Aziende e regioni
Disastro atti aziendali, guida pratica in quattro mosse per rinsavire dribblando interessi politici e di lobby
di Ettore Jorio
24 Esclusivo per Sanità24
È davvero triste cosa stia succedendo nel Paese in tema di tutela del diritto della salute. Sono le regole a saltare, e di continuo. Esse sono, infatti, diventate da atti di imperio legislativo libere opzioni attraverso le quali la politica - piuttosto che garantire la salute pubblica, in un corretto regime di concorrenza amministrata tra pubblico e privato – soddisfa i propri interessi autogenerativi. Premia esclusivamente l’assistenza accreditata privata. Vanta dei successi conseguiti dall’offerta degli Irccs (che sono 51 dei quali 30 privati, di cui 17 solo in Lombardia), che con l’organizzazione strettamente aziendale dei Ssr non hanno nulla a che fare. Non rimedia alle proprie incongruenze emerse drammaticamente durante il Covid. Non ha nemmeno l’idea di come riformare strutturalmente il sistema sociosanitario. Impone leggi che, anziché razionalizzare l’offerta della sanità integrata, la complica e la contraddice reiteratamente.
Un itinerario fatto di inadempimenti gravi, grandi ritardi e contraddizioni
Al riguardo, basti pensare che:
- nel 2017 i Liveas sono stati assorbiti dai Lea del 2001 revisionati (Dpcm 12 gennaio 2017);
- con la legge di bilancio per il 2022 (commi 159-174) sono stati introdotti i Leps;
- con la legge 33/2023 è stata conferita al Governo la delega per disciplinare i Leps per anziani non autosufficienti, come se le attività relative non fossero tra i già Liveas (sic!);
- con la legge di bilancio per il 2023 è stata introdotta la procedura per individuare i Lep, previsti dall’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione e per definire la loro sostenibilità finanziaria attraverso l’attuazione del federalismo fiscale (costi e fabbisogni standard perequati al bisogno), delegata rispettivamente al Clep, presieduto dal prof. Cassese, e alla Conferenza per i fabbisogni standard;
- con successivi Dpcm dovranno essere definiti i Lep per materia (quindi anche quelli sociosanitari nella loro interezza) e il loro finanziamento garante della relativa uniforme esigibilità da parte della nazione intera;
- con l’attuale stato dei lavori del Clep e con le due relazioni consegnate al ministro Calderoli (agosto e ottobre) si è evidenziato un iniziale errore di ipotesi, consistente nell’assegnazione del lavoro al medesimo Comitato della individuazione dei Lep riferibili alle sole materie differenziabili, ex art. 116, comma 3, della Costituzione, e non già a tutte le altre;
- si è dato, di conseguenza, mandato al Clep di proseguire per l’intero arco delle materie, ovvero anche per le restanti ventinove di competenza statale e per oltre trenta residuali regionali, almeno per quelle riconducibili a una erogazione mediante Lep.
Questo è quanto concretizzato sino a oggi dopo 22 anni di colpevole silenzio da parte di dodici Governi, al lordo di quello attuale e di altrettanti Parlamenti, senza tuttavia materializzare alcunché sul miglioramento erogativo del diritto alla salute. Il tutto aggravato da un "sottogoverno" che si inventa organismi, vanta riferimenti scientifici bravi solo nella ricognizione del disastro e advisor pagati per fare nulla. Sta di fatto che sono quattordici anni che si rincorrono dieci Regioni in piano di rientro, di cui cinque commissariate con il resto odierno solo di due (Calabria e Molise) in procinto di divenire tre a seguito dei disastri accertati nella sanità laziale.
Il sistema della aziende è soggetto all’anarchia della politica
Sul punto dell’organizzazione delle aziende sanitarie, territoriali e ospedaliere (anche universitarie), ci sarebbe anche tanto da dire, per una serie di motivi.
Primo fra tutti il disinteressamento, quanto a principi fondamentali e alle cure di dettaglio assicurati, rispettivamente, dalla disciplina legislativa dello Stato e delle Regioni/Province autonome.
Con questo, si è consentito di svilire i due maggiori cardini dell’organizzazione delle aziende e dell’assistenza di prossimità al cittadino. Quest’ultima umiliata dalla mancata revisione dei principi fondamentali regolativi del distretto, il caposaldo della tutela della salute più prossima al domicilio della persona.
Si sono così:
a) tollerati irresponsabilmente: enti intermedi, denominati con una creatività che non ha eguali nel più assurdo anonimato (la meglio è Azienda Zero), introdotti a mano libera dalle Regioni, portando la qualità dell’assistenza e i bilanci a livelli rovinosi;
b) consentite rivisitazioni fisico-strategiche delle strutture territoriali, che si presumono (soltanto sino a oggi) destinate all’erogazione più diretta dei cittadini, consegnate al Dm 77 con la sovrintendenza e la regia dell’Agenas che, con le sue performance, a mio avviso sta portando il Paese della salute a una progressiva rovina.
A ben vedere, sono tante le invenzioni dei decisori e dei proponenti, tantissime le occasioni occupazionali improprie, molte le idee neofuturiste ma senza un futuro apprezzabile, poche le sagge concretezze, numerose le rovine arrecate alla sanità del Mezzogiorno.
A fare altrettanto male ci ha pensato la disciplina dei piani di rientro e dei commissariamenti con un Mef a sovraordinare gli andamenti dei Ssr e dare fiducia ad advisor senza accorgersi che le cose andavano di male in peggio, sino ad arrivare a dare l’ok al de-commissariamento del Lazio che, a detta della Corte dei conti di controllo laziale (sentenza n. 148/2023), considerarlo alla rovina ci manca poco.
Atto aziendale: da strumento fondamentale ad "atto impuro"
Rimane da analizzare l’altro dei maggiori cardini organizzativi dell’erogazione concreta, andato a male e deteriorato: l’atto aziendale. Uno strumento fondamentale per lo sviluppo reale della programmazione che è passato sottogamba tanto da finire in corsia per reiterato maltrattamento.
È infatti divenuto da atto fondamentale "individuato dal legislatore per disciplinare l’organizzazione e l’erogazione reale della struttura aziendale e il funzionamento del servizio salutare (da intendersi sociosanitario in senso lato)" – così lo definivo nel mio primo manuale del 2004 – a strumento di clientela e di disordine.
Ciò è accaduto per una serie di circostanze:
- l’aziendalismo a direzione manageriale scelta in via esclusiva e libero piacimento dalla politica, che tuttavia alla bisogna cerca per sé il chirurgo più bravo e non quello più servile;
- l’assenza assoluta della rilevazione del fabbisogno epidemiologico e dei rischi epidemici (basti pensare alla angosciosa sorpresa che ha offerto il Ssn inerme contro il Covid);
- la conseguente programmazione sulla carta che è molto peggio di quando fosse alternativamente assente, perché fondata su bugie e sulla soddisfazione degli interessi di lobby che la suggeriscono;
- le esigenze di dare soltanto l’impressione che con il nuovo atto aziendale gli errori del passato siano risolti, a prescindere dai danni gravi che di frequente si impongono alla collettività così come alle carriere e alle direzioni di Uoc, spesso dei più bravi, imponendo la supremazia dei chiacchieroni e dei grandi elettori.
Si è arrivati in alcune Regioni a prevedere redazioni frenetiche di atti aziendali (sino a rendicontare più atti in un anno), anche in assenza assoluta di una programmazione regionale. Ciò al solo scopo di farli sembrare piuttosto che essere gli strumenti del cambiamento. Un modo, questo, che ha generato il corto circuito dell’assistenza, portandolo in uno stato di gravità assoluta, in specie dell’offerta ospedaliera di emergenza-urgenza, di sovente causa di decessi dovuti a irresponsabili sottrazioni di servizi essenziali di eccellenza dismessi per ragioni politico-clientelari votate a premiare anche gli immeritevoli.
I passi per andare a meta
Occorre rinsavire. Prevedendo regole uniformi fondamentali per l’organizzazione distrettuale; mandando nel girone dei dannati gli enti intermedi; scegliendo i migliori manager (ma davvero e non già con la procedura selettiva in atto degli idonei che va oltre la farsa), così come si fa con il chirurgo cui si consegna la propria vita, e soprattutto riconoscere all’atto aziendale la sua mission ineludibile. Quella di rendere l’offerta teorica in prestazione pratica salvavita e di miglioramento esistenziale dei cittadini. Fare diversamente è fuffa.
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