Dal governo

Ssn: festa di compleanno con i fichi secchi?

di Nino Cartabellotta*

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24 Esclusivo per Sanità24

Passa il tempo, si succedono Governi di colore diverso, ma per la sanità pubblica da ormai 10 anni la musica è sempre la stessa: all’inizio erano i tagli per il risanamento della finanza pubblica, poi è arrivato il definanziamento programmato, oggi sono le altre priorità politiche a lasciare nell’angolo la sanità, a dispetto di una manovra che propone un indebitamento pubblico senza precedenti. Vero è che il Governo giallo-verde ha ereditato un Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che dal 2010 al 2019 ha lasciato per strada circa 37 miliardi di euro, con un aumento del fabbisogno sanitario nazionale (FSN) dell’1% per anno inferiore all’inflazione media annua (+ 1,18%), che ha generato l’illusione collettiva di un “filo d’ossigeno” che, in realtà, non mantiene nemmeno il potere d’acquisto. D’altro canto, le aspettative di tutti gli stakeholders erano notevolmente aumentate perché da un Governo che si definisce “del Cambiamento” ci si aspettava che la sanità pubblica fosse rimessa al centro dell’agenda politica, sia per la rassicurante dichiarazione di intenti del “Contratto” che esclude in maniera assoluta ogni forma di privatizzazione del SSN e conferma la volontà di tutelarne equità ed universalismo, sia delle (incaute) dichiarazioni del Premier Conte che in occasione del discorso per la fiducia aveva annunciato un inversione di tendenza del rapporto spesa sanitaria/PIL.

Purtroppo, le priorità politiche sono state esclusivamente indirizzate a rispettare gli impegni con gli elettori e il rilancio del SSN, come da consolidata tradizione politica, non era tra queste. Di conseguenza, il Governo ha già bruciato due cartine al tornasole che potevano confermare quanto messo nero su bianco nel Contratto di Governo. Innanzitutto, la “montagna” NaDEF 2018 ha partorito il “topolino”: l’inversione di tendenza del rapporto spesa sanitaria/PIL si è trasformato in un impercettibile lifting (+0,1% nel 2020 e nel 2021) e, a fronte di azzardate previsioni di crescita del PIL (3,1% nel 2019, 3,5% nel 2020 e 3,1% nel 2021), l’aumento della spesa sanitaria viene contenuto allo 0,8% nel 2019, 1,9% nel 2020 e 2% nel 2021, certificando che la crescita della spesa sanitaria nel prossimo triennio rimarrà ben al di sotto di quella stimata per il PIL nominale. In secondo luogo, la Manovra è sbarcata in Parlamento portando in dote per il 2019 solo il miliardo già assegnato dalla precedente legislatura e prevedendo un incremento del FSN (+€ 2 miliardi nel 2020, +€ 1,5 miliardi nel 2021) inevitabilmente subordinato ad ardite previsioni di crescita, oltre che alla sottoscrizione di un nuovo Patto per la Salute con le Regioni, che “è cosa buona e giusta” anche se segnato da una irrealistica scadenza fissata al 31 gennaio 2019. Per il resto, a fronte un modesto impegno sui sistemi informativi per la gestione delle liste di attesa e sull’incremento di borse di studio per specializzandi e futuri medici di famiglia, rimangono fuori dalla Manovra inderogabili priorità per la tenuta del SSN: dai rinnovi contrattuali allo sblocco del turnover del personale sanitario, dal via libera ai nomenclatori tariffari dei nuovi LEA all’eliminazione del superticket. Previsto anche un incremento di € 2 miliardi per il programma di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico, ma saranno disponibili solo dal 2021.

Anche se è possibile che tra gli innumerevoli emendamenti il SSN possa recuperare qualche briciola, è evidente che nemmeno il Governo del Cambiamento ha messo in campo misure adeguate per concretizzare il rilancio della sanità pubblica. A 40 anni dalla Legge 833/78 tutti continuano a celebrare (ben diverso da festeggiare) il SSN come conquista sociale irrinunciabile e patrimonio comune da preservare alle future generazioni, ma nei fatti tutti i Governi si sono illusi (e ci hanno illuso) che possa essere sempre il futuro a prendersi cura del SSN. Infatti, negli ultimi 10 anni nessun Esecutivo è riuscito a mettere la sanità pubblica al centro dell’agenda politica, né a proporre un “piano di salvataggio” coerente con le principali determinanti della crisi di sostenibilità.

Se in questi anni la politica avesse voluto festeggiare degnamente i 40 anni del SSN bisognava arrivare al 2018 con un finanziamento pubblico di € 150 miliardi, pari a € 2.500 pro-capite: questo avrebbe permesso di rilanciarlo sotto il segno di equità e universalismo, princìpi sui cui è stato disegnato nel 1978 per erogare in maniera omogena sul territorio nazionale i LEA (inclusi quelli socio-sanitari), di fornire a tutti i cittadini l’accesso alle innovazioni, di riallineare a standard europei numero e retribuzione dei professionisti sanitari e di portare la spesa out-of-pocket al 15% come suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Se questo, purtroppo, è solo un irrealistico sogno svanito in anni di tagli e definanziamento, il Governo del Cambiamento potrebbe offrire un piccolo grande dono al Ssn per i suoi 40 anni: destinare interamente al personale sanitario, per rinnovi contrattuali e sblocco del turnover, il miliardo già previsto dalla precedente legislatura e mettere sul piatto nel 2019 un ulteriore miliardo per sdoganare i nuovi LEA ed avviare l’eliminazione del superticket.
Altrimenti, festeggeremo il 40° compleanno del SSN solo con i fichi secchi.

*Presidente Fondazione Gimbe


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