Dal governo

Boeri (Inps): «Per la non autosufficienza serve un piano di Legislatura»

di Barbara Gobbi

«Sul fronte del Welfare, dal nostro osservatorio, constatiamo che c’è ancora moltissimo da fare. Il sistema di protezione sociale presenta infatti lacune molto vistose, a cominciare dalla non autosufficienza, che nel 2060 stimiamo inciderà sul Pil per il 3,2-3,3%». Così il presidente dell’Inps, Tito Boeri, intervenuto al convegno “A ciascuno il suo welfare. Bisogni mutevoli, scelte individuali, risposte integrate”, organizzato a Roma da Unipol-Unisalute. «Pensiamo quindi che il sistema pubblico, il cui ruolo deve restare comunque fondamentale, deve ripensare i suoi strumenti: essere più selettivi, evitare abusi, concepire un programma di Legislatura. Poi è chiaro che il sistema deve includere le assicurazioni private, ma anche le imprese, considerando che sono alle prese con una forza lavoro che invecchia. È già evidente, ad esempio che le imprese che presentano lavoratori più anziani, stanno investendo maggiormente in welfare aziendale».

La non autosufficienza è un tema fondamentale, ma di cui si è parlato poco in Italia...
Non è un caso che abbiamo voluto dare particolare attenzione a questo tema fin dal Rapporto 2015 dell’Inps, dove si mette in luce come l’Italia tenda a gravare eccessivamente sulla famiglia, per quanto attiene all’assistenza alle persone non più autosufficienti, e si sia molto poco selettivi. Strumenti come le indennità di accompagnamento danno una somma fissa indipendentemente dalla gravità del bisogno di assistenza che le persone hanno e anche non guardando alle condizioni economiche delle famiglie. Poi ci sono tanti altri strumenti, che vengono utilizzati con controlli non sempre adeguati: ci sono differenze nell’utilizzo della 104 tra pubblico e privato e tra Regioni, che fanno pensare che non possono essere spiegati con differenze nella composizione della popolazione né con dati epidemiologici, ma che probabilmente hanno a che vedere con rischi di abuso.

Serve un programma di Legislatura?
Serve senz’altro, perché bisogna razionalizzare gli strumenti esistenti, il che all’inizio qualche scontento lo farà, ma grazie alle risorse che si recuperano in questo modo si può essere molto più adeguati nel fornire assistenza alle persone che hanno bisogno e si può puntare ad ampliare anche la copertura, aspetto fondamentale, perché abbiamo alcune componenti della popolazione in cui essa è molto bassa. Pensiamo ai bambini, perché quando si parla di non autosufficienza pensiamo sempre alle persone anziane...

Cioè?
Solo un quarto dei bambini non autosufficienti oggi viene coperto dall’insieme di prestazioni che noi forniamo e proprio per cambiare questo stato di cose abbiamo firmato una convenzione con gli ospedali pediatrici per eccellenza in Italia, per cercare di ridurre tutta la burocrazia legata alla presentazione della domanda per esempio, per l’indennità di accompagnamento, da parte delle famiglie. E speriamo in questo modo di ampliare la consapevolezza delle famiglie e la loro scelta di chiedere l’aiuto quando questo aiuto è loro offerto. Perché i bambini se aiutati per tempo possono davvero affrontare il problema della loro non autosufficienza come un problema che può essere temporaneo. Se non si dà loro un aiuto anche economico è molto più difficile portarli fuori da questa situazione.


© RIPRODUZIONE RISERVATA