Aziende e regioni

Autonomia differenziata, se il Ddl Calderoli cede il passo a una situazione di fatto

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Uno dei punti fondamentali del programma dell’attuale Governo era, come è noto, quello della autonomia differenziata. È agli atti del Parlamento il disegno di legge Calderoli, presentato ufficialmente il 23 marzo scorso come A.S. 615. Su questo sito il 6 febbraio 2023 avevo già fatto delle considerazioni sul progetto, con particolare e ovvio riferimento alla sanità. Da alcuni mesi, tuttavia, il percorso sembra rallentato, se non addirittura congelato, credibilmente anche a causa di congiunture e problemi sopravvenuti, di sicuro più importanti ed urgenti. Infatti, il testo è stato assegnato alla 1ª Commissione permanente (Affari Costituzionali) in sede referente il 26 aprile 2023 e attende il parere di altre dieci Commissioni: ma, alla data del 23 novembre 2023, sul sito del Senato si legge come ultimo aggiornamento "in stato di relazione".
Nel corso del 2023 sono peraltro intervenuti eventi e situazioni che inducono a pensare che lo scenario della autonomia differenziata e le sue strategie attuative si stiano probabilmente adattando ai tempi. I contenuti e il concetto stesso di autonomia differenziata non si riferiscono agli assetti istituzionali e alla organizzazione dei servizi sanitari regionali perché da sempre ciascuna Regione ha legiferato in proposito, a volte differenziandosi nettamente dalle consorelle. Basterà ricordare la riforma lombarda del 2016 (Ats e Asst), preceduta da quella toscana che aveva ridotto a tre le Asl. Per non parlare della creazione degli enti sovraziendali che gestiscono molte funzioni tecnico-amministrative per conto e in nome delle aziende sanitarie del territorio regionale di riferimento: si tratta di Azienda Zero (Veneto), Arcs (Friuli VG), Alisa (Liguria), Estar (Toscana), limitandosi a citare soltanto quelli indicati espressamente nell’art. 6 del Ccnq del 3.8.2021. Non va dimenticata, infine, la istituzione del Direttore assistenziale in Emilia Romagna con legge regionale del novembre 2021, peraltro ancora non realizzata sul campo.
Le ricette regionali. Mi riferisco, invece, a materie tradizionalmente riservate alla legislazione esclusiva dello Stato, come quella dell'Ordinamento civile di cui alla lettera l) dell'art. 117, comma 2, della Costituzione, materia nella quale rientra la contrattazione collettiva come fonte sovrana ed esclusiva riguardo al trattamento economico del personale dipendente. In tal senso rilevano gli interventi adottati da alcune Regioni in materia, ad esempio, di prestazioni aggiuntive dei medici. Mentre il Governo pensa di portare l'importo orario delle prestazioni aggiuntive a 100 euro (vedi l’art. 43, comma 1, del Ddl Bilancio 2024), ci sono Regioni che l'aumento lo hanno già disposto da tempo, anche nella misura di 120 euro. La Regione Lazio, da parte sua, ha adottato la determinazione n. G0 5286 della Direzione Regionale Salute e integrazione sociosanitaria, con la quale si forniscono disposizioni in merito alle assunzioni nelle aziende sanitarie ma nel testo della direttiva si riscontrano numerose invasioni di campo nella materia riservata alla contrattazione collettiva con "correzioni" invasive e improprie di clausole contrattuali.
Il caso Valle d'Aosta. Ma forse la cartina di tornasole di quanto si sta dicendo è una legge della Regione Valle d'Aosta del lontano 2021 che "inventò" una indennità particolare per medici e infermieri - soltanto per loro, generando peraltro molte polemiche - rispettivamente di 800 e 350 euro mensili. La legge regionale n. 35 del 22.12.2021, con l’art. 18 introduceva, in via sperimentale per il triennio 2022/2024 (quindi addirittura in anticipo rispetto alla tornata in corso), una "indennità di attrattività regionale" per il personale della dirigenza medica e il personale infermieristico. Le vicende di questa legge sono assai complesse e nella seduta del 24 febbraio 2022, il Consiglio dei Ministri aveva deciso di impugnare la legge valdostana. Dopo una serrata trattativa tra organi del Governo e la Regione autonoma, si è giunti ad un compromesso e, con l’ulteriore legge n. 22/2022, la Valle d’Aosta ha modificato la precedente n. 35/2021 allo scopo di superare le censure di incostituzionalità che avevano motivato l’impugnazione. Sistemata così la vicenda, la Funzione pubblica ha ritenuto possibile la rinuncia al ricorso avverso l’art 18, rinuncia poi ratificata e approvata ufficialmente nel Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2022. Orbene, se le argomentazioni giuridiche siano state davvero convincenti ovvero se le politiche del nuovo Governo abbiano influenzato la decisione – cosa altro è questa "rinuncia" se non una epifania di autonomia differenziata ? - ciascuno può deciderlo secondo la propria cultura e sensibilità. Resta il fatto che sugli interventi legislativi valdostani pesa, a mio parere, un forte dubbio di incostituzionalità, non solo riguardo all’art. 45 del d.lgs. 165/2001 (competenza esclusiva della contrattazione collettiva), ma anche in relazione all’art. 36 della Costituzione, laddove si sancisce che la retribuzione deve essere "proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro" e, in tutta franchezza, la carenza di sanitari e il loro esodo all’estero non ha nulla a che fare con i parametri costituzionali, visto che il concetto di attrattività è estraneo sia alla quantità che alla qualità del lavoro svolto. Tra l’altro, solo pochi mesi fa la Consulta aveva dichiarato la illegittimità costituzionale della legge della Regione Molise n. 13/2022 che interveniva in materie riservate alla potestà legislativa dello Stato (sentenza n. 99 del 18.5.2023) ma il ricorso della Presidenza del Consiglio, in quel caso, era stato depositato il 3 ottobre 2022. Per "attrarre" il personale sanitario non è possibile ricorrere ad una indennità dedicata che può introdurre solo la contrattazione collettiva nazionale, ma occorre semmai agire sul trattamento accessorio ricorrendo alle Risorse aggiuntive regionali (Rar). Oppure intervenire come ha fatto la Regione Marche con la legge regionale n. 1 dell’1.2.2023 che intende promuovere l'insediamento di personale dipendente del servizio sanitario nei comuni marchigiani colpiti dal terremoto attraverso l'erogazione di un contributo annuo di residenza di ammontare fino ad euro 12.000 per 4 anni.
Nel corso del 2023 la Consulta ha adottato ben 21 sentenze in materia sanitaria e 8 di esse riguardano tematiche del personale; ma tutti i ricorsi erano stati decisi dal precedente Governo. Ogni legge regionale e provinciale viene esaminata dal Governo, che dispone di 60 giorni dalla data di pubblicazione della legge sul BUR per promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta, previa delibera del Consiglio dei Ministri. Il Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie – il cui Ministro è Calderoli - cura l'istruttoria delle leggi regionali e la sua attività si svolge in raccordo con i Ministeri di settore competenti per materia per garantire l'omogeneità di giudizio nei confronti delle Regioni.
Il nuovo corso del Governo. Sempre nel 2023 sono state a tutt’oggi esaminate 585 leggi regionali e circa il 25-30 % di esse riguarda materie sanitarie: ebbene risultano impugnate appena 5 leggi regionali (tre della Puglia e due della Sardegna). L’inversione di tendenza manifestata con la rinuncia al ricorso contro la Valle d’Aosta si è palesemente confermata in questi mesi. Anzi, a riprova di ciò, la scelta è stata ufficializzata e "motivata" da uno specifico atto politico del Governo. Si tratta della Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 ottobre 2023 (pubblicata sulla GU n. 250 del 25.10.2023), con la quale si impartiscono precisi indirizzi ai ministeri interessati per l’iter di impugnazione di leggi regionali, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione. Nelle premesse della Direttiva si leggono interessanti e illuminanti considerazioni quali:
"Considerati i numerosi moniti rivolti dalla Corte costituzionale ai soggetti istituzionali interessati in favore della prevenzione del contenzioso costituzionale, in base al principio di leale collaborazione tra Stato, regioni e province autonome, quale strumento per uno snellimento del predetto contenzioso";
"Considerati gli effetti positivi manifestati dalle forme di collaborazione già intraprese in passato con le regioni e le province autonome per circoscrivere, in particolare, i casi di ricorso in via principale del Governo avverso leggi regionali e provinciali".
Insomma, vuoi per la evidente inversione di rotta del Governo, vuoi per lo stallo al Senato del Ddl Calderoli, si può plausibilmente pensare che la autonomia differenziata sia già ormai in vigore, anche se di fatto e non di diritto. Qualcuno probabilmente non è affatto contento di tutto ciò, ma forse una strategia simile di indubbio minore profilo politico ha costituito una mediazione molto pragmatica tra le stesse forze che compongono l'odierno Esecutivo e una sana real politik ha preso il posto di una affermazione formale e ideologica tanto agognata quanto difficilissima da realizzare.


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