Aziende e regioni

Performance Lea/ Aceti: «La maggioranza delle inadempienti sono a statuto speciale, riflettere sull'autonomia»

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Su sette Regioni inadempienti nel 2021 rispetto ai Livelli essenziali di assistenza, oltre alle due commissariate Molise e Calabria e alla Campania che è in piano di rientro, la maggioranza è a statuto speciale: Pa di Bolzano, Sicilia, Sardegna e Valle d'Aosta. Quattro inadempienti, inoltre, sulle complessive sei Regioni cui è assegnato lo "statuto". «Questo dato - commenta Tonino Aceti, presidente di Salutequità - va letto in combinato disposto con il quadro fornito dalla Corte dei conti che ci dice come anche dal punto di vista della gestione economica e dei disavanzi si tratti di Regioni profondamente in difficoltà. Elementi che devono farci riflettere soprattutto in un momento storico come questo, in cui si sta parlando di nuovo con forza di autonomia: non possiamo non partire dalle evidenze che sono queste e cioè inadempienza sui servizi Lea e criticità sui conti».
Ma se questa è a " caldo" la prima valutazione sul nuovo monitoraggio Lea, più in generale secondo Aceti servirebbe implementare la griglia degli indicatori "core" con elementi oggi inseriti nel limbo "no core" come i Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta), su cui, ricorda, «"girano" tutto l'investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza e tutto il Dm 77 che ridisegna l'assistenza delle cure sul territorio. Il Pdta è una dimensione di esito degli investimenti e delle riforme che si stanno facendo con il Pnrr: tenerlo fuori dai "core" significa usarlo ma non valutarlo».
Di più: secondo il presidente di Salutequità «occorre tornare ad agganciare le risorse al miglioramento delle performance». E i Lea andrebbero attualizzati inserendo indicatori cruciali come la telemedicina, la qualità dell'assistenza prestata e non solo le ore dedicate all'Adi, il tempo di permanenza dei pazienti in Pronto soccorso, le cure primarie e i medici di famiglia, l'aderenza alle terapie e l'innovazione tecnologica, la capacità di accesso a farmaci e dispositivi medici innovativi.
Ma ampliando lo sguardo, «più in generale se si guardano le performance critiche sulle coperture vaccinali - aggiunge Aceti - vanno portati a segno documenti di programmazione oggi in stand-by come il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025». Su cui c'è stata la mancata Intesa solo una manciata di giorni fa, per problemi di risorse. «Le nozze con i fichi secchi non si possono fare - concede Aceti - e le Regioni si trovano alle prese con un calendario vaccini sempre più ricco e quindi sempre più costoso. Ma non si può tenere a bagnomaria un atto così importante, soprattutto a fronte di performance che vanno peggiorando».
Mancano sempre all'appello poi altri due fari illuminanti delle strategie di politica sanitaria nazionale, che il ministro Schillaci e la presidente del Consiglio ribadiscono di voler riorganizzare: il Patto per la salute e un Piano sanitario nazionale che non si vede da 15 anni. «Il Patto per la salute è ormai "vecchio" in quanto scritto in tempi pre pandemia e solo confermato nel 2021 - avvisa Aceti - mentre il Piano sanitario nazionale è fermo all'edizione 2006-2008. È paradossale che mentre Regioni importanti come il Veneto e l'Emilia Romagna continuano a varare i propri piani sanitari regionali, la programmazione nazionale su questo fronte sia assente. Quello che chiediamo, con forza, è il rilancio di una strategia organica sul futuro del Ssn ».


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