Aziende e regioni

Quel corto circuito tra attuazione della "legge delega Anziani" e tempi di individuazione dei Lep. Sullo sfondo il prezioso ma faticoso lavoro del Clep

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

Il problema del nostro legislatore è soprattutto quello di scrivere, non di rado, con una mano senza sapere cosa faccia l’altra. Un tale grave inconveniente ha determinato 22 anni di colpevole ritardo nell’attuare la Costituzione revisionata nel 2001.
Un vecchio e abituale vizio, diranno in tanti. Accadde con le Regioni istituite con la Costituzione in vigore dal 1948 e costituite però nel 1970,
I ritardi docent (almeno dovrebbero)
Di conseguenza, aggiungiamo un’osservazione da cabala: ventidue anni di allora costituiscono regola anche per oggi? La speranza è grande. La certezza un po’ meno.
Una conclusione scoraggiante, questa, che perviene dalla constatazione di una ratio legislativa nazionale apprezzabile sul piano teorico, ma asimmetrica, disarmonica e asincrona. Gli esempi sono tanti, sui quali primeggiano quei due anzidetti e quelli di cui diremo. L’ultimo di una lunga serie riguarda la legge di bilancio per il 2023, nella parte in cui cerca di recuperare gravissimi ritardi e altrettanto gravi inerzie legislative. Con la legge nr. 197/2022 il Parlamento infatti sancisce (finalmente), dopo 22 anni dalla loro introduzione, il meccanismo di definizione dei Lep e, dopo 11 anni, la determinazione dei costi e fabbisogni standard per finanziarli.
Il progetto applicativo con qualche disattenzione di troppo
Tutto da perfezionare, entro il 31 dicembre 2023, a cura della Cabina di regia istituita dal comma 792 dell’art. 1. Un organismo pletorico ma utile, specie perché opportunamente collaborato dal costituito Comitato Lep, cui il ministro Calderoli ha affidato il compito, secundum legem, di:
a) fare la ricognizione delle leggi, nazionali e regionali, interessate all’esercizio delle materie differenziabili;
b) consuntivare la spesa storica sostenuta dallo Stato nell’ultimo triennio, riferibile alle dette materie;
c) individuare quali fossero le materie riconducibili a Lep;
d) determinare, con il supporto di una apposita Commissione tecnica (comma 794), la copertura finanziaria dei Lep attraverso il criterio dei costi e fabbisogni standard. Insomma, una mission impossible, considerati i tempi, ma necessaria.
Primo traguardo: il Clep, opportunamente suddiviso in dieci sottogruppi, il 2 agosto scorso ha depositato una nutrita relazione suddivisa per gruppi di materie, ove nella sintesi scandisce quelle suscettibili di essere scomposte in Lep, esigibili dalla collettività, e quelle non riconducibili ad essi.
Dimentica però due cose. Di interessarsi di tutte le materie, tanto da omettere di affrontare il tema delle materie di competenza residuale delle Regioni, tra le quali per l’appunto l’assistenza sociale, complementare e integrante della tutela della salute. Di integrare la previsione dei Lea con i Lep afferenti all’assistenza sociale. Un tema assorbente anche le aspirazioni parlamentari di volere affrontare e risolvere il problema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, nonostante regolato dalla legge delega, nel frattempo approvata, 23 marzo 2023 n. 33.
La soluzione estemporanea e un traguardo difficile da raggiungere
Anche a seguito di sollecitazioni, il Clep risolve il problema costituendo il “Sottogruppo nr. 11” dedicato al difficile tema di ricondurre a Lep le 30 materie di competenza esclusiva delle Regioni e Province Autonome.
Tra gli adempimenti da perfezionare, a mente dei commi 791-797 dell’anzidetta legge di bilancio n. 197/2022, si diceva, entro fine d’anno - pena in difetto la nomina di un Commissario del Governo incaricato di provvedervi entro il termine successivo del 31 gennaio 2024 – c’è la ridefinizione dei Lea, compresi dei già Liveas e dei Leps accennati nella legge di bilancio 2022 commi 159-174. Cui sono stati aggiunti quelli presi in considerazione dalla legge delega che lo stesso Parlamento (si badi bene!) ha approvato lo scorso mese di marzo, la legge 23 marzo 2023 n. 33.
La domanda che sorge spontanea è quella di capire dove sia il problema da risolvere, si spera molto preliminarmente. La risposta è più grave: ce ne sono due, e pure grossi.
La legge 33/2023 è una legge delega che prevede l’adozione da parte del Governo di decreti delegati attuativi (se ne presumono almeno 5/6) entro il 31 gennaio 2024.
Da qui, l’asimmetria delle scadenze con il traguardo che il Parlamento gli ha assegnato per l’adozione dei Dpcm di definizione dei Lep per ogni singola materia delle 23 differenziabili, ex art. 116, comma 3, della Costituzione e la determinazione dei costi e fabbisogni standard per tutte quelle materie cui tale metodologia binomia di finanziamento si riferisce.
Occorre un "salvavita"
Dunque, un corto circuito che è già nelle carte: tra la definizione dei Lea ivi compresi i Leps, meglio di quelli che andranno oltre quelli insediati tra i Lea con il Dpcm 12 gennaio 2017, e quelli che invece saranno definiti come tali dai decreti attuativi della legge 33/2023.
Tutto questo determinerà un black out che si estenderà anche alla determinazione dei costi standard relazionati a ogni Lep e ai fabbisogni standard, da relazionare ai diversi destinatari territoriali dei finanziamenti utili a renderli esigibili ovunque, attesi i diversi indici di deprivazione e di consistenza demografica degli anziani.
Il secondo problema riguarda la disciplina degli anziani autosufficienti che, così come avvenuto con la legge 33/2023, viene quasi a essere considerata materia a parte dell’assistenza sociale, che come si sa è rubricata de residuo dalla Costituzione tra le competenze esclusive delle Regioni/Province Autonome e non già dello Stato, cosi come si è esercitato dal Parlamento il marzo scorso.
Le istituzioni non possono continuare a legiferare a mano libera e fare poco o nulla
Una tale convulsa sequela di eventi decisi e programmati evidenzia una tecnica in voga da decenni da parte del legislatore nazionale, che mette in serio imbarazzo quello regionale/provinciale autonomo.
La strategia è sempre uguale: non si mette a terra ciò che è deciso da tempo, di frequente per incapacità burocratica e incapienza finanziaria, e quindi si propone il nuovo. Come se a giocare a calcio l’unico scopo fosse quello di buttare sempre la palla avanti, anche fuori dal campo!
I casi gestiti in tal senso sono tanti, tutti. Quello più eclatante, dimostrativo di un Parlamento che non sia affatto cosciente di cosa faccia, è stata l’approvazione della legge 328/2000, recante "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali". Quello fu un episodio dal quale è dipeso il ritardo record (23 anni ad oggi) e l’attività sconclusionata della regolazione, che per lo più non sopravvenne a cura delle regioni o fu fatta scopiazzando gli obsoleti principi della legge 328/2000. Ebbene essa è datata 8 novembre 2000, ovverosia nel mentre le Camere approvavano la revisione della Costituzione, licenziata definitivamente dal Parlamento l’appena 8 marzo successivo, che rinviò (si badi bene) l’assistenza sociale alla competenza esclusiva delle Regioni. Una legge costituzionale cui mancava solo l’esito favorevole referendario che si perfezionò il 17 ottobre successivo.
Di conseguenza, non accadde ciò che sarebbe dovuto accadere: mandare in soffitta i principi fondamentali statali, dei quali non v’era più alcun bisogno, attesa la competenza delle Regioni a legiferare al riguardo. Una regola non regola che determinò l’aridità dei finanziamenti statali dedicati ad una siffatta fondamentale assistenza dei deboli, sottoposti in alcune regioni ad atroci emarginazioni senza servizi.
Occorre migliorare le perfomance, prioritariamente legislative, ma anche quelle collaborative
A bene vedere, continuando così ci vorrà chissà quando per rendere esigibili i Lea alla popolazione, tutta e in termini egualitari. La conseguenza sarà deflagrante, con gli anziani che saranno sempre più anziani e sempre meno autosufficienti. Non solo con i pochi quattrini dei quali le politiche sociali hanno goduto sino ad oggi, con Regioni che se la sono cavata e Regioni che l’assistenza sociale fanno ancora fatica a capire cosa sia. Tra queste, la mia Calabria.
Al brutto fotogramma rappresentativo di ciò che è accaduto, deve seguire un diverso impegno di tutti per contribuire in qualche modo a traguardare qualche soluzione. Una buona iniziativa collaborativa, da spendere nel corso dell’elaborazione che il Clep sta facendo, è da ritenersi la elaborazione dello "Osservatorio delle buone pratiche di integrazione socio sanitaria", voluto da FederSanità, Anci e Agenas. Lo stesso potrebbe infatti rendersi latore di proposte da offrire al Clep in materia specifica, tale da contribuire a non disperdere una buona grande occasione, pre-regolativa.
Il tutto nel clima collaborativo sottolineato dal presidente prof. Sabino Cassese nella solitamente chiara ed esaustiva sua audizione del 27 settembre avanti la prima Commissione del Senato degli affari costituzionali.


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