanitaria complessiva.
Tra questi il Regno Unito, il Paese europeo con il sistema sanitario più simile a quello italiano. Ciononostante, ad esito di una dettagliata analisi sul fabbisogno di SM e sulla inadeguatezza dell’offerta assistenziale del National Health System, il Regno Unito varava nel 2019 un Piano per la salute mentale che garantiva per ciascuno dei 5 anni successivi un ulteriore incremento degli investimenti per la Sm, pari a 2,3 mld di sterline (2,7 mld di euro). E ancora, nel 2020, sotto la spinta dell’emergenza pandemica e dell’impatto che essa esercitava sulla Sm della popolazione, il governo inglese stanziava un fondo aggiuntivo di 500 mln di sterline. Purtroppo l’Italia – cui viene riconosciuta una leadership internazionale nella Sm di comunità – si colloca agli ultimi posti per quota di spesa sanitaria dedicata alla Sm, come si evince da una recente survey dell’Ocse.
Le recenti misure adottate da Governo e Parlamento
Il sottofinanziamento della Sm in Italia ha raggiunto livelli non più sostenibili per la tenuta del sistema. I segni di "cedimento strutturale" sono evidenti e confermati in numerosi documenti ed analisi. Tra questi, il Documento di sintesi che ha informato i lavori della II Conferenza nazionale per la salute mentale, l’analisi Siep sul rapporto tra domanda di salute mentale e capacità di risposta dei servizi e il recente Progetto inter-regionale Quadim, condotto nell’ambito delle attività del Centro nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ccm) del ministero della Salute. Nel rinviare a questi studi per una approfondita descrizione delle criticità del nostro sistema di cura per la Sm, e delle proposte per la sua ripresa, ci preme in questa sede sottolineare che questo reale patrimonio di conoscenze non è rimasto argomento di dibattito accademico. Recependo il grido d’allarme proveniente da professionisti, familiari, utenti, il Parlamento italiano ha ripetutamente espresso l’urgenza di porre mano al rafforzamento dei Dipartimenti di salute mentale: ricordiamo da ultimo le Mozioni Boldi ed altri n. 1-00236, Bagnasco ed altri n. 1-00528, Ianaro, ed altri n. 1-00529 e Leda Volpi ed altri n. 1-00531 approvate in Camera dei Deputati col voto favorevole di tutti i gruppi parlamentari nell’ottobre scorso .
E tuttavia, a fronte di questa convinta e diffusa richiesta, gli investimenti specifici per la Sm inclusi nella Legge di Bilancio 2022 sono stati pari a 38 mln: 20 mln per il disagio psicologico di bambini e adolescenti, 10 mln per l'accesso a servizi psicologici delle fasce più deboli, in modo particolare i pazienti oncologici, 8 mln per il potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e adolescenziale. A questi si sono aggiunti, in forza di un discusso emendamento nel Decreto Milleproroghe del febbraio scorso, che destinava 10 mln al c.d. bonus psicologi, altri 10 mln volti al potenziamento della rete dei servizi pubblici per la Sm. Interventi limitati, frammentari, con scadenze ravvicinate di impiego e senza prospettive di rinnovo: di qui la comprensibile difficoltà delle Regioni a utilizzare questi fondi per un reale rafforzamento del sistema di cura per la Sm.
È molto recente invece (28 aprile) l’Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento “Linee di indirizzo per la realizzazione dei progetti regionali volti al rafforzamento dei Dipartimenti di Salute Mentale regionali”. A queste attività sono stati finalizzati 60 mln destinati al perseguimento degli Obiettivi di Piano, rispettivamente per il rafforzamento della rete dei Dsm, per le azioni volte a ridurre il ricorso alla contenzione in psichiatria, al sostegno dei percorsi di cura nelle persone con disturbi psichiatrici autori di reato. Negli ultimi anni è la prima volta che una quota dei fondi del Fsn per l’attuazione di specifici obiettivi individuati nel Piano sanitario nazionale viene destinata alla Sm. È utile ricordare che questi fondi vengono assegnati con un preciso vincolo di rendicontazione dei risultati raggiunti, la cui mancata trasmissione "comporterà il recupero della somma erogata".
Infine, per la prima volta la Commissione Ue finanzierà con 625 mln un Piano operativo nazionale (Pon) sulla salute. I fondi saranno destinati al Mezzogiorno d’Italia, nell’ambito del Programma nazionale Equità nella Salute, per contrastare la povertà sanitaria nelle 7 Regioni del Sud che hanno maggiori difficoltà ad erogare le prestazioni di assistenza, soprattutto alle fasce più vulnerabili. Una delle 4 priorità identificate nel Pon è la Sm, anche se non è ancora chiara la quota di finanziamento dedicato. Le azioni previste sono: l’adozione di modelli di presa in carico efficaci per i programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi personalizzati (Ptrp) centrati sui bisogni complessivi della persona, orientati alla recovery del paziente e al benessere psichico della comunità circostante; la formazione/informazione dei soggetti rilevanti per la presa in carico globale e partecipata delle persone con disturbi mentali; il sostengo ai Dsm per l’adozione sistematica del Ptrp, in co-progettazione e cogestione con la persona, i suoi familiari e gli enti del terzo settore.
La necessità di uno "straordinario" intervento ordinario
Nonostante questi concreti segnali di attenzione la situazione descritta segnala che l’”anomalia positiva” che l’Italia ha sinora rappresentato nel panorama dei Paesi occidentali è in pesante debito d’ossigeno. Quel sistema di cura e inclusione sociale frutto della Riforma del 1978, che ha costituito un “laboratorio di comunità a cielo aperto” cui la comunità internazionale guarda come modello, continua a reggere contro ogni previsione grazie alla passione civile e alla motivazione etica di professionisti, familiari, volontariato, terzo settore. Le misure sinora adottate, pur segnando un’apprezzabile inversione di tendenza, non sono in grado di recuperare l’impoverimento di mezzi e personale che i Servizi per la Sm hanno subìto per anni.
Ciò impone un immediato sforzo per raccordare tutti i livelli istituzionali verso un deciso cambio di passo: uno "straordinario" investimento ordinario, che giunga gradualmente a due punti percentuali del Fsn e riporti allo standard minimo del 5% la spesa per la Sm. Un investimento imponente (a regime pari a 2,3 mld in più all’anno), ma dalle dimensioni coerenti con le valutazioni epidemiologiche, i confronti internazionali, le indicazioni normative. Un investimento organico, con una vision di sistema ma orientato al perseguimento di un numero definito di azioni prioritarie. La tenuta del sistema Sm non è riconducibile alla somma di iniziative frammentarie, tantomeno se frutto di spinte lobbystiche o corporative.
Purtroppo non ci sembra di poter individuare, nelle pur significative risorse destinate dal Pnrr alla Missione Salute, capitoli destinati alla Sm. Inoltre, l’assenza della Sm dai recenti documenti di ridefinizione dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale fa ritenere che erroneamente si consideri quest’area così sensibile della sanità pubblica già "autosufficiente”, ignorando l’urgenza di rafforzarne il mandato, ammodernarne l’organizzazione e sostenerne l’attività. Se da un lato occorre recuperare questa carenza con un atto integrativo, dall’altro vanno assicurate energie straordinarie che scongiurino il rischio sempre più concreto di smantellamento e di chiusura. Sarebbe davvero paradossale se, mentre si programma un rilancio di portata storica dell’assistenza territoriale all’insegna della prossimità, della domiciliarità, dell’integrazione sociosanitaria, venisse a mancare per lenta, inesorabile consunzione, quel settore della sanità pubblica che da oltre quarant’anni opera secondo questi princìpi.
Siamo consapevoli della pressione cui è sottoposta la finanza pubblica nell’attuale contingenza, ma non possiamo tuttavia fingere di non sapere che un saggio investimento a sostegno della salute mentale di un Paese si ripaga con un migliore stato di salute, una riduzione delle disuguaglianze ed il contenimento dei costi – diretti e indiretti – causati dai problemi di salute mentale.
Oggi che le nuove sfide poste dalla pandemia e dall’incertezza economica conseguente agli eventi bellici ci mostrano inequivocabilmente che la Sm è parte fondamentale del sistema salute, e che non è possibile immaginare una ripresa economica senza una ripresa delle donne e degli uomini che la dovranno realizzare, più che mai occorre un rinnovato patto di scopo tra Governo, Parlamento e Regioni per l’individuazione e la razionale assegnazione di fondi adeguati ai nuovi (e antichi) bisogni di cura per la Sm. Prima che sia troppo tardi.

* Direttore DSMDP Ausl di Modena
Presidente Società italiana di Epidemiologia psichiatrica
Presidente Sezione IIIa Consiglio superiore di Sanità


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