Dal governo

Riforma della Costituzione, la chance del cambiamento

di Elisa Pintus (Università della Valle d'Aosta)

Mettere a tema la riforma del Titolo V della Costituzione e gli effetti di questa sul sistema sanitario richiede, doverosamente, alcune premesse. Da un lato, è necessario segnalare che l'ambiente in cui si “cala” la riforma è animato da tassi di conflittualità politica elevati laddove, al contrario, l'ambito disciplinato e la pervasività delle azioni per i decisori politici che possono derivare dalla riforma richiederebbero un consenso allargato. Dall'altro, le modalità con cui il legislatore è pervenuto a ridisegnare il dettato normativo sembrano essere correlate alla volontà di “riparare” da forme patologiche sull'interpretazione della riforma del 2001 (esempio contenziosi costituzionali sulla competenza concorrente) piuttosto che da una visione di scenario sull'idea di nuovo modello di amministrazioni pubbliche e del loro funzionamento frutto di un ponderato ciclo articolato in fasi puntuali. Inoltre, il disegno di riforma si sta vivendo, in termini di impronta, in termini di dibattito culturale e sociale, in termini di valorizzazione delle ricadute sui comportamenti reali, come riforma “del Senato” piuttosto che come modificazione della relazione fra poteri, livelli di governo, ambiti di competenza, aree di erogazione dei servizi pubblici finali di salute.
Tutto questo non può far bene al mondo sanitario italiano oggetto da decenni di attacchi che indeboliscono la reputazione del settore, la sua immagine, la sua capacità di valorizzare l'innovazione che è, invece, substrato genetico dei processi produttivi per la salute.
I punti sfidanti su cui si può giocare la partita del cambiamento e che comportano opportunità e minacce sono: gli elementi finalistici dell'azione pubblica, il disegno degli assetti istituzionali, la definizione dell'azione di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali.
Per quanto concerne gli elementi finalistici dell'azione pubblica, il diritto alla salute, si può segnalare che l'avocare in capo al livello di governo centrale le scelte circa la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e i diritti civili e sociali e le disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per la sicurezza alimentare e per la tutela e sicurezza del lavoro, può essere uno snodo strategico importante. I paesi che riescono a concertare meccanismi per ridisegnare (anche attraverso mediazione di interessi contrastanti o contrapposti) le politiche pubbliche possono contare su un elemento fondamentale per supportare la successiva capacità attuativa: si chiariscono le regole del contesto e si determina il confine dell'azione dei vari attori pubblici. Si tratta di caratteristiche necessarie in ciò che nel management pubblico è definito il posizionamento di fondo volto a determinare lo spazio per l'implementazione del cambiamento. Il rischio opposto è quello di assecondare forme di indefinitezza della visione strategica e, quindi, di accentuare la disparità locale (livelli delle politiche sanitarie regionali e locali) con le controazioni (per esempio mobilità regionale) e i relativi costi (alcuni come quelli legati ai servizi intangibili) mai governabili sino in fondo.
Il disegno degli assetti istituzionali può essere una leva strategica per semplificare la governance del sistema sanitario. Diminuire i livelli di governo (esempio il ruolo delle Conferenze) consente di razionalizzare i tempi per le decisioni di politica pubblica, crea condizioni per precisare quali siano gli interlocutori privilegiati rispetto alla contestualizzazione delle scelte finalistiche di politica sanitaria, preserva la coerenza dell'azione e la matrice identitaria iniziale delle scelte. Si può affermare che rideterminare gli assetti istituzionali è un processo di governance che porta a “liberare” da sovrastrutture, alleggerimento degli apparati, l'azione pubblica. E' una minaccia pensare che i processi di cambiamento sottesi alle riforme richiedano articolazioni istituzionali aggiuntive. Si tratta di meccanismi di progettazione istituzionale che conservano camere di compensazione per la relazione fra policy maker e management di vertice. Oggi sono altri i modelli istituzionali che mettono a sistema la relazione fra policy maker e management sanitario: non l'articolazione fra molteplici livelli gerarchici verticali ma l'innesto di portatori d'interesse esterni alle istituzioni che determinano modelli di governance orizzontali multilivello. Il rimando al Senato come “raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica” è l'opportunità di cambiamento su cui si potrà concentrare la valutazione sulla sostenibilità responsabile delle politiche sanitarie perché può essere l'ambito di mediazione privilegiato delle istanze dei portatori d'interesse.
La definizione dell'azione di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali demandata alle regioni è un tassello fondamentale in un disegno istituzionale che ridefinisce finalità e assetti. L'autonomia alle regioni riconosce i modelli manageriali che fanno della teoria della contingenza l'elemento di contestualizzazione necessario e imprescindibile. Le regioni, e il sistema delle aziende sanitarie, non si troverebbero di fronte ad un salto nel buio ma possiedono, da almeno 25 anni, un retroterra culturale e di strumenti operativi per interpretare la riforma. Sono gli attori pubblici cui è demandato l'ambito istituzionale, con il tasso più alto di managerialità, che offre evidenza dei risultato del legislatore riformatore e che, in senso critico, giocano un ruolo fondamentale come attuatori del processo di riforma. Lo sguardo di management sulla riforma del Titolo V può consentire di superare l'identificazione in un modello (accentramento più o meno spinto) se si guarda a quale deve essere il risultato della riforma: migliorare i servizi pubblici finali di salute. Le regioni, e il sistema delle aziende sanitarie, hanno l'occasione per virare decisamente su meccanismi di cambiamento sostenibili che coinvolgano i portatori d'interesse e che rendano attivi meccanismi di democrazia partecipativa nelle politiche sanitarie.


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