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XVIII Forum Meridiano Sanità/ Da Prevenzione e Innovazione la spinta a sostenibilità e crescita
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Avviati a Roma i lavori del XVIII Forum Meridiano Sanità "Prevenzione e innovazione per l’evoluzione sostenibile del sistema sanitario e la crescita economica dell’Italia" patrocinato dall’Istituto superiore di Sanità e dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.
Al centro del dibattito e del Rapporto presentato nel corso dell’evento, le crisi di natura economica, sociale e ambientale, che si sono avute negli ultimi anni, l’instabilità del quadro geopolitico e gli impatti sulla salute dei cittadini italiani.
L’Italia, ancora impegnata a superare le conseguenze della pandemia, ha dovuto affrontare la crisi energetica e delle materie prime, con un aumento dell’inflazione prima, e dei tassi di interesse poi, che hanno rallentato la ripresa, anche a causa delle tensioni geopolitiche, dal conflitto russo-ucraino alla ripresa delle ostilità in Medioriente. La stagnazione dell’economia italiana (Pil italiano pari allo 0,18% nel decennio 2012-2022) e le prospettive di crescita del 2023 e degli anni successivi unite a elevati livelli di indebitamento non delineano un quadro positivo.
La forte contrazione del tasso di fertilità, nel 2023 pari a 1,2 figli per donna, ben lontano dalla soglia di 2,1 necessaria per mantenere la popolazione italiana al livello attuale, e il progressivo aumento dell’età media della popolazione, destinata a raggiungere i 50,6 anni nel 2050 dai 46,4 anni attuali, sono alla base della nuova struttura demografica dell’Italia. Nel 2050, quando ci saranno 58,5 milioni di italiani, vale a dire 2,4 milioni in meno rispetto a quelli attuali, un cittadino su tre sarà over-65, e su questa fascia di popolazione si concentrerà oltre il 70% della spesa sanitaria pubblica rispetto al 60% attuale.
Il nostro Ssn si trova a rincorrere affannosamente l’aumento dei bisogni di salute e assistenza in un quadro di riduzione dei cittadini in età attiva, principali contribuenti della spesa sanitaria pubblica. Per soddisfare i crescenti bisogni di salute e assistenza, secondo lo scenario previsionale di Meridiano Sanità, la spesa sanitaria pubblica dovrebbe raggiungere i 211,3 miliardi, a prezzi correnti, nel 2050 (pari a circa il 9% del Pil, valore superiore all’attuale 6,7% ma inferiore rispetto alle incidenze attuali che si registrano in Germania e Francia dove la spesa sanitaria pubblica supera il 10%) rispetto ai 134,7 attuali (+56,9%), ma senza politiche attive per il mercato del lavoro il numero di occupati diminuirà del 17,2%, a 19 milioni.
«Nel quadro attuale - ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO, The European House – Ambrosetti, la spesa sanitaria pubblica in capo a ciascun lavoratore italiano al 2050 quasi raddoppierà, da 5.886 a 11.151 euro. Per questo, per garantire la tenuta del sistema sanitario e, più in generale di welfare, serve una strategia e una visione unitaria di demografia, economia e salute. Inoltre, rendere sostenibile la spesa sanitaria pubblica significa definire politiche per la natalità per allineare il tasso di natalità italiano alle media dei primi 5 Paesi europei (11,1 nati per 1.000 abitanti vs. 6,7 in Italia) e promuovere la partecipazione al mercato del lavoro (oggi al 62% rispetto all’82% medio dei primi 5 Paesi europei) anche attraverso l’attrazione di capitale umano qualificato dall’estero continuando nel processo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita in costante aumento. Sullo sfondo rimane la necessità di avviare un dibattito serio e costruttivo sul finanziamento della nostra sanità che dovrebbe basarsi su una concreta integrazione tra pubblico e privato e sull’ottimizzazione dei 3 pilastri del nostro Ssn».
È stato però ricordato che, per rispondere all’aumento della domanda di salute e salvaguardare il nostro Servizio sanitario nazionale, seconda "impresa" dopo la scuola se si considera il numero di addetti, si devono risolvere al più presto alcune questioni aperte, a partire dall’emergenza del personale sanitario al centro dell’attualità. Non si tratta di un problema di numeri in assoluto – i laureati in medicina sono in linea con i principali Paesi europei – ma di programmazione e attrattività di alcune specializzazioni: nel 2023-2024 sono stati stanziati 16.165 contratti di specializzazione medica (ben più dei 14.036 candidati) ma ne sono stati assegnati solo il 62,1% (per alcune discipline la situazione è ancor più critica: appena l’8% di quelli disponibili per medicina di comunità e cure palliative, il 24% per la medicina di emergenza e urgenza). Non va dimenticato il tema salariale: a parità di potere d’acquisto, inoltre, uno specialista tedesco guadagna il 72,3% in più di un collega italiano.
Le carenze più significative riguardano alcune professioni, a partire dai Medici di medicina generale, nei quali è in ritardo il ricambio generazionale (il 75% dei Mmg ha oltre 27 anni di anzianità) e dagli infermieri, che hanno un limitato riconoscimento economico e professionale rispetto ai colleghi europei: con 6,2 infermieri per 1.000 abitanti, l’Italia ha la metà degli infermieri della Germania rispetto alla popolazione (12 per 1.000 abitanti), Paese in cui le retribuzioni sono superiori al 30% rispetto al nostro Paese.
La crisi di capitale umano pesa anche sulle liste d’attesa del sistema sanitario pubblico che, secondo 1 cittadino su 2 (49,5%) rappresenta il principale ostacolo all’accesso alle prestazioni, soprattutto dopo l’emergenza Covi-19, dato che nel triennio 2020-2022 sono state perse 16,1 milioni di prime visite e 22,8 milioni di visite di controllo rispetto al 2019.
Ulteriore elemento di riflessione, la necessità di accelerare nella completa attuazione della Riforma dell’assistenza territoriale e delle altre misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La messa a terra degli investimenti previsti dalla Missione 6 “Salute” procede secondo i tempi del cronoprogramma europeo, ma stando all’ultimo monitoraggio di Agenas, risultano attive appena 187 Case della comunità, 76 Ospedali di comunità e 77 Cot, pari rispettivamente al 18%, al 24,8% e al 9,9% dei target rivisti dal Governo per far fronte all’aumento del 30% dei costi dei materiali di costruzione. Grazie anche al rafforzamento dei sistemi informativi, della telemedicina e dei dati, cui il Pnrr destina oltre 4 miliardi di euro, la collaborazione tra Mmg, farmacisti e gli altri professionisti delle cure primarie rappresenta la via maestra per offrire ai pazienti, sempre più spesso con comorbidità croniche, un’assistenza continuativa e sempre più di prossimità.
La rete dell’assistenza rappresenta solo una componente dell’ecosistema della salute, il sistema che unisce e mette in comunicazione la componente industriale privata – rappresentata dal settore farmaceutico e da quello dei dispositivi – con quella prevalentemente pubblica della rete di assistenza e ricerca. L’ecosistema della salute, come descritto anche nel Rapporto Meridiano Sanità, è un asset strategico su cui investire per aumentare la competitività del Paese e rilanciarne la crescita, oltre agli impatti sulla salute e qualità di vita dei cittadini. Tuttavia, nonostante il settore farmaceutico si distingua per alti moltiplicatori dell’attività economica, occupazione qualificata e intensità di R&S rispetto alla manifattura, l’Italia è riuscita ad attrarre meno dell’1% degli investimenti in R&S farmaceutico a livello globale. Processi normativi e regolatori spesso troppo lunghi e complessi insieme ad una governance della spesa farmaceutica, soggetta agli effetti distorsivi del meccanismo del payback, che ricade soprattutto sulle aziende a capitale estero che sono anche le aziende a maggior tasso di innovazione, hanno di fatto implicazioni sulla disponibilità e accesso alle terapie e tecnologie più innovative.
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