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Piano nazionale esiti/ Indicatori in miglioramento ma fratture femore, tumore al seno e by-pass restano critici. La prossima sfida? Misurare gli indicatori sul territorio per riformarlo anche alla luce del Covid

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Progressivomiglioramento della qualità dell’assistenza ospedaliera»: questo certifica l'ultimo Piano nazionale Esiti , messo a punto da Agenas su mandato del ministero della Salute e presentato con la partecipazione del ministro Speranza. La quota di strutture che raggiungono livelli alti o molto alti per almeno la metà dell’attività valutata - affermano dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali - è passata dal 21% nel 2015 al 28% nel 2019 , mentre il l 79% delle strutture ha raggiunto «livelli elevati di qualità in almeno una delle aree cliniche valutate». Inoltre, per alcune di queste aree cliniche, come la cardiologia, l’apparato muscolo-scheletrico, il sistema nervoso e la chirurgia non oncologica dell’apparato digerente, la proporzione di strutture con livelli di qualità bassi o molto bassi nel 2019 è inferiore al 10 per cento. Un work in progress che dai 42 indicatori analizzati nella prima edizione è arrivato ai 177 indicatori dell'ultimo anno considerato e cioè il 2019 (72 sugli esiti e i processi assistenziali, 75 sui volumi di attività e 30 sui tassi di ospedalizzazione) in relazione agli ambiti clinici: cardio e cerebrovascolare, digerente, muscolo-scheletrico, pediatrico, ostetrico e perinatale, respiratorio, oncologico, urogenitale e malattie infettive.
«I dati del Pne confermano un graduale miglioramento della qualità delle cure a livello nazionale su tutte le aree cliniche analizzate dal Pne - dichiara il Direttore generale Domenico Mantoan - sebbene ci sia ancora da lavorare per superare alcune criticità quali la frammentarietà dell’assistenza ospedaliera, nonché per limitare le disomogeneità di prestazioni presenti sia a livello interregionale sia intraregionale. L’impegno di Agenas, che anche con il Pne prosegue la sua attività di ricerca e di supporto nei confronti del ministro della salute, delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, rimane costante nella definizione di una maggior efficacia degli interventi sanitari, nonché di qualità, sicurezza e umanizzazione delle cure».
«Lavorare per rendere il Ssn sempre più efficace ed efficiente: dobbiamo proseguire con coraggio su questa strada - ha affermato il ministro della Salute Roberto Speranza intervenuto alla presentazione dei dati - . E servono investimenti, la stagione dei tagli va considerata chiusa per sempre: avevamo già cominciato nel 2019 potenziando le risorse e poi con la pandemia inevitabilmente queste risorse sono cresciute. In questi mesi dovremo tenere insieme due azioni ugualmente importanti: da una parte proseguire con la lotta al Covid, che vedrà mesi ancora non facili per cui serve l'impegno di tutti, dall'altro programmare il Ssn del futuro che di ulteriori fondi non potrà fare a meno. Nel Ssn c'è la risorsa più preziosa che abbiamo e dentro questa sfida ci sono il Recovery Fund, le risorse del Fsn e l'impegno delle Regioni con cui dobbiamo lavorare sempre più a stretto contatto» .
I dati e le prospettive. Parla di un «miglioramento netto trasversale su tutte le Regioni» il presidente dell'Agenzia Enrico Coscioni , che però evidenzia «variabilità pur se non così spiccate» e indica la via prioritaria che emerge anche dalle criticità evidenziate dal Pne: «Ora l'ambizione è creare un nuovo modello di monitoraggio dell'assistenza territoriale e poiché se non si misura non possiamo cambiare, ci servono degli indicatori di qualità per capire anche cosa dobbiamo fare nel futuro. Abbiamo dei fondi offerti dal Next Generation Ue e abbiamo l'obbligo, come ha ricordato il ministro della Salute, di non sprecarli valorizzando al massimo tutte le parti del nostro Ssn». «Il vantaggio di poter lavorare con le Regioni che hanno già sistemi informativi integrati ci consente di valutare i singoli professionisti, fino al medico di medicina generale. da un punto di vista scientifico questo è possibile», ha detto Marina Davoli, responsabile tecnico del Pne.
I punti critici. «Frammentazione della casistica, tempestività dell'accesso alle cure, inappropriatezza, ospedalizzazione evitabile che è il primo elemento rivelatore dell carenze a livello di territorio e delle cure primarie»: questi i quattro filoni dove sono ravvisabili delle criticità, elencati dal coordinatore del lavoro Giovanni Baglio. La frammentazione della casistica ospedaliera per patologie su cui esistono evidenze di una relazione volume-esito, a fronte dei numerosi tentativi di razionalizzare l’offerta ospedaliera attraverso l’implementazione delle reti assistenziali, è emblematica per il tumore al seno: ancora nel 2019 circa 1/3 degli interventi chirurgici per carcinoma mammario è stato effettuato in unità operative con volumi di attività al di sotto dei 150 interventi annui (soglia indicata dal Decreto del Ministero della Salute 2 aprile 2015 n.70). Si può migliorare anche sul bypass aorto-coronarico isolato, la cui contrazione della casistica osservata a livello nazionale dal 2012 al 2019 (stimabile intorno al 12%) non si è accompagnata a una tendenza alla concentrazione dei volumi in un numero minore di strutture, per cui nell’ultimo anno di valutazione solo 20 delle 108 totali superavano la soglia ministeriale dei 200 interventi/anno (per un valore corrispondente di ricoveri pari al 37%).
Un altro tema rilevante riguarda le difficoltà da parte del sistema di garantire un accesso tempestivo alle cure, nell’ambito delle reti tempo-dipendenti o in riferimento alla degenza pre-operatoria. Ad esempio, nel caso della frattura del collo del femore, è cresciuta in questi anni la percentuale di pazienti ultrasessantacinquenni a cui viene garantito un intervento chirurgico entro le 48 ore (come raccomandato dalle linee guida internazionali), tuttavia nel 2019 più di 1/3 dei pazienti non ha beneficiato di un intervento tempestivo.
Ulteriori aspetti da considerare - spiegano ancora da Agenas - riguardano la perdurante presenza di sacche di inappropriatezza, rispetto a procedure erogate in assenza di specifiche indicazioni cliniche o in contesti organizzativi inadeguati (ad esempio nel 2019 la proporzione di tagli cesarei superava in alcune strutture il 60%); e infine il tema della cosiddetta "ospedalizzazione evitabile" che segnala ancora oggi un eccesso di ricoveri attribuibili (come nel caso delle complicanze del diabete) a carenze e ritardi a livello della medicina territoriale e delle cure primarie.


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