Aziende e regioni

Malattie rare/ Nel 6° Rapporto Ossfor un'Italia che "va" ma disparità tra Regioni. Su 130 "orfani" autorizzati nell'Ue disponibili 122 di cui l'80% in regime Ssn. La spesa è l'8% di quella per tutti i farmaci con Umbria ed E.Romagna al top

di B. Gob.

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24 Esclusivo per Sanità24

«Da un lato l'accesso veloce e la buona performance a livello nazionale, dall'altro ritardi su tempi di disponibilità dei farmaci e spesa nelle Regioni ed è questo l'ambito su cui lavorare perché queste iniquità vanno superate». Così Francesco Macchia, coordinatore Ossfor, ha presentato in Senato a Roma - in Parlamento è stato ricostituito l'Intergruppo Malattie rare, presieduto per tre legislature da Paola Binetti che ha portato tra l'altro alla costituzione dell'Alleanza Malattie rare - il 6° Rapporto dell'Osservatorio sui farmaci orfani, curato da Crea Sanità e Omar e redatto in collaborazione con Aifa e IQVIA. «Continuo a essere convinto - spiega Federico Spandonaro direttore di Crea Sanità - che manchi una vision e come abbiamo detto nel nostro ultimo Rapporto sul Ssn siamo arrivati a un punto critico in cui le risorse sono ormai talmente distanti da quelle che mettono in campo gli altri Paesi che o cresciamo e capiamo che la Sanità non è una enclave chiusa ma significa anche sviluppo economico e crescita per il Paese, oppure ci rassegniamo. In questo contesto le malattie rare sono da un lato una "nicchia" e dall'altro un paradigma capace di darci suggerimenti su dove andare».
A restare sul capitolo finanziamenti, Maria Elena Boschi (Italia Viva): «Dare attuazione al Testo unico sulle malattie rare è ora fondamentale - ha spiegato - mancano i decreti attuativi ma siamo a fianco del ministero, anche nella definizione del Piano malattie rare. Poi servono le risorse, altrimenti è impossibile portare a termine le politiche. Siamo preoccupati per i fondi sulla sanità, avevamo proposto di "prendere il Mes" ma questa richiesta non è stata accolta, però le risorse andranno trovate e la prima richiesta che il sottosegretario Gemmato riceverà è di aumentarle perché il fondo di solidarietà non può essere sufficiente. Poi il Pnrr offre delle opportunità e anche quello è un elemento di cui tenere conto, rispetto al quale il capitolo dedicato del Rapporto Ossfor costituisce una utile cassetta degli attrezzi». «Chiediamo al sottosegretario Gemmato quell'insistenza appassionata affinché ai pazienti arrivino non solo risorse ma anche tempestività nell'accesso ai farmaci», ha aggiunto Binetti confermando l'attenzione stringente del Parlamento.
«Ho già chiesto la delega sulle malattie rare», ha replicato il sottosegretario alla Salute nel suo intervento ricordando poi che «nel complesso il Governo Meloni a differenza di quanto si dice non ha tolto risorse ma ha stanziato quasi 7 miliardi in più per il Fondo sanitario nazionale». Quanto al capitolo malattie rare, «ricordo che il 24 settembre abbiamo istituto il Comitato per le malattie rare e abbiamo iniziato a pensare a quello che deve essere la legge quadro per arrivare finalmente a ridurre le diversità che esistono nell'approccio e nella cura di queste patologie. È evidente che il Pnrr deve avere un impatto forte e per quanto io sia notoriamente critico rispetto alle 1.350 case di comunità che non soddisfano i bisogni delle aree interne, depresse e montane, anche per l'assenza di personale, queste possono diventare uno straordinario luogo di compensazione tra ciò che manca oggi e la malattia, insieme ai 400 ospedali di comunità e alla telemedicina che può ulteriore avvicinare l'assistenza anche ai malati rari. Inoltre, rivendico con orgoglio che dei circa 130 farmaci che l'Ema ha approvato a livello europeo per la cura delle malattie rare, 112-118 sono dispensati in fascia A o in fascia H a completo carico del Ssn a testimoniare lo sforzo dello Stato nello stare a fianco dei cittadini. Senza contare che le farmacie ospedaliere un ruolo possono renderlo nella manipolazione dei farmaci e quindi nel selezionare la giusta quantità da dare al paziente che ha bisogno di una cura personalizzata. Infine - ha concluso - rivendico che il Governo si è fatto carico con l'emendamento al Dl Calabria di rivedere la governance dell'Aifa con il superamento dell'anomalia di avere un direttore generale e un presidente del Cda così da rendere più puntuale l'azione dell'Agenzia e la presenza di una Commissione unica: questa rivisitazione può andare incontro all'esigenza di approvare nuovi farmaci più rapidamente di quanto avvenuto in passato, in risposta alle esigenze determinate da patologie diverse tra di loro e rare».

I dati di sintesi del 6° Rapporto Ossfor. In Europa sono 130 i farmaci orfani autorizzati dall'Ema per malattie e tumori rari, di questi 122 sono già disponibili in Italia: l’80% è rimborsato dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) e il restante 20% è in fascia C o in attesa di negoziazione. In termini di accesso, dunque, il nostro Paese è secondo solo alla Germania. Il gap dell’Italia rispetto alla Germania, che è prima nella classifica europea, è da attribuirsi principalmente ai farmaci arrivati sul mercato nell’ultimo anno: dato che non sorprende considerato il diverso meccanismo di accesso in vigore in Germania, che non prevede una negoziazione preventiva. «Il 6° Rapporto Annuale Ossfor vede l’avvio della collaborazione dell’Osservatorio farmaci orfani con Aifa. Si tratta di un importante riconoscimento che rafforza il percorso di trasformazione di Ossfor da Centro Studi a Piattaforma multistakeholder su farmaci orfani e malattie rare – ha spiegato Francesco Macchia –. Il 6° Rapporto viene pubblicato in una fase segnata dalla ricerca di una normalizzazione dopo la soluzione di continuità rappresentata dai picchi pandemici del 2020 e 2021: un’interruzione che speriamo abbia almeno innescato le condizioni per un rilancio del Ssn e, quindi, per il superamento delle criticità che ancora affliggono il settore delle malattie rare. Dal documento emergono aspetti positivi: l’Italia infatti, come si evince dall’elevato numero di farmaci orfani disponibili rispetto a quelli autorizzati da Ema, si conferma Paese con un ampio accesso alle opportunità terapeutiche. Osservando i dati regionali, emerge tuttavia che l’equità, intesa come possibilità di uniformi condizioni di accesso dei pazienti con malattia rara alle terapie farmacologiche, e anche di incidenza economica sui bilanci familiari, sia un obiettivo ancora non del tutto raggiunto e certamente dovrebbe rappresentare uno dei principali punti di attenzione delle politiche sanitarie nel settore, tenendo presente l’importante opportunità rappresentata dal Pnrr».
Per quanto riguarda la spesa, dall’analisi dei dati contenuti nel documento, effettuata da Aifa, emerge che la spesa sostenuta dal Ssn per i farmaci orfani assorbe circa l’8% della spesa farmaceutica pubblica complessiva e si conferma l’evidenza che il prezzo dei farmaci orfani è in funzione dei volumi di vendita, con un andamento esponenziale negativo. Insomma, tanto minore è il numero di persone che potranno farne uso, per la rarità della malattia, e tanto maggiore potrà essere il prezzo. Il Rapporto Ossfor, inoltre, mette in luce una crescita, negli anni, sostanzialmente lineare della spesa media per DDD (Dose Definita Die, ndr), che almeno in parte può essere attribuita all’incremento dei farmaci per molecole ultra-rare, che hanno bassi volumi di vendita. La Regione in cui è massima la spesa per DDD è la Lombardia con 203,50 euro, seguita dall’Emilia Romagna (199,43 euro) e Umbria (193,03 euro); all’altro estremo troviamo il Friuli Venezia Giulia (159,68 euro), la P.A di Trento (160,90 euro), seguite dall’Abruzzo (166,50 euro).

Utilizzo dei farmaci e tempi di accesso nazionali
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er i farmaci orfani, la spesa totale nel 2021 (acquisti diretti + convenzionata) è stata pari a 1,53 miliardi di euro (in rialzo del 9,4% rispetto al 2020) rappresentando circa l’8% della spesa farmaceutica a carico del Ssn. La spesa per i farmaci orfani di classe C è stata lo 0,97% della spesa complessiva per i farmaci orfani, pari a 14,9 milioni di euro (stabile rispetto all’anno precedente). I consumi invece, si attestano a 8,4 milioni di dosi di farmaci orfani (+3,7% rispetto all’anno precedente), pari allo 0,03% del consumo complessivo di farmaci. L’andamento, a partire dal 2013, sia in termini di spesa che di consumo presenta un trend crescente, analogamente al trend osservato per la spesa farmaceutica complessiva, dimostrando un aumento delle opportunità terapeutica per i malati rari. Oltre il 99% dei farmaci orfani è dispensato nel canale degli acquisti diretti.
Dal Rapporto si evidenzia altresì che l’accesso alle terapie con farmaci orfani si dimostra di fatto garantito indipendentemente dall’esistenza o meno dello status di "farmaco orfano": in altri termini, anche dopo la perdita dell’esclusività e la fuoriuscita dalla "Lista Aifa", e quindi dalle relative agevolazioni economiche, non si sono osservate differenze in termini di consumo. Per quel che concerne gli aspetti industriali, le aziende produttrici di farmaci orfani, per oltre il 78%, ne producono al più due. Le prime 10 aziende produttrici di farmaci per malattie rare (18% del totale) coprono oltre il 70% della spesa pubblica; il fatturato Ssn medio di tali aziende è di circa 140 milioni annui, di cui in media il 20% attribuibile ai farmaci orfani. Le aziende con maggiore quota di fatturato per farmaci orfani, hanno anche in media fatturati più bassi.
Tra le aziende farmaceutiche, nel nostro Paese sono 53 quelle titolari di farmaci orfani di classe A e H (a fronte delle 1.800 complessivamente presenti nel mercato Ssn nel 2021). La maggior parte delle aziende produttrici di farmaci orfani ha un fatturato Ssn annuo al di sotto dei 600 milioni, una quota di spesa dei farmaci orfani sul fatturato aziendale pari in media al 23%: esse assorbono il 6% del mercato totale Ssn (A-H), ossia il 57% della spesa totale per farmaci orfani. La maggior parte delle aziende che producono farmaci orfani sono industrie specializzate, di piccola o media dimensione, anche se l’impegno delle Big Pharma nel settore sta crescendo tramite ricerca propria o acquisizioni. L’incidenza del fatturato aziendale sulla spesa Ssn è pari al 53,6%. Per queste aziende la spesa dei relativi farmaci orfani impegna in media il 19,1% del fatturato aziendale totale. Delle 53 aziende solo 13 producono esclusivamente farmaci orfani, la più grande ha fatturato circa 30 milioni nel 2021.
Per quanto riguarda invece i tempi di accesso, il Report Ossfor approfondisce molteplici tematiche, dalla governance delle malattie rare alla valutazione post-marketing, dalla revisione dei regolamenti per i farmaci orfani e pediatrici e delle sperimentazioni cliniche per i farmaci orfani alla spesa sostenuta dal Ssn e da quelli Regionali per i cittadini con patologie rare. Così, ad esempio, sul fronte delle procedure autorizzative, emerge una importante differenza tra l’andamento europeo e quello italiano. Se a livello europeo, infatti, si registra un allungamento dei tempi delle procedure autorizzative, dovuto in parte alla crescente precocità della presentazione della richiesta di designazione e dunque al maggior tempo che intercorre tra tale presentazione e la richiesta di autorizzazione, a livello nazionale, negli ultimi anni, si registra una tendenza alla riduzione della durata dell’iter autorizzativo. Tra autorizzazione da parte di Ema e determina del prezzo e rimborso (P&R) da parte dell’Aifa infatti si osserva una riduzione dai 24 mesi del periodo 2012/2014 a 20 mesi del triennio 2018/2021. E risultano anche mediamente maggiori dei tempi dei farmaci non orfani, in qualche modo contraddicendo la ratio della norma che aveva previsto un termine massimo per la conclusione del processo. «Un trend positivo, anche se il processo rimane certamente lontano dai tempi indicati dalla legge n.98/2013 che indica in 100 giorni il tempo per la conclusione della procedura negoziale, calcolati dalla data di presentazione della domanda – osserva Barbara Polistena, Responsabile scientifico di Crea Sanità – ma sottolinea l’impegno da parte di Aifa per abbreviare le tempistiche e la sensibilità nei confronti delle malattie rare e dei farmaci orfani. I tempi tecnici di negoziazione si possono allungare per effetto della complessità di valutare farmaci che accedono al mercato con gradi di evidenza mediamente inferiori alla media, oppure per la complessità di trovare l’accordo sul prezzo. Di fatto, la prima possibilità non appare così ovvia, visto che molti farmaci orfani hanno comunque ottenuto l’innovatività e, nella natura dei farmaci orfani, c’è la soddisfazione di un rilevante ‘unmet need’, che controbilancia la minore evidenza. Sembra ragionevole pensare che l’elemento prezzo sia quello discriminante, ma il prezzo è in larga misura correlato (negativamente) con i volumi di vendita attesi: relazione nota e assolutamente riscontrabile nelle negoziazioni italiane, ma evidentemente non ancora del tutto riconosciuta».
«Rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, l’Italia si posiziona fra i primi Paesi per numero di farmaci orfani disponibili, con tempi nel processo di accesso alle liste di rimborsabilità mediamente più brevi rispetto alla media dei Paesi UE (meno 2-3 mesi) – sottolinea Isabella Cecchini, Responsabile Centro Studi IQVIA e Direttrice Primary Market Research IQVIA Italia –. Lo studio evidenzia quanto l’Italia sia fra i Paesi che garantiscono maggiormente l’accesso ai farmaci orfani innovativi, anche se emerge l’opportunità di lavorare per accelerare i processi per l’immissione nelle liste di rimborsabilità a livello nazionale e nelle singole Regioni».
Accesso precoce e revisione normativa della 648/96
Per quanto riguarda invece l’accesso a terapie non ancora pienamente disponibili attraverso Early Access Program, nel Rapporto è stata avanzata una specifica proposta. In Italia, uno dei modi per poter far arrivare precocemente il farmaco ai pazienti che ne hanno necessità è l’inserimento nella lista istituita ai sensi della Legge 648/96. Nel 2021, è stato riscontrato un basso ricorso alla Legge 648/96 come strumento di accesso precoce per patologie con un alto ‘unmet medical need’. Le richieste di inserimento in lista 648/96 per farmaci orfani nel 2020 sono state infatti solamente 4, di cui 1 ha ottenuto parere favorevole e 3 non favorevole, mentre nel 2021 sono state 6 di cui 5 con parere non favorevole e 1 rimasta in approfondimento.
Per sanare questo scarso ricorso alla Legge 648, all’interno del Rapporto è contenuta una proposta che è stata spiegata da Valeria Viola, Institutional and Regulatory Affairs Consultant di Pharma Value. «Nell’ipotesi di una revisione del fondo per i farmaci innovativi, associata ai farmaci in lista 648/96 alla loro prima indicazione autorizzata, questo potrebbe essere sufficientemente capiente per contenere i costi legati ai farmaci che vi troverebbero allocazione, affinché possa esserci un ‘early access’. La spesa – spiega la dottoressa Viola - rappresenterebbe il 9% del totale, circa 91 milioni di euro su un miliardo di euro per il 2022. Questa stima, tra l’altro, non considera la negoziazione prevista dal nuovo DM Criteri Negoziali. Per integrare questo tipo di farmaci nel fondo degli innovativi, la modifica normativa dovrebbe inserire la valutazione dell’innovatività subito dopo la raccomandazione positiva del Chmp Ema. Questo permetterebbe ai pazienti che ne hanno necessità, di avere accesso a tali farmaci in tempi più brevi e con una copertura economica già prevista dal sistema».
Farmaci orfani: spesa, uso e accesso sul territorio
Il dettaglio regionale mostra un maggior consumo in termini di DDD (Dose Definita Die, ndr) nelle Regioni del Nord che coprono quasi il 50% del consumo, con conseguente maggiore spesa assoluta. Le Regioni a maggior spesa pro capite sono l’Umbria (a maggior spesa anche nel 2020) e Emilia Romagna con una spesa, rispettivamente, pari a 33,0 e 31,4 euro a fronte di una media nazionale di 25,9 euro; le Regioni a minor spesa sono Valle d’Aosta (lo era anche nel 2020) e Molise con una spesa rispettivamente di 14,8 e 19,1 euro, anche se la Valle d’Aosta è la Regione che presenta il maggior aumento di spesa pro capite rispetto al 2020 (+34,6%). Le Regioni con il più alto numero di farmaci orfani movimentati sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto mentre quelli con il minor numero sono Valle d’Aosta, Molise e PA Trento.
È importante ricordare che la legge "Testo Unico Malattie Rare", approvata alla fine del 2021, prevede che i farmaci orfani vengano resi immediatamente disponibili da tutte le Regioni. A tal proposito, dall’analisi dei tempi mediani entro cui i Servizi Sanitari Regionali rendono disponibili ai pazienti i farmaci orfani emerge che nel periodo 2016-2021 le Regioni italiane hanno impiegato mediamente 113 giorni. Le Regioni che impiegano tempi più lunghi rispetto alla media nazionale sono il Molise, la Valle d’Aosta, la PA Trento e la Basilicata, alle quali è associato anche il minor numero di farmaci movimentati. Le Regioni che impiegano minor tempo, con una mediana al di sotto dei 6 mesi sono Sicilia, Campania, Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Lombardia, alle quali si associa il numero dei farmaci orfani movimentati più alto. Le Regioni che hanno il maggior numero di farmaci disponibili sono la Lombardia e l’Emilia Romagna.
«A oggi in Italia sono disponibili in pratica clinica la quasi totalità dei farmaci orfani autorizzati da Ema. Nel 2021 infatti è stato ulteriormente ridotto il gap autorizzativo tra autorità europea e nazionale. Questa grande disponibilità si manifesta anche a livello delle singole Regioni – chiarisce Francesco Trotta, Settore Hta Aifa -. Valutando infatti il consumo in termini di DDD per 1000 abitanti, si nota un consumo omogeneo in tutte le aree geografiche. Il Ssn quindi offre a tutti i pazienti affetti da malattie rare pari opportunità di accesso alle terapie con farmaci orfani, indipendentemente dalla Regione di residenza. Per quanto riguarda i tempi di accesso, l’analisi mostra che i tempi mediani entro cui i Servizi sanitari regionali rendono disponibili ai pazienti i farmaci orfani, considerando il periodo 2016-2021, si attestano intorno a 113 giorni, con una variabilità regionale che è attribuibile al fabbisogno regionale. Complessivamente i tempi mediani Italiani sono inferiori alla mediana Europea. Importante segnalare infine che lo status di ‘orfano’ (e quindi lo scadere di tale status) - aggiunge Trotta - non ha alcun impatto sulla disponibilità e sull’utilizzo di tali farmaci: l’accesso continua a essere garantito su tutto il territorio successivamente allo scadere dello status di orfano».

La ricerca clinica
Nell’ultimo Rapporto Aifa "Horizon scanning 2002" emerge come la metà dei medicinali contenenti nuove sostanze attive in valutazione, con parere Ema atteso nel 2022, siano farmaci orfani (29 su 58). Un'analisi sulla ricerca in corso di svolgimento, effettuata da Osservatorio Trail-Sperimentazionicliniche.it, rileva un aumento dei trial clinici sui farmaci orfani: si tratta di 29 molecole che interessano 13 aree terapeutiche e 27 patologie di riferimento trattate. Per 21 delle 29 molecole è stata registrata l’attività di 133 studi clinici interventistici a livello globale, con la partecipazione di quasi 24mila pazienti nel mondo. I centri clinici italiani sono complessivamente coinvolti in 21 sperimentazioni cliniche. Osservando lo storico delle fonti di finanziamento delle sperimentazioni cliniche si nota nel 2022 la riduzione dell'attività di realtà non industriali, anche in modalità di co-finanziamento. «La tipologia dei promotori cambia, come lecito attendersi, man mano che il percorso della ricerca si evolve facendo emergere la rilevanza dell’industria nello sviluppo delle sperimentazioni cliniche – spiega nel Rapporto Giulio D’Alfonso, Presidente Osservatorio Trial –. Pur essendo stato il 2022 un anno di transizione per l'attuazione del nuovo regolamento europeo, in cui è stato possibile gestire la ricerca clinica anche con le ‘vecchie’ modalità, non c’è dubbio che più di qualche difficoltà sia stata affrontata dalle realtà non industriali che hanno dovuto affrontare una più complessa riorganizzazione interna. Ed è forse questa anche la causa della loro minore presenza quali promotori. In previsione della imminente e completa adozione del regolamento 563/2014, in vigore dal 31 gennaio 2023, sarà quindi interessante, oltre che necessario, seguire l’evoluzione dell’adattamento di queste realtà non industriali che svolgono un importante ruolo nell’ambito della ricerca clinica».
Le proposte dell'Alleanza malattie rare
Grazie al contributo delle oltre 350 Associazioni riunite nell’Alleanza Malattie Rare è stata pubblicata un’analisi che ha permesso di individuare cosa sia ancora necessario fare per garantire una reale implementazione delle norme e quali sono le aree di criticità da superare. Lo studio ha consentito di «confermare le richieste avanzate già in passato e, a oggi, ancora inascoltate da parte delle istituzioni – afferma Sandra Frateiacci, presidente dell’Associazione Liberi dall'Asma, dalle Malattie Allergiche, Atopiche, Respiratorie e Rare APS- ALAMA, in rappresentanza dell’Amr –. In particolare, l’approvazione del Decreto Tariffe, l’approvazione e la piena attuazione, compreso il finanziamento, del Piano nazionale malattie rare, la declinazione in progetti utili per il settore dei fondi del Pnrr e la messa a terra del Testo Unico Malattie Rare attraverso decreti e regolamenti attuativi così da chiarire sia le questioni legate all’accesso, anche ai farmaci di fascia C, che le questioni relative al Piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato (Pdtap), il cui percorso di costruzione e approvazione non è del tutto chiaro e costituirebbe invece un tassello importante anche per quello che riguarda tutti gli aspetti dell’assistenza sul territorio». A queste necessità, che riguardano più da vicino i farmaci, si affianca però un’altra grande priorità per i pazienti, che per l’occasione è stata ricordata, quella di premere l’acceleratore sul fronte della diagnosi, sia implementando la lista delle malattie rare da ricercare con screening neonatale che inserendo le indagini di scienze omiche nei Lea e, non ultimo, puntando alla formazione dei medici a partire da quelli di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, senza tralasciare la formazione del personale delle professioni sanitarie non mediche.


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