Aziende e regioni

Case di comunità: i progetti di sviluppo per innovare e potenziare l’assistenza territoriale

S
24 Esclusivo per Sanità24

Si è conclusa la terza edizione del corso di perfezionamento in “Organizzazione e gestione delle Case della comunità, nell’ambito del riordino della sanità territoriale”, diretto dal prof. Renato Balduzzi e promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, in partnership con Federsanità Anci, con la collaborazione dell’Associazione “Prima la Comunità” e della Società italiana di diritto sanitario (SoDiS).
Presso il campus milanese dell’Università, sono stati discussi i 12 project work elaborati dai 17 diplomati del corso. I progetti sono stati sviluppati a compimento di un percorso di formazione, in parte svolto in presenza e in parte a distanza, avviato nel novembre 2023. I lavori sono stati valutati da un panel di espert e la revisione finale dei progetti sarà pubblicato sulla rivista della SoDiS Corti Supreme e Salute.
Dopo l’introduzione di Renato Balduzzi, la prima sessione ha visto la presentazione dei progetti da parte di Roberta Ledda e Paola Santalucia (A.O. San Giovanni Addolorata, Roma - Il ruolo delle Centrali Operative Ospedaliera e Territoriale nella continuità assistenziale ospedale-territorio: modello di sviluppo di un percorso per il paziente polipatologico), di Vincenzo Tallarita (IRCCS IFO-Regina Elena-San Gallicano, Roma -Il servizio “Home Care” IFO: garantire la continuità assistenziale al paziente oncologico) e di Giulia Corradi (ASL di Viterbo -Percorso diagnostico terapeutico condiviso e personalizzato per pazienti con multicronicità. Revisione dei PDTA della ASL di Viterbo alla luce delle Centrali operative).
A commento di tali progetti è intervenuto Francesco Enrichens (Agenas), che ha sottolineato, tra l’altro, come i lavori proposti dimostrino che gli standard dettati dal d.m. 77/2022 con riferimento all’organizzazione territoriale stanno generando cambiamenti diretti anche nel settore ospedaliero, a riprova della necessità di concepire unitariamente la rete sanitaria locale.
Altri tre project-work sono stati presentati nella seconda sessione: Il DM 77 in aree a bassa densità abitativa e a geografia frammentata della provincia di Rieti, Latina e Frosinone: il ruolo dell’IFeC e delle equipe itineranti sulla base dell’esperienza della AUSL di Modena elaborato da Silvia D’Aguanno (ASL di Latina), Sabrina Martini (ASL di Frosinone) e Roberta Ross i(ASL di Rieti); la telemedicina nella gestione della Terapia Anticoagulante Orale presso l’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino elaborato da Giovanni La Valle, Lorenzo Angelone e Beatrice Borghese(A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino); la telemedicina nella gestione del paziente affetto da scompenso cardiaco cronico: ipotesi di modello di gestione integrata ospedale-territorio elaborato da Gabriella Maria Terrazzino (ASL di Palermo).
Per il direttore dell’Accademia di formazione per il servizio sociosanitario lombardo di Polis Lombardia, Alessandro Colombo, da tutti i project work emerge la necessità che le direzioni aziendali, in questa fase di attuazione del riordino e di trasformazione dei servizi, colgano appieno l’autonomia che l’ordinamento loro riconosce e si assumano la responsabilità di applicare gli standard nei propri contesti territoriali, ove possibile senza attendere ulteriori direttive dai livelli superiori di governo.
La terza sessione è stata dedicata alla discussione dei project work presentati da Irene Bevilacqua (ASL di Alessandria -Attivazione dell’ambulatorio di Infermieristica di Comunità presso la Casa della Comunità di Tortona), Tiziana Chiriaco (ASL Roma 3 -I PUA di comunità nell’ASL Roma 3: percorso di coprogettazione con gli enti del terzo settore per facilitare l’accesso ai servizi territoriali della popolazione multicronica e in condizioni di fragilità) e Stefano Villani (ASL Roma 6 -La COT come strumento di integrazione professionale per garantire la presa in carico e la continuità assistenziale).
Franco Prandi (Associazione “Prima la Comunità”), che ha valutato i tre elaborati, ha voluto evidenziare come, specialmente dal lavoro sui “PUA di Comunità”, emerga l’opportunità di coinvolgere il terzo settore non soltanto quale destinatario di informazioni e proposte e quale supporto dei servizi sanitari, ma specialmente quale fonte di proposte e informazioni per l’innovazione di tali servizi.
Nella quarta sessione, nella quale sono stati presentati gli ultimi tre project work: misure programmatiche di potenziamento dell’assistenza sanitaria e dei servizi di presa in carico territoriale elaborato da Gennaro Cerone (ASL Roma 5); Rete Rivoli&Pianezza: connettere i nodi della rete locale di assistenza territoriale elaborato da Giulio Lupo(in collaborazione con Paola Molino e Sergio Bernabè, ASL TO 3, Casa della salute di Pianezza); il “Modello Fiano Romano” nella strutturazione di servizi offerti dalle Case di Comunità della ASL Roma 4elaborato da Leonardo Spaziani(ASL Roma 4).
Ha commentato i tre elaborati Emanuele Vendramini, ordinario di economia aziendale nell’Università Cattolica. Tra i suoi rilievi la necessità di una collaborazione dei medici di medicina generale che non sia soltanto acquiescenza alla riforma, ma assunzione di iniziative progettuali come quelle emergenti nei lavori valutati.
Prima della consegna dei diplomi, le considerazioni conclusive sono state svolte da Renato Balduzzi. Nella koinè sanitaria, ha affermato il direttore del corso, c’è una forte concentrazione di un lessico comune, ma c’è anche un rischio: che al lessico formalizzato sottostiano realtà del tutto diverse. Allora acquista ancora più senso l’iniziativa di questo e di altri corsi di perfezionamento, che provano a conciliare lessico e realtà, puntando su di una formazione che è anche ricerca e che, calandosi nelle esperienze locali, stimola a generare innovazione nelle organizzazioni aziendali.
A proposito di parole e di fatti, una sottolineatura finale è stata dedicata alla prevenzione primaria: occorre fare emergere la prevenzione dalla marginalità effettiva nella quale è relegata. Nel dibattito, nella ricerca, nella programmazione –ha affermato Balduzzi –la prevenzione è centrale; nella realtà operativa è marginale e le Case della Comunità rappresentano un’opportunità anche sotto questo profilo.


© RIPRODUZIONE RISERVATA