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Cantiere Ssn/ Aceti (Salutequità): «Approvare i nuovi Lea e sulle risorse aggiustare il tiro in manovra se serve». Poi: priorità a un Patto della salute ex novo

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

«Lavorare tutti insieme in un uno spirito di leale collaborazione guardando al diritto alla salute: questo è l’approccio per andare a goal sui nuovi Lea e dare seguito al monito della Corte costituzionale, che ha interpretato nel modo più autorevole e concreto il significato autentico degli articoli 32, 2, 3, ma anche del 117, della nostra Carta. Ora dopo tanto lavoro ci si aspetta che Stato e Regioni centrino l’obiettivo dando il via libera a un provvedimento atteso da troppo tempo». Così il presidente di Salutequità Tonino Aceti, da sempre tra i principali fautori della piena garanzia dei Lea in tutte le Regioni e del loro costante aggiornamento, commenta l’accelerazione sul provvedimento inviato dal ministero della Salute per l’iscrizione all’Ordine del giorno di mercoledì 19 aprile .
E se il 19 l’Intesa non dovesse arrivare?
Non lo auspica nessuno, ma nel caso di un "no" formale delle Regioni Schillaci – anche avallato dal monito forte della Corte costituzionale - avrebbe pieno titolo esecutivo per esercitare le sue prerogative portando il testo in Consiglio dei ministri. Altrimenti non se ne esce. A poteri corrispondono responsabilità nei confronti della comunità.
Resta il nodo risorse posto da molte Regioni…
Premesso che se Salute e Mef hanno detto sì la fattibilità c’è, si può pensare a strumenti e meccanismi che rendano tutti più tranquilli. Innanzitutto, anziché negare l’Intesa la si dovrebbe accordare subito, anche pensando, a partire dall’entrata in vigore del provvedimento, di avviare uno specifico monitoraggio sul suo concreto impatto economico sulle casse delle Regioni e qualora ce ne fosse bisogno aggiustare eventualmente il tiro integrando con le risorse necessarie. Ma vanno considerate anche le date di entrata in vigore dei due nuovi tariffari: scegliere di procrastinarle al 2024 lascia aperta anche la finestra, in legge di Bilancio, per un ulteriore sforzo sul finanziamento, con risorse aggiuntive ad hoc o con finalizzazione di ulteriore quota del Fondo sanitario nazionale. Senza contare, infine, che per l’aggiornamento continuo ci sono i 200 milioni stanziati già a partire dal 2022 dal precedente Governo.
Per queste ultime risorse si è già persa un’annualità
Infatti l’importante è partire, tenendo conto che se sblocchiamo il primo decreto avremo poi la possibilità di procedere con gli aggiornamenti che contano su fondi ulteriori. E che potranno anche sostanziarsi in una revisione di prestazioni vecchie, superate e inappropriate, a tutto vantaggio della vera innovazione, dell’appropriatezza di cura per i pazienti, di nuovi modelli organizzativi e della sostenibilità del Ssn. Del resto, l’aggiornamento dei Lea va visto come una tessera nell’ambito di un mosaico di politiche sanitarie cruciali anche su altri fronti.
Su quali, in particolare?
Di sicuro la priorità è ammodernare i Livelli essenziali di assistenza ma contestualmente non si può non rafforzarne il monitoraggio attraverso il Nuovo sistema di garanzia, di cui peraltro il ministero ha annunciato la revisione nell’Atto di indirizzo pubblicato nelle scorse settimane. Più in generale, c’è bisogno di riaprire velocemente il cantiere tra Stato e Regioni - allargato agli stakeholder della sanità - per definire un nuovo Patto per la salute che sia in grado di riprogrammare il Ssn sulle sfide post Covid. Non è sufficiente la proroga, così come è stato invece fatto nell’ultimo Milleproroghe, del "Patto" che era stato siglato nel 2019, in epoca pre Covid: va bene completare quanto di ancora valido era stato avviato, ma oggi siamo in un’era nuova della sanità e occorre mettere mano con strumenti nuovi alle sfide emerse con la pandemia. Non possiamo utilizzare ricette vecchie per una situazione, quella attuale, lontana anni luce dal 2019. C’è bisogno di un nuovo Patto, ma anche di un nuovo Piano sanitario nazionale - quello attuale è fermo al 2008 - per una riprogrammazione e innovazione profonda e sistemica del Servizio sanitario pubblico, per una maggiore unitarietà del sistema, a contrappeso delle spinte autonomistiche. Al momento gli interventi sono su ambiti specifici, modello silos, e non sul disegno complessivo, in grado di rispondere a tutti i mutati bisogni e fabbisogni.
Forse perché c’è il Pnrr che assorbe tutte le energie?
Il Pnrr va certamente attuato ma se c’è un aumento dei costi di produzione del Ssn legato alla guerra, al caro bollette e materie prime, all'inflazione, tutto questo va considerato e affrontato in modo trasparente in un nuovo Patto per la salute, dove da sempre all’articolo 1 si definiscono le risorse necessarie per garantire il giusto, tempestivo ed equo accesso alle cure, e oggi anche per garantire la reale attivazione e funzionamento delle nuove strutture previste dal Pnrr, a partire dalle case e dagli ospedali di comunità. Tutto questo va fatto ora. Vanno riscritti programmazione e obiettivi del Ssn e il quadro del finanziamento necessario, perché troppe cose sono cambiate e servono una visione e un intervento sistemici. A mio avviso gli assessori potrebbero essere interessati ad avviare un percorso di confronto su questo, ma bisogna avere il coraggio, da entrambe le parti, di stimare i fondi che effettivamente servono e le altre scelte strutturali che vanno fatte, a partire dal rilancio di politiche di rafforzamento, valorizzazione e innovazione del capitale umano del Ssn. Tutto questo mentre ci ritroviamo di nuovo con un Def che piazza dal prossimo anno al 6,3% il rapporto tra spesa sanitaria e Pil, per arrivare al 6,2% nel 2025 e 2026. Quel che serve è una strategia moderna e al passo con i tempi, adeguatamente finanziata, visione, responsabilità e coraggio.


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